Taluni assetti considerano la relazione d’eguaglianza come una relazione d’ordine. Ciò dipende dalla definizione di relazione d’ordine come quel genus che comprenda la relazione di eguaglianza come sua specie.
Qui si significa e si dimostra che una volta definito altrimenti l’ordine la relazione di eguaglianza non è una relazione d’ordine, non è, cioè, una relazione che possa ordinare quegli elementi che si definiscono tra di loro eguali. Non si può insomma in nome dell’eguaglianza porre un ordine quale che sia tra quegli elementi che si predicano eguali.
Si cominci dal prendere in considerazione un insieme costituito da un solo elemento, quel che si definisce un singolo.
Quale ordine può imporsi a quell’unico e solo elemento?
Il singolo non è né ordinato per sé stesso né disordinato.
Il singolo non è suscettibile di alcun ordinamento possibile proprio per il fatto di essere l’unico.
L’ordine presuppone il confronto e se non vi è confronto possibile viene meno la possibilità stessa di produrre un ordine quale che sia.
L’ordine non concerne il singolo.
Se x non può distinguersi da x dacché sono identici, come potrà dirsi che uno dei due preceda l’altro o la segua? O uno dei due è il primo o a quell’altro dev’essere imposta la maschera di ferro come pare sia capitato al gemello monovulare del re.
Si consideri ora una coppia elementale, meglio un duo, una diade, un ambo di due elementi tra loro distinguibili e discernibili come un paio di scarpe o guanti. In tal caso è possibile produrre un ordine che ne distingua la posizione dell’uno per rapporto all’altro nell’ambito della compresenza o successione degli stessi. Occorre infilarsi in ambedue le scarpe senza mettere il piede destro nella scarpa sinistra o il piede sinistro nella scarpa destra. Ciò si significa e si mostra nella nozione di coppia ordinata. Perché si dia ordine occorre quantomeno che gli elementi costituenti l’insieme ordinato siano almeno due e siano chiaramente distinti.
Non si ha ordine, non si produce ordine nel caso del singolo come si è visto ma si produce ordine nel caso in cui si abbiano due elementi diversi, discernibili, e non posizionabili l’uno nell’altro al suo posto, per cui si determini una coppia ordinata come può dirsi in un senso o nell’altro distinguendo xy da yx.
Se la relazione d’ordine si estende a più di due elementi occorre che la relazione abbia il requisito della transitività e cioè che la relazione d’ordine si trasmetta dei primi due elementi dell’insieme al terzo preso in considerazione oltre con i primi due.
Se xRy e yRz allora xRz. È come se la relazione che sussiste tra x e y si trasmettesse, “transitasse” da y a z.
Per mezzo della dissimmetria, pertanto, e per mezzo della transitività i due e successivamente i tre elementi di un insieme verranno univocamente ordinati.
Presupposto perché si compia l’ordinamento necessario è la dissimmetria che determini una coppia ordinata come germe e la transizione, trasmissione di questa dissimmetria al termine introdotto come successore univocamente determinato in forza di quella stessa dissimmetria che produce la coppia ordinata primitiva.
L’eguaglianza di due, tre o più elementi tra di loro non è in grado di indurre, porre in ordine i diversi di un insieme se considerati eguali, cioè a dire incapaci a produrre dissimmetria.
Più semplicemente e facilmente si dovrebbe dire che laddove c’è simmetria non può prodursi diversità e con essa quella condizione di dissimmetria con cui è giocoforza trasmettere l’ordinamento dalla cellula primitiva della coppia ordinata a tutti quegli altri elementi costituenti l’insieme.
Ho rinvenuto dai più testi che ho preso in esame uno soltanto che considera come imprescindibile la dissimmetria come conditio sine qua non per cui ma con cui possa ordinarsi un insieme.
Dissimmetria e transitività relazionale, se gli elementi sono più di due, sono la condizione necessaria e sufficiente perché un insieme possa ordinarsi.
Se la simmetria non è per così dire in grado di garantire l’ordine sarà giocoforza che ne produca il contrario e cioè il disordine. Una tale conclusione produce sconcerto ancorché logicamente ancorata per cui la stessa simmetria andrà ridefinita per rispetto all’ordine stesso.
La “simmetria” relazione, la relazione simmetrica qua talis non è in grado di produrre quell’ordine che potrebbe ben chiamarsi temporale, narrativo, progressivo e così via.
