2 Ottobre 2024
Attualità

La democrazia del ricatto – Umberto Bianchi

Quella delle recenti dimissioni del Ministro della Cultura Sangiuliano, a prima vista, potrebbe sembrare il solito caso di scandalo “all’italiana”, una specie di commedia sexy, condita con belle donne, corna ed il coretto di riprovazione delle opposizioni, che paventano chissà quali rivelazioni scandalistiche da parte della avvenente sigr.a Boccia, co-protagonista della soap opera, cercando così di minare la credibilità del governo, con l’accusa di leggerezza ed irresponsabilità nel gestire determinate situazioni. Ma, guardando con occhio più attento, privo dei soliti pregiudizi scandalistici, questo episodio e l’intera querelle che ne è derivata, è sintomo di un più profondo e radicato malessere che attraversa l’intera società occidentale.

Scandali e scandaletti, in fatto di allegra e “leggera” gestione del personale di supporto del potente di turno, sia in politica sia sul lavoro, ve ne sono sempre stati e sempre ve ne saranno, è cosa risaputa, sulla quale non si dovrebbe nemmeno sprecare più di tanto fiato ed inchiostro. Andando a ritroso, non solo Sangiuliano, ma anche Berlusconi e se vogliamo andar fuori d’Italia, Clinton, Kennedy e lo stesso ministro britannico John Profumo ed altri ancora, dovettero subire rampogne mediatiche, causate dalle proprie leggerezze in materia di rapporti con il gentil sesso. Il fatto è che, da un po’ di tempo a questa parte, quella dello scandalismo in materia sessuale, ha assurto a vera e propria prassi per l’azione politica, perfettamente appaiata ed omologata a quella del vero e proprio ricatto giudiziario. E qui entriamo nel vivo del nostro tema.

Quella del ricatto scandalistico ha raggiunto, in Italia ed in Occidente, livelli veramente preoccupanti. In Italia da “Mani Pulite” in poi, passando via via per i vari “affaire” Berlusconi, Renzi e tanti altri ancora, oltre al solito Sangiuliano e fuori dal nostro paese, negli Usa con Donald Trump, ma anche in quel di Francia, con le recenti imputazioni (post elettorali…) a Marine Le Pen, si ha l’impressione che appena si esca appena dal “seminato” della politica “mainstream” o, pur rimanendo in quell’ambito, si provi a far di testa propria, si finisca stranamente sul tavolo degli imputati con accuse che sembrano avere la strana particolarità, di uscire sempre al momento giusto. Qui nessuno vuol prendere le difese di corrotti, pasticcioni o disonesti che dir si voglia ma, è chiaro che la strana coincidenza con la quale certe accuse vengono profferite, non può che destare sospetti ed esser di stimolo per una più approfondita riflessione. Il problema è che, quello che sembrava essere un inamovibile principio delle odierne democrazie, ovverosia quello di una dialettica politica, fondata sul libero confronto tra idee e posizioni differenti, in un contesto di regole accettate da tutte le parti in gioco, stia lasciando il posto ad una nuova ed inedita formula di strisciante autoritarismo. Un micidiale mix tra capitalismo neoliberista e predominio di un’oligarchia liberal progressista, costituita da rappresentanti della politica, della burocrazia, del mondo dell’economia, dell’informazione e della cultura, gestisce in modo esclusivista e settario le società occidentali tutte, non ammettendo deroga di sorta alla propria supremazia, anche se messa in discussione da inequivocabili consensi elettorali, ricorrendo anche agli scandali ed alle conseguenze giudiziarie che questi provocano, quale mezzo per mantenere le proprie posizioni di potere. Questo sempre più, conferisce alle democrazie occidentali la valenza di veri e propri orpelli, oramai svuotati del loro significato e fa di una politica, sempre più sottomessa ai desiderata globalisti, un gioco di ricatti e condizionamenti, che limita non poco quella libertà di espressione e di dialettico scambio, che ne dovrebbero costituire (almeno sulla carta, sic!), l’essenza.

