Eccoci finalmente alla seconda metà di luglio 2024. Come avete visto, è stato necessario dedicare alla prima metà del mese due articoli, e non brevi. Un mese davvero caldo, e non solo dal punto di vista meteorologico. Se le cose continuano così, dovrò pensare a come riorganizzare tutto il mio lavoro su “Ereticamente”.
Vediamo intanto cosa ci offre questo periodo, cominciando come al solito da “Ancient Origins”.
Cominciamo il 17 con un articolo di Andrew Merrington dell’Università di Exeter, che ci racconta che strumenti chirurgici romani di 2.000 anni fa sono stati analizzati con la nuova tecnica detta scanner CT. Lo studio ha confermato che questi antichi strumenti medici erano efficienti e funzionali.
Il 18 Robbie Mitchell ci racconta delle tecniche impiegate per ricostruire il modo in cui è stato prodotto lo scudo di corteccia di salice dell’Età del Ferro rinvenuto tempo addietro nel Leicestershire, è un esempio di quella che si chiama archeologia sperimentale.
Con Nathan Falde torniamo a Pompei. La città fu distrutta sia dall’eruzione vulcanica, sia dai terremoti che l’accompagnarono. Mentre gli effetti del vulcanesimo sono stati ben studiati, finora su questi ultimi e sui crolli di edifici che hanno causato, si è indagato poco. Ma ora questa lacuna si sta colmando.
Con Gary Manners non andiamo troppo lontano. Nei pressi di Bacoli (Napoli) ci sono i resti oggi sommersi dell’antica città di Baia che oggi costituiscono un parco archeologico subacqueo. Qui è stato appena scoperto uno splendido pavimento marmoreo di una villa romana, lavorato con una particolare tecnica di mosaico nota come opus sectile in cui le tessere sono sagomate come i pezzi di un puzzle.
Una deviazione nelle Isole Britanniche con Aleksa Vučković che ci parla di una figura certo poco conosciuta da noi, il re gallese Rhodri Mawr, che fu un sovrano e un guerriero notevole, che unificò il Galles e riportò importanti vittorie sia contro gli incursori vichinghi, sia contro i vicini anglosassoni.
Al contrario, Robbie Mitchell racconta una storia che da noi dovrebbe essere ben conosciuta, quella della famiglia Borgia che, a partire dal pontificato di Alessandro VI segnò profondamente la storia italiana con intrighi e scandali.
Il 19 Sahir ci riferisce che a Iruña-Velea nel nord della Spagna sono state trovate le tracce di un’arena di età romana in grado di ospitare 5.000 spettatori.
Che sia esistito uno stretto rapporto tra il mondo romano e la penisola iberica, ci spiega Gary Manners, lo rivela anche una tomba recentemente scoperta nel parco archeologico di Pompei. Il defunto, un certo Agrestinus doveva essere un militare di rango. Fra i vari gradi che ha rivestito, stando all’iscrizione sulla lapide, c’è anche quello di praefectus Autrygonum. Gli Autrigoni erano una tribù iberica che forniva ausiliari all’esercito romano.
Torniamo in Inghilterra con Gary Manners. Qui, vi avevo raccontato, sono emerse le tracce di un insediamento fortificato dell’Età del Ferro nella località di Bodbury Rings Hilfort nello Shropshire. Bene, recenti rilevazioni aeree con la tecnologia LIDAR che consente di vedere al disotto della vegetazione, hanno permesso di stabilire che questo insediamento era molto più ampio di quanto si pensasse, coprendo un’estensione sei volte maggiore.
Robbie Mitchell ci parla della battaglia di Azincourt, un episodio della Guerra dei cent’anni avvenuto il 24 ottobre 1415, battaglia in cui gli arcieri inglesi massacrarono la cavalleria francese. È considerata dagli storici militari di grande importanza, perché decretò la definitiva superiorità delle armi da lancio su quelle da combattimento ravvicinato, superiorità che di lì a poco sarebbe stata definitivamente sancita dalla comparsa delle armi da fuoco.
