6 Novembre 2024
Controstoria

Il popolo dei contemporanei – Daniel Moscardi

In una delle sue ultime interviste, alla domanda diretta “quale futuro per l’Italia?”, Indro Montanelli rispose nel modo più diretto e lapidario possibile: “Nessuno. Perchè un paese che ignora il proprio ieri, di cui non sa assolutamente nulla, e non si cura di sapere nulla, non può avere un domani”.

Aggiungendo subito dopo ciò che gli aveva insegnato il suo amico e mèntore Ugo Ojetti: “l’Italia è un paese di contemporanei, senza antenati né posteri, perché senza memoria.” (1)

Il popolo dei contemporanei ignora quindi completamente di essere una colonia, senza alcuna sovranità nazionale, completamente eterodiretta dal 1945. Ma questo gli italiani non lo vogliono sapere. Dopo la guerra, gli italiani si sono auto assolti, e auto illusi, di non aver perso la guerra, anzi di averla quasi vinta, al fianco degli Alleati con i quali una parte degli Italiani si era schierata dopo la resa incondizionata firmata a Cassibile, nella Sicilia orientale, il 3 Settembre 1943 dal generale Castellano. Perché la cosa peggiore che può accadere a una nazione non è quella di subire una sconfitta, ma di subirla senza dignità e senza onore.

A ricordare ai contemporanei di aver perso la guerra, e averla persa male, resta l’art.16 del Trattato di pace di Parigi, siglato dall’Italia il 10 Febbraio 1947, peraltro tuttora in vigore.

Art. 16 “L’Italia non incriminerà né molesterà i cittadini italiani, particolarmente i componenti delle Forze Armate, per il solo fatto di aver espresso simpatia per la causa delle Potenze Alleate e Associate o di aver svolto azioni a favore della causa stessa durante il periodo compreso tra il 10 giugno 1940 e la data di entrata in vigore del presente trattato”.

Art.16 “Italy shall not prosecute or molest Italian nationals, including members of the armed forces, solely on the ground that during the period from June 10th, 1940 to the coming into force of the present treaty, they expressed sympathy with, or took action in support of the Allied and Associated Powers”.

Nella versione pubblicata in Italia sulla “Gazzetta Ufficiale” la parola “particolarmente” venne sostituita – commettendo di fatto un falso – da “compresi” con il chiaro intento di attenuare le gravissime responsabilità dei militari italiani che avevano tradito. Il solo fatto che i vincitori abbiano voluto inserire un tale articolo con quella dizione così esplicita e così infamante per le forze armate italiane, riveste molti e inquietanti significati. Sancisce cioè che i traditori sono stati così tanti da imporre la loro impunità in uno specifico articolo di un trattato di pace. A nessun’altra nazione sconfitta è stato imposta una clausola così infamante. L’articolo 16 del trattato di Parigi indica quindi al mondo intero gli italiani come gente di cui diffidare, pronta a tradire, a cambiare bandiera, a vendersi. Perché questo specifico articolo si traduce esattamente così: tutti coloro che, durante il conflitto, hanno tradito i propri commilitoni, i propri cittadini, la propria Patria, agendo invece a nostro favore, nei nostri interessi, ai nostri scopi, il governo italiano non potrà mai toccarli.

Subito dopo la guerra furono in molti a chiedersi i perché di una sconfitta che aveva molti punti oscuri, inspiegabili. Cominciarono ad apparire libri e pubblicazioni di aperta denuncia sulla condotta dei vertici delle nostre forze armate. Anche perché, grazie a libri che stavano cominciando ad apparire oltreoceano, la cosa stava diventando ormai di dominio pubblico, impossibile da far passare in sordina. Nel 1946 era uscito un libro a New York dell’ammiraglio Ellis M. Zacharias, che aveva un lungo trascorso nella Naval Intelligence USA, dove scrive – tra le altre cose – che la US Navy aveva sempre avuto contatti “con elementi dissidenti dei più alti ranghi della Marina Italiana che consentirono numerosi azioni di successo da parte della nostra flotta”.

