16 Novembre 2025
Archeostoria

L’eredità degli antenati, centosettantaseiesima parte – Fabio Calabrese

In tutta sincerità, ogni volta  che si tratta di riprendere in mano questa serie di articoli, mi sento combattuto. Premesso che una completa esaustività sugli argomenti ancestrali di cui si parla sul web o altrove, si è rivelata un obiettivo impossibile, e il tentativo di raggiungerla mi ha costretto a togliere troppo spazio ad altre tematiche, la soluzione di ricorrere principalmente, ma non solo, a “MANvantara” come “blocco di appunti” si è rivelata finora funzionale per continuare a tenere questa serie di articoli senza espanderla esageratamente, ma, mi sono chiesto, ne vale la pena, se si tratta di ri-raccontare cose che potete facilmente trovare su facebook o altrove?

A pensarci bene, la risposta deve essere positiva, perché spesso le notizie compaiono in forma ellittica, assolutamente bisognose di approfondimento e commento, soprattutto per metterle in relazione con la nostra visione del mondo, quindi questo lavoro ha una sua ragion d’essere e prosegue.

Un post del 9 luglio è proprio un esempio di qualcosa che merita di essere approfondito. Abbiamo le foto, tratte da “Ethnographic Materials” di due ragazze algerine – cabile o berbere – NON arabe, precisa il contributore che ha inserito il post, che ci colpiscono per i loro lineamenti europidi, la pelle chiara, gli occhi azzurri. Altrettanto europidi si rivelano le fattezze di una ragazza iraniana tratta dalla stessa fonte, anche se qui, venendo dall’antica terra degli Arya, la cosa stupisce di meno.

C’è un discorso da fare a questo riguardo. Abbiamo le prove di un antico popolamento europide poi gradualmente sommerso da genti più “brune” riguardo all’Africa settentrionale, in cui rientrano i Berberi ma anche gli Egizi (e che con ogni probabilità costituiva una barriera insormontabile alla colonizzazione dell’Europa da parte di un tipo nero subsahariano come favoleggia una certa narrazione falsata delle nostre origini che cercano a tutti i costi di venderci, pretendendo addirittura a dispetto di prove di ogni genere in senso contrario, che gli Europei sarebbero stati neri fino a tremila anni fa). La stessa cosa, ricordiamolo, è avvenuta in Asia, dove abbiamo popolazioni-relitto di un antico popolamento europide come i Kalash e gli Hunza dell’Afghanistan e del Pakistan, a cui Felice Vinci ci informa che possiamo aggiungere i Wendat della Cina, un popolamento analogamente sommerso da genti più scure.

Sebbene la civiltà umana passi sempre per genti di ceppo europide, quest’ultimo è più fragile nei confronti di altri a causa della minore esuberanza demografica. Questo lo potremmo prendere semplicemente come un dato storico, se non fosse per il fatto che oggi esso è minacciato nella stessa Europa dalla sostituzione etnica favorita dalle dissennate politiche democratiche.

Un altro post ci racconta una storia interessante. Sembra  che il mitico Robin Hood non fosse del tutto un personaggio leggendario o letterario, ma quanto meno la narrazione delle sue gesta sarebbe basata sulla storia di un personaggio appartenuto alla piccola nobiltà normanna, e appunto ribelle contro il potere di re Giovanni, vissuto tra il 1160 e il 1258.

Abbiamo poi un post che ci parla del ritrovamento di resti di cane in Sardegna, dove non esistevano lupi, ed è stato introdotto dall’uomo nel paleolitico superiore attorno al decimo millennio avanti Cristo. Per gli antichi Sardi il cane non doveva essere soltanto uno strumento utile per la caccia e la protezione della casa, ma dovevano avere con esso un rapporto intimo, che forse assumeva un significato sacrale, o perlomeno è questo che fanno pensare i numerosi casi in cui resti di cane sono stati ritrovati nelle sepolture dell’epoca, dove gli animali erano posti a fare compagnia e guardia eterna ai loro padroni.

Un post del 12 luglio ci propone un mistero intrigante, abbiamo la riproduzione di un planisfero realizzato da Francesco Rosselli nel 1508. Non solo vi compaiono le Americhe, scoperte come sappiamo nel 1492, ma anche l’Antartide,  che sarebbe stata ufficialmente scoperta solo nel 1820. Che qualcosa nella nostra storia sia andato in maniera molto diversa da come ce l’hanno raccontato?

E’ ancora più intrigante il mistero di cui ci parla un post del 13 luglio. Antiche mappe cinesi, oltre a mostrare le Americhe, presentano anche due continenti di cui oggi non c’è traccia, chiamati rispettivamente Miyoi e Tamiara. E se Miyoi e Tamiara fossero stati Mu e Atlantide?