Il 20 luglio ci spostiamo nell’Europa orientale con un articolo di Robbie Mitchell e uno di Aleksa Vučković. Mitchell ci parla dei cavalieri teutonici. Questi erano il terzo degli ordini monastico-cavallereschi nati durante le crociate, dopo i templari e gli ospitalieri, e raccoglievano elementi di origine germanica. Dopo l’espulsione dalla Terrasanta si traferirono nell’Europa orientale dove costituirono un vasto dominio.
Aleksa Vučković ci parla dei manoscritti di Frisinga. Questi ultimi sono testi di carattere religioso scritti parte in latino, parte in lingua slava e risalgono alla fine del IX o all’inizio del X secolo, e rappresentano una delle testimonianze scritte più antiche della lingua slava.
Il 21 torniamo inevitabilmente nel mondo romano. Lily Moore ci parla delle vestali. Queste sacerdotesse godevano di un prestigio e un’autorevolezza negate ad altre donne romane, ma il prezzo era la castità.
Noi sappiamo che quella che è oggi la Turchia, in età antica era una parte non piccola del mondo ellenico, poi ellenistico, poi romano. Il 23 Nathan Falde ci parla della scomparsa città portuale di Parion, le cui rovine si trovano in quella che è oggi la provincia di Canakkale nel nord-ovest della Turchia. Qui sono recentemente emerse rovine greche e romane al punto da indurre i ricercatori a parlare di “un’area archeologica completamente nuova”.
I regni anglosassoni che hanno dominato l’Inghilterra tra il ritiro romano dalla Britannia e la conquista normanna sono un argomento poco conosciuto da noi. Aleksa Vučković ci parla della figura di Æthelwealh che fu re del Sussex dal 660 al 685, e a cui si dovette la cristianizzazione dell’ultimo regno sassone pagano, conversione, sembra, dettata da motivi politici piuttosto che religiosi.
Il 24 Nathan Falde ci porta in Bulgaria, a Debelt sulla costa del Mar Nero, dove è stato ritrovato un amuleto composto da una lamina d’argento arrotolata del II o III secolo dopo Cristo, con un’iscrizione che fa riferimento a Gesù e agli angeli.
Sempre il 24, abbiamo un comunicato dell’Università di York che parla del sito di Star Carr nel nord Yorkshire, dove sono state scoperte le tracce di un insediamento mesolitico risalente a 11.000 anni fa.
Il 25 Gary Manners ci segnala che a Varna, in Bulgaria, un sarcofago di età romana risalente al III o II secolo avanti Cristo è stato scoperto…casualmente sulla spiaggia da un turista in vacanza.
Vi ho parlato a suo tempo della tomba di Cerbero, così chiamata per l’affresco che raffigura il mitico cane a tre teste, ritrovata lo scorso ottobre a Giugliano (Napoli). Il 26 Sahir ci riferisce che si è aperto uno dei due sarcofagi. Si è rinvenuto un corpo mineralizzato avvolto da un sudario, e numerosi vasetti di unguenti che testimoniano la cura e l’importanza della sepoltura.
Il 27 siamo a Roma con ben tre articoli, uno di Robbie Mitchell, uno di Nathan Falde e uno di un nuovo collaboratore, Ivan Borovyk. Mitchell ci parla di qualcosa che dovremmo conoscere. Monte Testaccio è una collina artificiale, un’antica discarica fatta di frammenti di anfore, il nome viene da testa che in latino significa coccio. Soprattutto di cocci di anfore usate per il trasporto dell’olio. Si calcola che tra il I e il III secolo dopo Cristo ne siano state importate a Roma dalla Spagna e dall’Africa settentrionale ben 53 milioni.
Nathan Falde ci informa che i lavori di sistemazione stradale in vista del giubileo del 2025 hanno portato alla luce in piazza san Giovanni al Laterano i resti di un antico palazzo risalente al IV secolo, che si ritiene essere stata la residenza assegnata dall’imperatore Costantino ai papi dopo l’insediamento della nuova religione.
L’articolo di Ivan Borovyk ci parla di contabilità. Durante l’epoca imperiale, anche in tempo di pace, la spesa militare assorbiva il 40-50% del bilancio dello stato romano. Le paghe dei legionari erano piuttosto alte, e questo era per molti un incentivo ad arruolarsi.