Ad oggi, pertanto, schierarsi con uno qualsivoglia tra gli esistenti partiti politici o fondarne di nuovi, costituisce esercizio sterile ed illusorio. Da una parte, entrando negli esistenti partiti politici, si finisce con l’essere totalmente introiettati nelle logiche del sistema globale, con la spada di Damocle del ricatto giudiziario se non si “riga diritti”; dall’altra a fondar nuovi partiti, si rischia di finire nella più totale irrilevanza, a causa della preponderanza dei mezzi a disposizione delle forze del Sistema, senza contare l’arma del ricatto giudiziario, sempre pronta ad essere usata contro i rappresentanti di una forza politica scomoda. A prima vista, questa potrebbe sembrare una analisi improntata ad un cupo pessimismo, ammantato di rassegnazione e privo di concrete vie d’uscita. La verità è che, è necessario avere un approccio differente al problema della tipologia di azione politica, da intraprendere in un contesto come quello attuale occidentale ed in particolare, italiano. Il fatto che vi sia gente, che vota ancora massivamente formazioni politiche come i 5 Stelle o il Pd o la Lega o Fratelli d’Italia, nonostante tutti questi soggetti abbiano espresso e tuttora esprimano in sostanza, le medesime posizioni di totale asservimento ai desiderata globalisti, ci dovrebbe far capire qualcosa. Quello del consenso elettorale, dovrebbe rappresentare la fase finale di un processo di più generale e profonda presa di coscienza delle masse, che necessita di tempi per ora non calcolabili, in base a quelle che sono le tabelle di marcia degli appuntamenti elettorali. Al fine di promuovere con una qualche possibilità di successo, il processo di cui sopra, ora come ora, sarebbe necessario partire da una fase politica “movimentista”, caratterizzata da una molteplicità di soggetti, quali movimenti, comitati, associazioni, tutti accomunati da un ventaglio di iniziative, che vanno dalla vera e propria azione politica sul territorio, a quella di controinformazione e di formazione metapolitica. In questo modo, adottando quella che è comunemente definita quale “strategia dell’arcipelago”, il Sistema verrebbe politicamente e culturalmente attaccato da più parti e troverebbe sempre maggior difficoltà, ad esercitare un’azione di contrasto nei riguardi di quelle forze a lui antagoniste.

Al di là, poi, di quelle che possano essere o meno, le linee guida strategiche per affrontare una sfida epocale, quale quella rappresentata dal progressivo avanzare a livello mondiale, di un modello di autoritarismo globalista, resta primaria la necessità di conferire, anzitutto, a questa battaglia un carattere “culturale”, in grado di offrire cioè, una visione del mondo alternativa a quella che, ad oggi, il Globalismo ci vorrebbe imporre. Questo perché se, da un lato è vero che, una presa di coscienza generale più radicata a livello di massa, ha bisogno dei suoi “fisiologici” tempi, è altrettanto vero che questo Sistema, ha sempre più “le ore contate”, grazie a tutta una serie di iniziative, oramai apertamente avverse all’interesse dei popoli e tutte a favore delle elites della finanza globale. Mai come oggi, pertanto, si fa ineludibile priorità il preparare il terreno a ciò che potrebbe venire “dopo” il Globalismo. Una sfida che tocca da vicino le nostre vite e quelle di chi ci sta vicino e che, oggi più che mai, assume una fondamentale importanza.

 

UMBERTO BIANCHI

 

Copertina: Virgilio Notizie

3 Comments

  • Nemo 22 Settembre 2024

    Questo post non ha senso. Il problema non è che io sono un coglione ma che qualcuno mi ricatta in conseguenza delle mia coglionaggine, quindi non si tratta di trovare qualcuno meno coglione di me ma di mettermi in testa un cappuccio cosi sono un coglione non ricattabile.

  • Yume 2 Ottobre 2024

    Già, i buonistiprogressistiinclusivi sono proprio superficiali, con tutte le conseguenze elencate in questo articolo. Però, se non fosse che ci rimetterò anche io da questa situazione, mi viene anche da dire ai conservatoristixenofobi: “è brutto che gli schiavi, che sfruttiamo direttamente nei loro Paesi (almeno i romani non erano così ipocriti e li avevano anche in casa), adesso comincino ad arrivare nel nostro di Paese, eh?”.

  • Yume 2 Ottobre 2024

    Avevo messo il mio commento sotto un altro articolo, ma è apparso sotto quest’altro…

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