5 Dicembre 2024
Archeostoria

L’eredità degli antenati, centoquarantaduesima parte – Fabio Calabrese

Comincio subito con il dirvi, una constatazione sincera, che questo articolo riguarda ancora alcuni eventi di novembre 2023, ma la mia tabella di marcia mi mostra che non potrà comparire sulle pagine di “Ereticamente” prima della metà di gennaio. Certamente, è un progresso rispetto alla situazione degli anni scorsi, nella quale a ogni nuovo inizio d’anno mi sono trovato con “code” di tre o quattro mesi rispetto all’anno precedente, ma non si può dire ancora che la situazione sia soddisfacente, tuttavia, vedremo di rimediare.

Vi dico subito, inoltre, che questo articolo avrà un andamento un po’ insolito, infatti, dovrò cominciare con l’esaminare cosa hanno da dirci dalla metà di novembre in poi, i siti minori e i periodici generalisti la cui attività la volta scorsa ho dovuto trascurare a causa della massiccia presenza di articoli per noi di rilievo su “Ancient Origins”.

Come non detto, adesso mi tocca contraddirmi, perché un più attento riesame mi ha fatto notare un paio di articoli degli ultimi giorni di novembre su “Ancient Origins” che la volta scorsa ho saltato, certamente mosso dal desiderio di concludere un pezzo già lungo.

Il 28 novembre abbiamo un articolo di Robbie Mitchell su Oetzi, l’“uomo del ghiaccio” vissuto 5.300 anni fa e morto sul monte Similaun. Resta la testimonianza di un’antica tragedia alpina, perché fu colpito alla schiena da una freccia la cui punta gli è stata ritrovata fra le scapole, che verosimilmente ne causò la morte.

Se non siete ancora abbastanza soddisfatti di argomenti macabri, potete seguire Sahir che lo stesso giorno ci porta in Finlandia, precisamente a Pirunkerque nella Finlandia orientale a conoscere la “chiesa del diavolo”. In realtà si tratta di una grotta dove i seguaci di culti sciamanici sono sicuri di sentire la voce del Maligno. In effetti, non siamo in presenza di alcun fenomeno soprannaturale, ma di una particolare e unica conformazione delle pareti della grotta che fa echeggiare qualsiasi suono dandogli intonazioni spaventose. Ma a parte ciò, la cosa notevole è che soprattutto nell’Europa del nord, gli antichi culti pagani, compreso lo sciamanesimo che è probabilmente la religione più antica dell’umanità, non sono mai del tutto morti, e oggi conoscono una sorprendente rimonta.

Due diversi articoli di Robbie Mitchell del 29 ci portano nella preistoria più remota. Il primo ci racconta che attorno a 900.000 anni fa il mutamento delle condizioni climatiche, un’era glaciale avrebbe spazzato via gran parte della popolazione umana allora esistente, costituita da Homo erectus e indirettamente favorito l’avvento dei sapiens emersi come una varietà più resistente.

Il secondo articolo ci parla del fatto che, come hanno dimostrato gli studi sul DNA antico, gli uomini “anatomicamente moderni” si sarebbero incontrati e ripetutamente incrociati con “altre specie umane”, uomini di Neanderthal e di Denisova, come dimostrano le tracce che costoro hanno lasciato nel nostro patrimonio genetico.

Questo, una volta di più, significa barare per far quadrare i conti che non tornano, infatti, la possibilità di incrociarsi dando luogo a una discendenza fertile è proprio ciò che definisce l’appartenenza a una medesima specie. Il motivo per cui ci si ostina a definire neanderthaliani e denisoviani come “altre specie umane” o addirittura come ominidi contro ogni evidenza, lo conosciamo, è per non venire a conflitto con il dogma africano-centrico che se davvero in democrazia la ricerca fosse libera e non incatenata a insidiosi presupposti ideologici, sarebbe stato da tempo abbandonato.

Sempre il 29 Mark Miller ci parla di un argomento più leggero, le volvelle, sono quei dischi di carta che talvolta si trovano inseriti nelle pagine dei libri e che possono essere fatti ruotare. Sapevate che la loro invenzione risale al medioevo e che avevano già allora molteplici usi, dall’astronomia alla medicina, erano infatti utili da usare come semplici astrolabi, o per misurare il tempo tra l’assunzione delle dosi di medicinali. Miller le definisce le antenate delle app per smartphone. La loro invenzione viene fatta risalire al filosofo e alchimista Raimondo Lullo.