A rincarare la dose non si fece scrupolo nientedimeno che l’ex capo dei servizi segreti (dal 1940 al 1943) della marina italiana, Franco Maugeri, che pubblica egli stesso un libro a New York nel 1948 dal titolo “From the ashes of disgrace” (Dalle ceneri della disgrazia, mai pubblicato in italiano) come a giustificarsi, o meglio a vantarsi, di aver apertamente agito (usando, nel libro, l’eufemismo di aver “pregato”) per la sconfitta italiana. E questo avveniva subito dopo aver ricevuto, a bordo di una nave della US Navy nel porto di Genova e in forma solenne, l’altissima decorazione della “Legion of Merit”, per “la condotta eccezionalmente meritoria nell’esecuzione di altissimi servigi resi al governo degli Stati Uniti come capo dello spionaggio navale italiano, durante e dopo la seconda guerra mondiale”. Più chiaro di così.

Un piccolo giornale, l’Asso di Bastoni, diretto da un reduce di guerra scampato per puro caso ad un affondamento, Pietro Caporilli, aveva pubblicato la notizia e Maugeri, ora divenuto Capo di Stato Maggiore della Marina (appunto per i servigi resi) e appoggiato dal governo italiano, ebbe la sfrontatezza di querelare il giornale con il pretesto della diffamazione a mezzo stampa. Il giornale fu condannato sia in primo che secondo grado, con relativi e onerosi risarcimenti. Ma le sentenze di primo e secondo grado furono poi ribaltate in Cassazione, nel 1950. Nella sentenza definitiva si legge, tra l’altro: “Il collegio giudicante deve riconoscere che sussistono sufficienti prove per ritenere che il Maugeri, anche anteriormente all’8 settembre 1943 aveva intelligenza con le potenze contro le quali l’Italia era allora in guerra”. Alla fine la più alta di Corte di Giustizia italiana ebbe il merito di ammettere le cose come erano effettivamente andate.

Va anche aggiunto che Maugeri non fu certamente il solo che manifestò “aperta simpatia” alla causa alleata, “simpatia” che di fatto mandò a morte migliaia di nostri innocenti marinai. L’anglofilia era sempre stata di moda nella marina Italiana, e un alto numero (almeno settanta) dei più alti ufficiali della marina erano sposati con mogli inglesi o americane.

La lista delle incredibili – e inspiegabili – condotte dei nostri comandanti navali durante la guerra almeno fino al settembre 1943 sarebbe molto lunga, così lunga infatti che sono comparsi, soprattutto dopo la guerra, numerosi libri che hanno denunciato apertamente la condotta palesemente inspiegabile durante operazioni navali che potevano avere avuto esito molto diverso se non altro per la sostanziale parità – e spesso superiorità- dei nostri mezzi e dei nostri equipaggi.

Perché è fondamentale rimarcare che chi tradì furono i vertici, non gli equipaggi, condannati spesso a morte certa dalle navi e dai sottomarini britannici che troppo spesso erano ad attendere i nostri convogli come ad un appuntamento prefissato.

Questa sudditanza psicologica degli alti ranghi della marina italiana nei confronti degli inglesi era molto diffusa. La responsabilità di questa anglofilia è imputabile in gran parte all’Accademia di Livorno dove – come scrive lo stesso Maugeri nel suo libro – gli ufficiali venivano formati al rispetto e timore della Home Fleet, partendo dal presupposto “che in futuro noi avremmo certamente combattuto con gli inglesi, e non contro di essi”.