Il 28 si parla ancora di Roma. Mario Bartolini ci parla dello spionaggio nell’antica Roma. All’epoca non esisteva un servizio segreto organizzato, ma vari comandanti e leader politici hanno escogitato metodi ingegnosi per raccogliere e trasmettere informazioni. Tuttavia, la cosa non ha avuto grande sviluppo, perché lo stato romano si sentiva relativamente al sicuro grazie alla sua superiorità militare rispetto alle disorganizzate forze barbariche.
Il 29 parliamo ancora di Roma. Un articolo di Gary Manners ci informa che la via Appia antica è stata riconosciuta dall’UNESCO come patrimonio dell’umanità. Si tratta del sessantesimo patrimonio dell’umanità riconosciuto alla nostra Penisola, il che costituisce un record mondiale. Non tutti se ne rendono conto, ma la nostra Italia è un vero scrigno di meraviglie artistiche, archeologiche, storiche.
Non parliamo di Roma, ma sempre della nostra Italia. Sahir ci informa che a Corinaldo, vicino ad Ancona è stata portata alla luce la tomba di un principe piceno risalente al VI secolo avanti Cristo, da cui sono emersi un carro a due ruote e una vasta collezione di oggetti in bronzo che comprende un elmo, un calderone e diversi contenitori finemente decorati.
Torniamo inevitabilmente a parlare di Roma. Il 30 un articolo di Jessica Nadeau ci parla di Eliogabalo, ma non tanto in relazione alla figura di questo imperatore, quanto alla riforma religiosa che cercò senza successo di introdurre a Roma. Egli si chiamava in realtà Bassiano, ma è ricordato soprattutto con il nome della divinità solare siriaca El Gabaal, di cui era sacerdote, e il cui culto cercò di introdurre. Tutto ciò sullo sfondo della crisi religiosa del III secolo che vide l’abbandono dei culti tradizionali e l’importazione di divinità orientali, tra le quali alla fine emerse il cristianesimo.
Gary Manners ci racconta del ritrovamento ad opera del gruppo GUARD archaeology a Rosemarkie nelle Highlands scozzesi, di un tesoro dell’Età del Bronzo risalente al 1.000 avanti Cristo, composto da collane, bracciali e quelli che Manners chiama bracciali da collo – suppongo si tratti di torques – che non è qualcosa di isolato, ma è stato rinvenuto in una tomba vicina ai resti di almeno sei abitazioni preistoriche.
Nathan Falde ci da la notizia che ad Atapuerca in Spagna è stato scoperto un nuovo scheletro di Homo antecessor risalente a 800.000 anni fa. Per l’ennesima volta mi chiedo come fanno i ricercatori a non vedere che questo antico uomo che calcava il suolo del nostro continente già quasi un milione di anni fa, e che chiamano pudicamente antecessor, ma che presenta assai poche differenze con l’umanità attuale, rappresenta la più bruciante smentita di tutte le tesi africano-centriche che cercano di propinarci.
Il 31 abbiamo una conversazione con due ricercatrici, Catherine J. Frieman e Caroline Schuster. Cosa se ne facevano le persone dell’Età del Bronzo (dal 2300 all’800 avanti Cristo in Europa) di tutto quel bronzo? Per prima cosa, certamente usavano molti altri materiali, pelli, tessuti, legno, che a differenza del metallo, non si sono conservati, ma detto questo, la quantità di manufatti di bronzo prodotti resta davvero notevole. Si è poi osservato che oggetti come bracciali, collane, asce, venivano prodotti in forme e dimensioni standard che si ritrovano in tutta Europa, e alcune volte si ritrovano in depositi sotterrati intenzionalmente, compresi gli oggetti rotti. Un’ipotesi è che fossero usati come moneta di scambio, e testimonierebbero un’estesa rete commerciale su tutto il nostro continente. Infine non bisogna dimenticare che il possesso di armi bronzee definiva lo status sociale molto importante del guerriero.