Abbiamo poi un post ripreso da “Fact Point”, che per la verità è citato in senso ironico e dissacratorio, che ripete la favola priva di qualsiasi base storica, antropologica, archeologica, secondo la quale gli Europei sarebbero stati neri fino a tremila anni fa, per poi sbiancare misteriosamente. Come se non bastasse, il post è corredato da quella famosa immagine che presenta la ricostruzione dell’uomo di Cheddar, inglese neolitico, come notevolmente scura, con una pelle da subsahariano in palese contrasto con i lineamenti del viso.

Noi sappiamo, ed è bene ricordarlo, che Tom Rowsell ha fatto un notevole lavoro d’indagine su questa ricostruzione, che poi ha presentato sul suo sito “Survive the Jive”, e quello che ha scoperto, è che questa ricostruzione è semplicemente un falso, dettato da trasparenti motivi ideologici.

Le analisi genetiche hanno permesso di individuare un uomo geneticamente molto simile all’uomo di Cheddar, che vive proprio nella stessa zona e forse ne è un lontano discendente, un professore in pensione, Adrian Targett, e che non ha proprio nulla di subsahariano, e come se non bastasse sempre la ricerca genetica ha dimostrato che la popolazione oggi vivente più simile all’uomo di Cheddar sono gli Estoni.

A questo riguardo, devo segnalare una cosa. Nella centosettantaduesima parte de L’eredità degli antenati che ho pubblicato su “Ereticamente” il 15 luglio, ho parlato di Denny, la ragazzina ibrida di Neanderthal e Denisova i cui resti sono stati ritrovati nell’Altai. Nell’illustrazione composita che correda l’articolo, la figura centrale è appunto una ricostruzione di Denny e, magari senza raggiungere un livello di melanismo subsahariano, vi appare di pelle alquanto scura.

Ora, devo dire che purtroppo, per quanto riguarda le immagini, sono costretto a usare quanto è possibile reperire sul web e per quanto mi riguarda, non sono nemmeno molto bravo a usare photoshop, tuttavia è il caso di sottolineare che questa ricostruzione del colore della pelle è puramente ipotetica, e il fatto di averla fatta virare verso lo scuro, è un altro discutibile esempio del tentativo di chi l’ha fatta di diffondere la persuasione che i nostri antenati preistorici fossero neri o poco via.

Occorre in proposito guardarci negli occhi ed essere molto chiari – in tutti i sensi – Noi siamo abituati a pensare che quella che chiamiamo “scienza” sia un sapere oggettivo, fondato su dati di fatto e supportato da prove. Bene, dobbiamo essere consapevoli che non è così. Molto spesso, anzi il più delle volte su tratta di “verità” manipolate dal potere che controlla sia il sistema mediatico sia quello “educativo” – la nostra ultra disastrata scuola – mediante il semplice fatto di tenere stretti in mano i cordoni della borsa. Si tratta, in poche parole, di null’altro che propaganda di regime che risponde a finalità ideologiche.

In questo caso, il fine è trasparente. La favola mille volte smentita dai fatti, della presunta origine africana della nostra specie, addirittura la leggenda che i nostri antenati fossero neri fino a tre millenni or sono, ha il preciso scopo di abbattere le resistenze psicologiche all’immigrazione-invasione che oggi ci arriva dal Terzo Mondo, anestetizzare le possibili reazioni alla morte dei popoli europei per sostituzione etnica, frutto definitivo dell’albero marcescente della democrazia.

Ricordo che il sottoscritto è l’autore di un libro, Ma davvero veniamo dall’Africa?, in cui non solo metto in luce le prove archeologiche e paleoantropologiche che rendono inverosimile l’ipotesi dell’origine africana della nostra specie, ma esamino tutto il sistema dell’informazione “scientifica”, dimostrando che il più delle volte essa non è che fuffa, ciarlataneria.

Passo a darvi – finalmente – una buona notizia. Attorno alla metà di luglio Felice Vinci ha deciso di iscriversi al gruppo FB “MANvantara”. Al momento è ancora difficile dire cosa potrà nascere dalla collaborazione, dalla sinergia fra l’autore di Omero nel Baltico e il nostro gruppo FB, ma di certo non mancherà di interesse.

Per intanto, segnalo che Vinci ha subito preso posizione riguardo alla questione della presunta origine africana, e lo ha fatto con una riflessione molto interessante, che vi trascrivo.

L’occhio mi è caduto subito su una frase ben nota: “Un recente studio del DNA rivela che gli antichi europei avevano la pelle scura fino a circa 3.000 anni fa. Evidenze genetiche suggeriscono che i toni più chiari della pelle si sono evoluti relativamente tardi nella storia europea, probabilmente a causa di cambiamenti nella dieta, nell’ambiente e nell’esposizione alla luce solare. Questo sfida i presupposti precedenti e offre una visione più approfondita della complessa evoluzione dell’aspetto umano nel tempo”. A mio modesto avviso, se bianchi e neri discendono, come è ragionevole supporre, da un antenato comune, i casi sono due: o i bianchi erano neri poi imbiancati dall’evoluzione, oppure i neri erano bianchi poi anneriti: “tertium non datur”. A questo punto basta osservare che i neri alla nascita hanno la pelle più chiara e che anche da adulti conservano sia le palme delle mani, sia le piante dei piedi, assolutamente bianche! A questo punto anche un bimbo scemo, bianco nero o giallo che sia, capisce che i neri sono bianchi anneriti, non viceversa”.