La simmetria per cui xy = yx introduce per così dire una medietà sottile e quasi inesistente per cui da xy|yx si avrebbe xyx laddove la coppia yy si assottiglia in una funzione di perno e d’articolazione tra la ripetizione distanziata o la replica di x. Ciò è quanto si mostra nella simmetria così detta speculare in cui l’oggetto si riflette in quello specchio che divide e replica nella propria relativa inesistenza l’oggetto che vi si specchia, cioè, l’oggetto specchiato.
La funzione estetica della simmetria è quella d’incentivare la spazialità come stabilità ed equilibrio di contro alla temporalità da intendersi come irreversibilità e stabilimento dell’ordine.
Taluni assetti, e sembra quelli che vadano per la maggiore, sostituiscono alla dissimmetria come proprietà relazionale l’antisimmetria per cui quando si abbia, occorra la coesistenza insieme di xRy accanto a quella di yRx ciò comporta l’eguaglianza di x e y. Se si accetta una tale definizione viene meno l’asimmetria o la dissimmetria come immediatamente intesa. L’immediata comprensione della dissimmetria è tale per cui non può darsi allo stesso tempo xRy e yRx. Se può darsi insomma sia xRy che yRx non si dà coppia ordinata. L’insieme in questione sarebbe pertanto in forza dell’antisimmetria un insieme parzialmente ordinato come un grattacielo che distingua la diversità degli inquilini nei piani e l’eguaglianza degli stessi qualora abitino in uno stesso piano.
Siccome non è sufficiente la transitività se non si dà dissimmetria per avere un insieme ordinato così non è sufficiente la dissimmetria per cui si dia un insieme ordinato se non si dà allo stesso tempo transitività. È possibile, infatti, concepire la transitività senza che per mezzo di essa soltanto e soltanto di essa si produca ordinamento. La transitività è pertanto condizione necessaria ma non sufficiente per rendere un insieme ordinato.
Si consideri ora in una coppia non ordinata la transitività come prodursi riprodursi di una precedenza nel caso di un ciclo come x precede y che precede x e così via ad libitum o ad infinitum! Una tale transitività che continua a mantenersi non è tale da stabilire quale dei due preceda l’altro e pertanto non è tale da configurare per quest’insieme relazionato dalla transitività nessuna dissimmetria relazionale. È come dicessimo che si può cominciare indifferentemente da x o da y!
Perché un insieme possa dirsi ordinato non potrà essere né soltanto governato dalla dissimmetria né soltanto dalla transitività ma da ambedue insieme.
La dissimmetria esclude una delle opzioni xRy o yRx ed è conditio sine qua non perché diasi ordinamento. Se però l’insieme è costituito da più di due elementi come x,y e z è necessario che diasi la transitività per cui se xRy e yRz allora xRz.
Sia la dissimmetria che la transitività sono condizioni necessarie ma non sufficienti perché sia dia ordinamento.
Si consideri la somma evidenza di un tale che tocchi un altro. Se costui tocca ne contempo un altro non è detto che il primo tocchi quest’altro. In questo caso si ha dissimmetria relazionale nel primo tocco e nel secondo ma non si dà trasmissione del tocco, la quale potrà esserci come non esserci. Si dà insomma dissimmetria senza che siavi transitività.
Nel contatto si ha simmetria ma non è detto che diasi transitività. Se x è y si toccano e sono in contatto e y tocca z entrandone in contatto, non è detto che z entri in contatto con x.
Può altresì darsi, immaginarsi il caso di una transitività che si propaga ma che non ha la dissimmetria di un inizio contrapposto a una fine, un prima ad un dopo nel percorso eventuale. Le perle di una collana stanno tutte una tra due, il che assicura la transitività ma quale potrà dirsi la prima e quale l’ultima? Nessuna dissimmetria sembra possibile.
Si prenda ora in considerazione la diversità.
La diversità è una relazione simmetrica per cui se x è diverso da y anche y sarà diverso da x: xRy = yRx. In tal senso la diversità per essere una relazione simmetrica non sarà diversa dall’eguaglianza. Epperò la diversità a differenza dall’eguaglianza non è transitiva. Il fatto che x sia diverso da y e y da z non implica che z sia diverso da x. Se x e z fossero eguali la successione proposizionale affermativa: x diverso da y e y è diverso da z reggerebbe egualmente per cui la diversità non è a priori transitiva. Il primo e il terzo giudizio di diversità non implica necessariamente la diversità dei termini in oggetto tra di loro.
La diversità non è una relazione transitiva nell’esperienza comune, nell’esperire comune. La relazione di diversità s’instaura nel confronto dei termini ma non si trasmette. Ciò è importante ma non è stato riflettuto o perlomeno non è stato sufficientemente “riflesso” finora.