Ancora il 29 Robert Garland ci pone il quesito di come vivesse nel mondo antico l’altro 99 per cento della popolazione, cioè tutti coloro che non appartenevano alle élite di cui perlopiù si occupano i libri di storia, che ancora risentono delle ormai superate teorie del vittoriano Thomas Carlyle secondo cui la storia è in definitiva la biografia dei personaggi illustri.

Al contrario, ci spiega Garland, “la vita degli esseri umani è stata in gran parte plasmata dalla caparbietà e dalla perseveranza della gente comune, che ha lasciato in eredità alle generazioni successive, compresa la più recente, una qualità di vita di gran lunga superiore a quella di cui essi stessi hanno goduto o meglio, in molti casi, sopportato”.

Difficilmente contestabile, tranne per il fatto che oggi noi non ci possiamo più illudere di lasciare in eredità ai nostri figli una qualità di vita superiore alla nostra, anzi abbiamo probabilmente imboccato la parabola discendente.

Il giorno 30 Robbie Mitchell ci porta a visitare quel gioiello architettonico dell’antichità che è l’acropoli di Atene, e la splendida architettura dorica del  Partenone, i cui fregi furono rubati dagli Inglesi nel XIX secolo, si trovano oggi al British Museum di Londra, e la Grecia, giustamente, rivuole indietro. Solo, io mi chiedo, se pretendessimo e riuscissimo a ottenere che tutte le opere d’arte italiane che si trovano all’estero tornassero a casa, i musei del resto del mondo rimarrebbero quasi vuoti.

Nello stesso giorno è sempre Robbie Mitchell a portarci in un ambito del tutto diverso parlando di vichinghi. Attraverso le saghe norrene, enucleando il racconto di cinque morti, Mitchell esamina il rapporto che costoro avevano con la Nera Signora. Abituati ad affrontarla in battaglia, questi antichi guerrieri erano avvezzati a non temerla, e spesso ne facevano oggetto di macabro e contorto umorismo.

Veniamo finalmente a esaminare cosa hanno da dirci in questo periodo i media generalisti.

Cominciamo da un comunicato AGI del 18 novembre che ci informa delle ultime scoperte a San Casciano dei Bagni: una statua di Apollo in marmo, frammentata ma quasi interamente ricostruibile, un altare con un’iscrizione bilingue etrusco-latino (iscrizioni bilingui di questo tipo sono particolarmente rare, e anche questa probabilmente contribuirà a darci una comprensione migliore della lingua etrusca), e soprattutto è stato messo in luce il basamento etrusco al disotto della vasca di età romana.

Questi risultati, ultimo frutto di una campagna di scavi giunta al terzo anno, sono stati presentati al pubblico in una conferenza il 23 ottobre,

Può sembrare strano, ma per una volta a occuparsi di archeologia è il noto quotidiano economico “Il sole 24 ore”, infatti il 24 novembre presenta un articolo sulla mostra dedicata a Fidia che si apre a Roma ai Musei Capitolini, e dal 24 novembre 2023 al 5 maggio 2024 esporrà oltre cento opere del grande scultore greco, originali o copie. Si tratta della prima di cinque mostre che saranno dedicate ai grandi artisti dell’antichità classica.

Sempre il 24 novembre un comunicato ANSA ci informa che nelle acque antistanti la località di Santo Stefano a mare in provincia di Imperia è stato portato a termine il primo monitoraggio scientifico del relitto di una nave di epoca romana che si trova a poco meno di due miglia marine dalla costa a una profondità di 50-60 metri. La nave, risalente al I secolo dopo Cristo, era una nave da carico adibita al trasporto dell’olio. Sono state individuate sul relitto circa 300 anfore.

Un articolo di Laura Larcan  su “Il Messaggero” del 25 novembre ci parla di una donna di Neanderthal vissuta 60.000 anni fa, ricostruita a partire dai suoi resti che sono uno degli ultimi ritrovamenti rinvenuti nella celebre grotta Guattari del Circeo. La Larcan la descrive così: “Forte, materna, alta un metro e mezzo”, non aveva infatti una grossa taglia, si stima che pesasse una cinquantina di chili. Assieme a quelli della donna sono stati trovati i resti di un bambino e di un adolescente.