Noi sappiamo che quella che è oggi la Turchia era nell’antichità in gran parte, perlomeno tutta la regione costiera, l’Anatolia ellenica. Il quartiere di Geyre del distretto di Karacasu nella provincia di Aydın, nella Turchia occidentale corrisponde all’antica città greca di Afrodisia. Questa zona è attualmente oggetto di scavi. Il 31 Gary Manners riporta un comunicato del ministero turco della cultura e turismo che riferisce del ritrovamento a circa 50 metri dal tempio di Afrodite, di una testa marmorea di Zeus risalente al III secolo dopo Cristo, alta 66 centimetri, e in ottimo stato di conservazione.
Sappiamo che, mentre oggetti di pietra o metallo si possono conservare per tempi indefiniti, materiali organici come la stoffa, il cuoio o il legno, non sopravvivono per migliaia di anni se non in condizioni eccezionali. Sempre il 31 Aleksa Vučković ci parla di uno di questi eccezionali reperti, il carro di Lchashen rinvenuto dagli archeologi russi sulle rive del lago Sevan in Armenia, e risalente alla prima Età del Ferro. Sebbene l’articolo non lo specifici, è probabile che sia stato il fango lacustre a permettere l’eccezionale stato di conservazione del reperto. In ogni caso, esso ci mostra la grande abilità artigiana di questi antichi uomini persi nel buio della preistoria.
Per non eccedere troppo la lunghezza consueta di questi articoli, sarà bene, per ora, come ho già fatto per la centocinquantottesima parte, limitarmi a quello che ha da offrici in questo periodo “Ancient Origins”, rimandando a un altro momento il discorso sulle altre fonti. E’, potremmo dire, la seconda parte di un luglio davvero eccezionale.
Prima di chiudere, però, sarà il caso di evidenziare le cose più rilevanti dal nostro punto di vista che sono emerse, ricordando sempre che la finalità de L’eredità degli antenati non è quella di essere un centone delle varie scoperte archeologiche, ma di dimostrare come la conoscenza del passato supporti una precisa visione del mondo.
E anche stavolta, quello che è emerso è davvero rilevante.
Per prima cosa, parliamo dei ritrovamenti di Atapuerca. Se un Homo molto simile a noi calcava il suolo europeo quasi un milione di anni fa, è chiaro che la “teoria” out-of-africana non ha alcuna possibilità di corrispondere alla realtà dei fatti, e una volta di più si pone l’interrogativo del perché la “scienza” democratica abbia bisogno di questa menzogna smentita da ogni nuova scoperta, al punto da pretendere di elevarla a dogma indiscutibile. Ma la risposta noi la conosciamo benissimo.
Un altro punto di indubbia rilevanza, è quanto emerso dalla conversazione con Catherine J. Frieman e Caroline Schuster. Se gli oggetti di bronzo erano usati come moneta, e già nell’Età del Bronzo esisteva una fitta rete di scambi commerciali che univa il nostro continente, allora dobbiamo abbandonare qualsiasi idea che questi remoti europei fossero dei primitivi. Al contrario, ogni nuova scoperta ce li fa vedere non dissimili da noi.
Come avete potuto vedere, diversi dei restanti articoli parlano di scoperte archeologiche o eventi storici delle Isole Britanniche, ed è logico, data la collocazione geografica di “Ancient Origins”, aspettarsi un certo…campanilismo, ma molti ci parlano del mondo romano. Quando si parla del mondo antico, Roma rimane la regina ineguagliata, ed è molto importante per sgombrare a nostra volta ogni sospetto di campanilismo, che ciò si desuma da quanto viene pubblicato da un’autorevole fonte estera; tuttavia, questo rende ancora più penoso il fatto che gli Italiani odierni siano così poco fieri o anche soltanto consapevoli della loro immensa eredità.
Ricordiamo infine il fatto che la via Appia antica sia stata riconosciuta dall’UNESCO come patrimonio dell’umanità, il che conferma la nostra Penisola come la nazione al mondo che ne possiede di più. Sebbene la cosa sia perlopiù passata inosservata, dovrebbe invece confermarci nell’orgoglio di essere italiani.
NOTA: Nell’illustrazione, la via Appia antica, riconosciuta dall’UNESCO come patrimonio dell’umanità, il sessantesimo nella nostra Penisola.
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