E’ (amaramente) curioso come la storia si stia ripetendo nel 2022, con singolari analogie. Accade infatti che un giornalista che ha pubblicato un libro inchiesta su un ex ministro del governo italiano sia oggi egli stesso querelato – per diffamazione a mezzo stampa – dal potente uomo politico. Il ministro in questione non era uno fra i tanti, ma era stato ministro di un dicastero che aveva avuto, proprio come in una guerra, potere sulla vita e la morte di tanti italiani, proprio come coloro che, come l’ammiraglio Maugeri, avevano “pregato” per la sconfitta delle forze armate italiane, per liberarci, ovviamente, da un male peggiore, il fascismo. E quel ministro è figlio di madre inglese, con un fratello nato in Inghilterra e un cugino che ha lavorato per un premier britannico, il laburista Gordon Brown. E nel libro in questione si parla dei suoi comprovati legami con la Fabian Society, una confraternita di buontemponi, noti benefattori dell’umanità, che ha casualmente adottato come proprio simbolo un lupo travestito da agnello.

Il libro querelato dal potente politico, pensato e uscito nel mezzo della pandemia, non è mai divenuto un best seller pubblicizzato da quella che si chiama ormai l’informazione mainstream, anzi è rimasto confinato alle solite cerchie di complottisti che vedono nemici dappertutto, con le solite fantasiose teorie di vaccini mortali creati in laboratorio per sfoltire l’eccesso di popolazione mondiale, roba trita e ritrita da film di fantascienza nei quali – dicono i soliti complottisti– si celano messaggi nemmeno troppo reconditi perché “qualcuno” deve comunque sempre dirci quello che ci vogliono fare.

Difficile dire come andrà – se ci sarà – il processo al temerario giornalista. Potrebbero essere utili al querelato eventuali ulteriori scoperte a carico del querelante tipo qualche onoreficenza al merito concessa all’ex ministro (magari a bordo di una nave tipo Britannia) da Klaus Schwab o Bill Gates “per la condotta eccezionalmente meritoria nell’esecuzione di altissimi servigi resi alla causa della Fabian Society e del World Economic Forum”.

Si cominciano a notare – sulla stampa mainstream in Italia e nel mondo – inviti ad una “amnistia pandemica”. Ora che le morti improvvise “senza alcuna correlazione” stanno diventando dei numeri preoccupanti si moltiplicano gli inviti a “dimenticare il clima di odio” della pandemia e “a guardare al futuro”. Se esiste un paese al mondo dove il rischio concreto che tutto finisca a tarallucci e vino quel paese è sicuramente l’Italia.

Uno storico avanzò la tesi, qualche anno fa, che l’Italia ha di fatto avuto nella sua storia almeno tre guerre civili: la prima fu il cosiddetto Brigantaggio (1860-1870), la seconda dal 1943 al 1945, la terza gli anni di piombo (anni 60-70 del Novecento).

Guardandoci indietro, non è azzardato ipotizzare che la quarta, iniziata nei primi mesi del 2020, in termini numerici ha il potenziale di essere la peggiore, ma ancora una volta registra un fattore comune con le altre guerre degli italiani: vi è sempre chi opera a favore, al soldo, e nell’interesse di potenze e potenti stranieri. Che sia un ammiraglio con la moglie inglese, un magistrato che azzera una intera classe politica, un direttore o un governatore della Banca d’Italia, un ministro della salute, o il segretario di un partito politico, potenze e potenti stranieri qui da noi trovano sempre e comunque qualcuno che serve pedissequamente i loro interessi. Niente di nuovo, lo sappiamo bene. Il popolo dei contemporanei anche questa volta manifesterà il suo stato d’animo alla solita maniera: fateci di tutto, ma fatecelo sapere dopo che ce lo avete fatto.

“e sono tanto semplici gli uomini, e tanto ubbidiscono alle necessità presenti, che colui che inganna, troverà sempre chi si lascerà ingannare”

Machiavelli, Il Principe cap.XVIII

 

1)https://www.youtube.com/watch?v=cLgdHijpaQg

1 Comment

  • Walter 2 Dicembre 2022

    Grazie. Un tristissimo grazie. Sapevo già, dopo anni e anni di studi e approfondimenti sull’accaduto. Spero solo che altri scoprano, e meditino.
    Serva Italia…

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