Roma, lo abbiamo visto più volte, è una specie di grande museo all’aperto, basta scavare un po’ e salta sempre fuori qualcosa. Una fonte, anche stavolta insolita, “Immobiliare.it” del 26 novembre riferisce che lavori di scavo in piazza Augusto imperatore hanno portato alla luce una testa femminile di marmo probabilmente di età augustea.

“Tgcom.24” del 27 novembre riferisce che sono state portate a termine le analisi del DNA dei resti umani rinvenuti in una sepoltura dell’Età del Rame (2.700-3.000 anni fa) ritrovata nel 2007 a Ora (Bolzano). Si tratta degli scheletri di un uomo anziano, di un giovane e di un neonato. L’esame del DNA ha permesso di dimostrare che i due uomini erano parenti, verosimilmente padre e figlio. Il DNA del neonato non si è potuto analizzare, ma trattandosi di una sepoltura familiare, era probabilmente imparentato con gli altri due.

Il sito “Storia che passione” il 28 novembre riferisce della scoperta  nella Germania sud-occidentale, della grotta paleolitica di Engen rimasta chiusa negli ultimi 16.000 anni. Si trattava di un riparo usato a varie riprese dai cacciatori dell’età paleolitica, e vi è stata rinvenuta una statuetta di avorio che dovrebbe risalire a 35.000 anni fa.

E’ forse un fenomeno che resta da spiegare, ma sembra davvero che negli ultimi tempi sempre più siti dedichino spazio alle tematiche archeologiche. Sempre il giorno 28 è la volta di “Yana PC” che presenta un articolo di Giacomo Gianni sulle grandi strutture preistoriche che, grazie alle foto satellitari, sono state scoperte nella valle del Tibisco in Serbia, di cui vi ho parlato la volta scorsa, ma l’articolo ci porta anche qualche elemento in più rispetto a quanto avevamo già appreso, infatti ci informa che gli archeologi hanno raggiunto la zona per studiare questi insediamenti risalenti all’Età del Bronzo e hanno già portato alla luce diversi reperti; questi includono pietre per la macinazione, pezzi di ceramica e persino una spilla per i vestiti.

Un articolo di Italo Zanini su “L’Avvenire” del 29 novembre ci fa rimanere all’estero, in Turchia, dove una spedizione italo-turca promossa dall’Università di Pisa ha scoperto nell’Anatolia centrale un sito, nei pressi dell’attuale Uşaklı Höyük che potrebbe essere la mitica Zippalanda, la città santa degli Ittiti.

Noi conosciamo bene il pantheon della mitologia classica, greco-romana, un po’ meno bene, ad esempio, quello degli antichi Celti, ma niente paura, sempre il 29 novembre “Starinsider” pubblica un articolo sulle principali divinità celtiche, da Lugh a Brigid, e anche sulle più importanti  leggende, come quella irlandese dei Tuatha Dé Danann.

Ma torniamo in Italia, davvero non si finisce mai di stupirsi della quantità di tesori archeologici che conserva la nostra Penisola. Un comunicato ANSA del 29 novembre ci racconta che nel parco di Portoselvaggio, in provincia di Lecce, è in corso la campagna di scavi archeologici nel sito fortificato di Torre dell’Alto, che risale all’età del bronzo, tra 3.500 e 3000 anni fa.

A quanto riferisce il comunicato, “L’insediamento è caratterizzato dalla presenza di imponenti fortificazioni che misurano circa 20 metri di larghezza per 200 di lunghezza”.

“Il Mattino” del 30 riferisce di un esperimento che sarà condotto in collaborazione fra il Parco Archeologico di Pompei e l’Istituto Italiano di Tecnologia – Centre for Cultural Heritage Technology (CCHT). Campioni di vetro, la cui composizione replica quella del vetro antico saranno esposti in una teca dell’Antiquarium di Boscoreale, dove saranno monitorati per tre anni. Lo scopo è quello di studiare l’impatto delle condizioni ambientali sulla conservazione del vetro antico, e quindi determinare le migliori tecniche per preservarlo nel tempo.