Sempre sulla scia di questa questione, peraltro vitale rispetto alla nostra visione del mondo, “MANvantara” ha riproposto un post vecchiotto, ma quanto mai opportuno, quello che riguarda il ritrovamento anni fa, in Bulgaria e in Grecia dei resti di un ominide risalenti a 7,2 milioni di anni fa. Si tratta del Graecopithecus freibergi, il nostro amico familiarmente noto come “El Greco”, una scoperta che ha suscitato reazioni indignate e allarmate sui siti democratici, come se un ritrovamento fattuale potesse essere buono o cattivo, invece che vero o falso, o come se accanto ai suoi resti fosse stata trovata una tessera fossile del PNF o del NSDAP.

In realtà non si tratta altro che di applicare la logica aristotelica che ci hanno insegnato a suo tempo a scuola, almeno se siamo vissuti nell’epoca in cui la scuola insegnava qualcosa.

Vediamo il seguente sillogismo:

Premessa maggiore: Homo discende dagli ominidi.

Premessa minore: gli ominidi sono vissuti in Africa

Conclusione: dunque Homo ha origini africane.

Come sappiamo, la validità della conclusione dipende dalla validità delle premesse. Oggi, grazie a “El Greco” (per la verità non solo lui, ma anche diversi altri ritrovamenti, ma ora prescindiamo), sappiamo che almeno la premessa minore è falsa, dunque è falsa anche la conclusione.

Troviamo poi un post che ci racconta che in alcune zone della Russia si celebra il capodanno il 14 settembre che corrisponde al 1 settembre del calendario giuliano. Questa è un’eco di un’antica tradizione precristiana, al punto che l’anno in corso corrisponderebbe a dopo il 7530. In un commento, un lettore si chiede se questo non dimostri che gli Indoeuropei siano originari della Russia piuttosto che dell’India come comunemente si crede. Questo è un punto interessante, perché, come vi ho più volte spiegato l’attribuzione agli indoeuropei di un’origine indiana, è un errore generato dal fatto che il sanscrito, la lingua dei Veda, i libri sacri indiani, è la più antica lingua indoeuropea messa per iscritto, il che è ben lontano dal dimostrare che sia stata la prima a essere parlata, e soprattutto dall’eterno strabismo che spinge a ricercare in oriente le origini di ciò che orientale non è. Come vi ho già raccontato, lo stesso termine indoeuropei è sbagliato, ed euro-indo-iranici, ponendo il nostro continente come la reale nostra Urheimat sarebbe più corretto.

Come sapete, io sono solito non chiudere uno di questi articoli e considerarlo pronto per la pubblicazione su “Ereticamente” senza aggiungervi qualche parola conclusiva e riassuntiva, allo scopo di evidenziare, tra le notizie emerse, ciò che è maggiormente rilevante per la nostra visione del mondo, poiché essi non vogliono essere una dimostrazione di erudizione attorno al tema delle origini, ma fare parte di quella che a tutt’oggi, oggi più che mai, è una vera battaglia culturale. Un compito che talvolta risulta non facile, vista la quantità di cose fra le quali occorre districarsi.

Bene, mai come questa volta tale compito risulta facile, anzi, ho quasi l’impressione che la conclusione si scriva da sé. Infatti, è evidente che il tema principale che emerge con prepotenza da questa Eredità degli antenati è il fatto, tutt’altro che irrilevante dal punto di vista della nostra visione del mondo, che il voler attribuire alla nostra specie un’origine africana, che è un vero leitmotiv per i media e il sistema “educativo”, entrambi pesantemente condizionati dal potere, non è altro che una bufala, propaganda di regime che ha il palese scopo di renderci psicologicamente disarmati di fronte alla sostituzione etnica.

Allargando solo di poco l’orizzonte della nostra visuale, non stentiamo a comprendere che perlomeno buona parte della cosiddetta “scienza” democratica non è altro che un articolato sistema di ciarlataneria e menzogne.

NOTA: Nell’illustrazione, a sinistra da “Ethnic Materials” attraverso “MANvantara”, una ragazza berbera-cabila, si notino la pelle chiara e gli occhi azzurri, al centro, particolare di un bronzetto nuragico, un cane da caccia che azzanna un cervo, a destra Omero nel Baltico, il libro più noto di Felice Vinci, coraggioso ricercatore indipendente che recentemente ha aderito a “MANvantara”.

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