La diversità, la differenza si constata ma non si trasmette come lo è invece l’eguaglianza.
L’eguaglianza è trasmissibile ma non lo è la diversità e pertanto non essendo la prima dissimmetrica né la seconda trasmissibile nessuna delle due per sé stante, è per sé stessa capace di garantire e imporre l’ordine e con essa l’informazione di cui l’ordine è l’espressione. Non si dà infatti informazione o, meglio, prosecuzione informativa nel disordine, cioè a dire nell’entropia.
Coloro che sognano l’eguaglianza sognano l’entropia e il disordine, parimenti coloro che sognano la diversità non trasmissibile disintegrano l’ordine e l’organizzazione nel senso proprio della trasmissione della stessa diversità. Per ambedue, cioè per coloro che propugnano l’eguaglianza senza la diversità e per coloro che propugnano la diversità senza la trasmissione la conclusione è quella del caos, cioè la precipitazione nell’indifferenziato.
Diversità e transitività.
Si è visto come la diversità non implichi la transitività ma ciò è vero solo in parte e necessita pertanto di un chiarimento.
La diversità di primo acchito non è trasmissibile nel senso che può albergare in un insieme in cui eguaglianza e diversità si alternino combinandosi in una determinata scansione.
Se la diversità relaziona gli elementi dell’estensione insiemistica la transitività è implicita nella stessa definizione di estensione insiemistica. Per l’estensione, infatti, di un insieme gli elementi non possono che essere uno diverso dall’altro per potersi distinguere. Ciò compete la definizione stessa di estensione insiemistica. Se si prende ancora in considerazione la comprensione insiemistica non vi è modo di stabilire alcuna diversità dal momento che per l’intensione insiemistica o comprensione gli elementi sono tutti eguali e pertanto non si pone nemmeno il problema della diversità e con essa dell’ordine.
Se x, y e z costituiscono l’estensione dell’insieme che li comprende essi sono diversi tra loro e la loro diversità si trasmette da una combinazione all’altra per definizione. Se x è diversa da y anche x sarà diverso da z per appartenenza all’estensione dell’insieme. Più in generale si noterà come nell’insieme K[2] delle possibili diversità, la diversità a due a due degli elementi si trasmette agli altri dal momento che non può esservi esclusione di diversità da quell’insieme K costituito dai diversi che lo formano. Ciò conduce alla definizione di K come l’insieme delle stesse diversità, cioè a dire un insieme potenziato come l’insieme delle diversità, cioè della diversità della diversità.
Non si può dare infatti in K che la diversità non si trasmetta. Se la diversità non si trasmettesse avremmo l’eguaglianza ma la presenza di due elementi eguali li escluderebbe dall’insieme di cui fanno parte. Se xRy sono diversi e yRz sono ancora diversi non può essere che x non sia diverso anch’esso da z. Se fosse infatti x eguale a z né x né z potrebbero appartenere in quanto eguali a K.
L’insieme K delle diversità è costruito da coppie confrontate ognuna diversa dall’altra il che costituisce quell’insieme dei diversi in cui la diversità si trasmette e transita per così dire attraverso l’accoppiamento e il confronto degli elementi costituenti l’insieme. K è costituito di termini uno diverso dall’altro come lo sono gli accoppiamenti di ciascun termine con un altro qualsiasi dei suoi elementi.
L’insieme K ovverosia l’insieme di ogni possibile diversità è altresì l’insieme di ogni qualsivoglia determinata diversità da intendersi come l’estensione insiemistica contrapposta all’intensione insiemistica.
L’ orrore dell’eguaglianza.
L’orrore che provo per il concetto di eguaglianza è persino superiore a quello che provo per il concetto di libertà. Ovviamente non si tratta del concetto in sé ma dell’uso improprio che se ne fa nell’ambito della retorica che, come va sempre ribadito, è un’arte di persuasione e non già di dimostrazione così come si intende la dimostrazione in ambito logico matematico dove si rende necessaria la correttezza della forma espositiva come si è visto e qui si riassume la dimostrazione in questo caso vera che l’aggettivo libero ed il nome libertà devono essere impiegati per quel che sono e cioè delle relazioni. Se si enuncia come soggetto di una proprietà l’essere libero per un soggetto. Si commette senz’altro un errore grave perché la libertà non è come il rosso per una fragola. Il colore rosso è una proprietà della fragola, la quale non potrebbe che essere in quanto fragola rossa mentre che un individuo sia sensatamente libero ciò dipende dal definire da che cosa è libero e di che cosa è libero di fare per cui l’assolutizzazione del termine è del tutto scorretta! Non si è liberi del tutto e una volta per tutte di tutto ma di volta in volta per rispetto a dei limiti predeterminati. La libertà ha un valore per un tale che sia carcerato e ne ha un altro per un tale che sia libero sì ma povero di mezzi. Vi e poi un genere di libertà che è totale carcerazione che è però il massimo forse della Libertà che si possa acquisire che è quella di un monaco nella sua Cella.