Non è possibile, a questo punto, non menzionare un paio di eventi “nostri”. Michele Ruzzai informa di nuovo che, avendo concluso su “Ereticamente” la serie di 28 articoli di Strade del nord, debitamente reimpaginato, a disposizione di chiunque lo desideri. A mio parere, questa ottima e documentatissima rassegna della tematica delle origini boreali, ben meriterebbe un’edizione cartacea, possibilmente di pregio.

Elena Righetto ci informa che terrà dal 10 febbraio al 20 aprile presso il Centro Olistico Luce e Armonia di Fossò (Venezia) il seminario Celebrazioni del tempo: alla scoperta del calendario e delle feste pagane nel Veneto.

Devo dire che stavolta sarei quasi tentato di non mettere a conclusione dell’articolo un breve riepilogo degli elementi rilevanti per la nostra visione del mondo emersi da questa disamina, come sono solito perlopiù fare, tanto essi mi appaiono chiari, ma di chiarezza non se ne fa mai troppa.

Per prima cosa, possiamo notare una volta di più la grande ricchezza di tesori archeologici della nostra Italia. Si è parlato delle nuove scoperte a San Casciano dei Bagni, che rappresenta un unicum archeologico che ha avuto parecchia risonanza anche a livello internazionale, per nulla dire di scoperte di cui si è parlato ben poco come l’insediamento fortificato dell’Età del Bronzo a Torre dell’Alto.

Il fatto che oggi la Grecia rivoglia indietro i marmi del Partenone non può non indurci a riflettere su quanti capolavori dell’arte italiana solo sparsi ai quattro angoli del mondo, e s li riavessimo indietro, ben poco rimarrebbe da esporre nei musei esteri.

L’Italia non è solo una terra di antichissima civiltà, ma ha espresso nelle arti nel corso dei secoli una maestria insuperabile, ed è sorprendente e molto triste constatare quanto oggi gli Italiani siano poco fieri di essere tali, e questo è certo il frutto più evidente dell’“educazione” democratica e antifascista.

L’articolo di Robert Garland ci ha dato modo di riflettere sul concetto di progresso che è uno dei miti più falsi e ingannevoli fra quelli di cui si pascono i nostri contemporanei. Un semplice ragionamento già avanzato nel 1970 dal Club di Roma nel libro I limiti dello sviluppo basta a distruggerlo: non ci può essere un progresso illimitato in un pianeta dalle risorse limitate.

Ancora, l’articolo di Robbie Mitchell del 29 su “Ancient Origins” ha imposto di tornare a precisare che neanderthaliani e denisoviani non erano “altre umanità”, ma uomini della nostra stessa specie, tanto è vero che hanno potuto incrociarsi coi nostri antenati e dare luogo a una discendenza fertile, noi.

Il motivo per cui ci si ostina a negare la loro umanità, è evidente, salvare l’Out Of Africa, che non è una teoria scientifica, ma un dogma ideologico.

La lotta per affermare la verità sembra non dover finire mai, ma noi siamo pronti a combatterla fino allo stremo delle forze.

NOTA: Nell’illustrazione, manifesto della mostra su Fidia ai Musei Capitolini.

2 Comments

  • Gianni 15 Gennaio 2024

    Si definisce ‘Specie’ quella Categoria Tassonomica i cui appartenenti [sottinteso: solo essi], se incrociati tra loro, danno origine a Prole Fertile». [È importante precisare che ‘Inter-Specifico’ sta per…fuori dalla Specie d’Appartenenza, laddove ‘Intra-Specifico’ si riferisce invece ad accoppiamenti…interni alla Specie stessa; ciò, a partire proprio dalle ibridazioni tra distinte Sottospecie, o…‘Razze’]….
    —Salvatore di Talìa 2 parte. —Un articolo fatto da un grande collaboratore di “ERETICAMENTE” dove tra le altre cose parla di bufali ed incroci tra loro.
    È uno che nei suoi pochissimi articoli purtroppo ha scritto cose egregie e graffianti.

  • Fabio Calabrese 22 Gennaio 2024

    Caro Gianni, l’articolo che lei cita, CONFERMA esattamente il mio discorso.

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