Per l’eguaglianza il problema è ancora più pregiudiziale e gravido di conseguenze che non l’errore di approssimazione nell’uso del concetto di libertà.
L’eguaglianza non è che una relazione e non ha valore che, come relazione per quanto concerne il grafema matematico, si distingue l’eguaglianza dall’identità. L’eguaglianza si significa con due lineette sovrapposte mentre l’identità si significa rappresenta per mezzo di tre lineette sovrapposte per cui si scriverà A è uguale a B diversamente da A è identico ad A.
Non ha proprio alcun senso né dire né scrivere che A eguale senza proseguire la frase, dire scrivere soltanto A= significa soltanto dire che A= esiste in quanto eguale non si sa bene a che cosa. Le cose in gioco sia per la differenza che per l’eguaglianza non possono che essere due se in gioco vi è una sola cosa si dirà che è piuttosto identica a sé stessa anche nel caso di due gemelli mono ovulari vanno il principio già sancito formalmente dal Leibniz che essi sono pur sempre differenti nel senso che non possono occupare lo stesso luogo che se fossero eguali ed anche occupassero lo stesso luogo non ci sarebbe dato di distinguerli e pertanto non sarebbero che uno! Fintantoché l’anima non si scenderà dal corpo o il fantasma dal cadavere, come nel caso del vampiro che non si riflette nello specchio semplicemente perché è un’anima e l’anima senza il corpo non ha un corrispettivo fisico che possa specchiarsi in qualcos’altro che lo rifletta come in uno specchio.
Coloro che volessero affrontare il problema terranno conto di questi appunti stesi tanti anni fa quando eravamo ben più giovani di adesso!
- Il radicale sta alla parola come la cifra al numero.
- I numeri sono formati da cifre come le parole sono formate da radicali.
- Le parole si compongono tra di loro per generare altre parole o frasi.
- Le cifre si compongono tra di loro per generare altre cifre.
- Ogni cifra è diversa da ogni altra cifra.
- Ogni radicale è diverso da ogni altro radicale.
- Mentre le parole si assimilano tra di loro, le cifre non possono farlo.
- L’ assimilarsi delle parole tra di loro si opera per mezzo della sinonimia e dell’omonimia per quanto concerne l’invenzione lessicale e per mezzo della paronimia per quanto concerne l’applicazione sintattica.
- Le cifre si possono ordinare ma non assimilare. Tale è lo statuto della cifra.
- Alla cifra altro non si richiede che la diversità. Un aspetto di questa diversità congenita è l’imprevedibilità. Dall’urna delle cifre non si trae mai due volte una stessa cifra! L’urna delle cifre è come il Libro dei 1000 Caratteri! Questo testo è però significativo in forza dell’espressione ideografica scritturale e della partitura sonora!
- Classico dei mille caratteri è un poema cinese usato come libro di testo per l’insegnamento dei caratteri cinesi. Contiene esattamente mille caratteri diversi. Si dice che l’imperatore Wu (??? [량무제]) della dinastia cinese Liang (r. 502-549) abbia ordinato a Zhou Xingsi (??? [주흥사] 470-521) di comporre il poema per permettere a suo figlio il principe di far pratica di calligrafia. L’articolo di Wikipedia confonde la faccenda. Secondo la tradizione il testo dei mille caratteri fu imposto allo scrittore come una scommessa irrealizzabile dalla crudeltà del Signore. Ebbe a disposizione una sola notte per risolvere la faccenda. I capelli gli diventarono bianchi per lo sforzo ma ce la fece! Il testo aveva un senso compiuto e nessun ideogramma era stato ripetuto due volte, epperò gli ideogrammi non erano stato giocati ai dadi. Si dovrebbe osservare però che qualsiasi sorteggio di ideogrammi può produrre un senso perché ciascun ideogramma in qualche modo lo è, Per le parole significate da una scrittura fonografica la faccenda si pone in modo diverso. Le parole di una lingua come la nostra, cioè flessiva, ha nella parola una componente sintattica che predispone il senso e lo trattiene. Che il cinese sia una lingua che ha sempre un senso, comunque, si sorteggino le parole rimanda ai Viaggi di Gulliver di Swift in cui si celebra il pallottoliere di parole con cui si scrivevano libri a caso. Questo testo si apprende a memoria e fornisce una tabella di memoria secondo i principi della mnemotecnica. Il Dizionario del Fenn ci ricorda di come serva ai gestori dei negozi di pegni per l’inventario delle merci.
- Propriamente le parole soltanto possono ordinarsi ma non le cifre. Se le cifre si possono ordinare allora le cifre sono state in qualche modo convertite in numeri o sottoposte a un obbligo di convenzione siccome le lettere dell’alfabeto cominciano dall’ alfa e si concludono con l’omega.
- Le parole si significano per mezzo di altre parole ma non le cifre ovviamente. Non si può certo dire che una cifra assomiglia a un’altra!
- Non esistono cifre sinonime.
- Non esistono cifre omonime.
- Una volta diventate parole le cifre cessano di essere tali.
- Le parole che non si comprendono, che sono prive di sinonimi sono ricondotte allo stadio di una cifra.
- Un universo privo di omonimie è un universo cifrato. Le cose che lo compongono sono un’aggregato di diversità privo di ordine, composto di frammenti senza disegno.
- Un universo cifrato è inspiegabile perché privo di ripetizioni come omonimie e sinonimie di parola/e. Si spiega quel che si può ed è stato piegato, replicato, ma non vi sono repliche di nessuna cifra o coincidenza o applicazione.
- I radicali che si trovano nelle parole hanno perso la natura di cifra. Il mero fatto di trovarsi in parole diverse fa sì che queste parole posseggano uno stesso significato che è quello che viene restituito o investito di riflesso nella cifra. La cifra compresente come radicale in parole diverse come paronimi fa sì che la cifra diventi numero, si collochi in un ordine e sia costituita dalla composizione di altri numeri.
- Le parole si definiscono per mezzo di altre parole con cui si equivalgono.
- I radicali si parlano per mezzo di parole, ma non può esserci a priori un’equivalenza di radicali.
- Ogni operazione sui radicali è inesorabilmente meta-testuale.
- Un testo cifrato è come una singola cifra. E’ incomprensibile.
- L’ universo delle cifre è costituito di due cifre almeno. Se fosse costituito di una cifra soltanto come x si dovrebbe dire che x? x!
- Per mezzo di due cifre soltanto è possibile generare invece un’infinità di cifre.
- Il numero delle cifre occorrente per generare tutti i numeri che occorrono come quello delle radici per generare tutte le parole che ci servono dipende da condizioni grosso modo economiche. Si tratta di un’economia dello spirito in un certo qual modo, che genera e si serve di una strumentazione adeguata al sensorio naturale o all’insieme delle sue protesi. L’esempio è offerto da una riflessione sul sistema binario per rispetto al decimale. I numeri espressi dal binario contengono meno cifre ma sono di difficile discriminazione l’uno dall’altro e onerosi per la scrittura, mentre i numeri decimali impegnano maggiormente la memoria ritentiva ma facilitano la percezione della differenza. Ovviamente va messo nel debito conto l’ordine per cui 101 non è come 110! Sono sufficienti due sole cifre l’1 e lo 0 e tutti quegli infiniti posti uno dietro l’altro dove ognuno non occupa il posto dell’altro sta tranquillo, immoto al suo proprio posto! E’ dunque l’ordine che salvaguardia con poco la varietà dell’universo. Il disordine e l’anarchia e la libertà generano confusione e sono dispendiosi.
Renato Padoan 22/06/2025
NOTE
[1] È questo un percorso che segue quello di CLAUDE SERRUS del suo Traité del logique nel senso che, come Serrus, ritengo sia conditio sine qua non dell’ordine la dissimmetria. Taluni usano il termine di asimmetria come lo stesso Serrus mentre preferisco quello di dissimmetria perché la particola prefisso dis introduce una complessità, che l’alfa privativo di a-simmetria non comprende, al termine di simmetria che già si compone della particola greca “syn” precedente la radicalità del metron, misura, matrice, generalità ecc., cche equivaleal latino “cum”.
[2] L’insieme K è l’iniziale di Kaleidoscopio ed è una trovata dell’autore di questo saggio con cui si denomina per mezzo dell’acronimo quel giocattolo stupefacente ma noioso in cui ripetono ad ogni scossa e giramento stupefacenti immagini stellari prodotte dal raggrupparsi casuale di alcune pietruzze di vetro in fondo al tubo.