14 Dicembre 2024
Cultura Fantascienza

HPL poeta politico: una guida tascabile (3^ parte) – Francesco G. Manetti

Per quanto riguarda gli anni che vanno dal 1897 al 1913, presi in esame nelle prime due parti di questa nostra “guida tascabile” alla “poesia politica” di Lovecraft (individuando 10 esempi di questo “filone”), i componimenti totali (quelli che conosciamo con certezza, riorganizzati e indicizzati da S. T. Joshi) prodotti dal giovane poeta raggiungevano quota 17 – uno in media circa ogni dodici mesi.

3^ parte – Il fiume in piena: 1914-1915

Arrivati al biennio 1914-1915 vediamo che la vena poetica di HPL acquisisce quello spessore quantitativo che la caratterizzerà fino al 1920; successivamente le poesie cominceranno nuovamente a rarefarsi in virtù del crescente interesse di Lovecraft per la narrativa fantastica e per la saggistica. Nel 1915 lo scrittore definirà sé stesso metrical mechanic, comprendendo da solo che nella sua poetica era più importante la grammatica, la sintassi, la forma e la correttezza metrica che l’ispirazione artistica. Grazie al duello letterario su “Argosy” iniziato nel 1913 e alla pubblicazione nel 1914 sulla stessa rivista dei primi due libri di Ad Criticos e delle poesie Frustra Praemunitus e De Scriptore Mulieroso in risposta ai suoi “nemici”, difensori della prosa romantica di Fred Jackson (criticato anche perché, diceva HPL, nei suoi personaggi “infonde passioni delicate ed emozioni proprie dei negri o delle scimmie antropomorfe”), il poeta comincia a ritagliarsi una dimensione che travalica i confini di Providence; la “controversia” fra i lettori di “Argosy” venne cavallerescamente chiusa con i versi di The End of the Jackson War. In tale lasso di tempo HPL inizia interessarsi all’associazionismo amatoriale (dove ricoprì alte cariche) e alle vivaci pubblicazioni (come “The United Amateur”) collegate a questi “club letterari”, antesignane delle moderne fanzine; in questo periodo Lovecraft torna spesso sugli aspetti politico/sociali che più gli stavano a cuore, stimolato anche dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale, che lo vide decisamente schierato sul fronte interventista; all’inizio ammirò il coraggio bellico dei Tedeschi, ma dopo l’affondamento del “Lusitania” li considerò barbari assetati di sangue. Secondo S. T. Joshi

Gli avvenimenti politici del periodo 1914-17 offrirono numerose opportunità di sfogo per la penna polemica di HPL a proposito di razza, classi sociali e militarismo.

Prima edizione della poesia in onore del Rev. Pyke

11. To General Villa (Al Generale Villa), 1914

In questa prima breve poesia satirica rivolta con veemenza contro Pancho Villa, il rivoluzionario messicano che due anni dopo avrebbe “aggredito” gli Stati Uniti sconfinando nel New Mexico, HPL mette alla berlina il generale (definito “ladro”, “tagliagole”, “bandito”, “ladrone” e “bastardo”) per il suo sangue non puro e per il suo analfabetismo:

As a Spanish hidalgo, you cut little figure;

You’re three quarters Injun, and tainted with nigger

You can’t read a word; your own name you can’t write

But ¡Santa Maria! You know how to fight!

(Come hidalgo spagnolo, fai una brutta figura;

Sei per tre quarti indiano e mischiato coi negri;

Non sai leggere una parola; non sai scrivere il tuo nome,

Ma, Santa Maria!, sai come combattere!)

I versi erano preceduti da una beffarda dedica in spagnolo:

AL INTREPIDO SEÑOR, General Francisco Villa, Comandante del Ejercito de la Constitucion.

Secondo la critica in questa poesia siamo davanti a un’accesa satira contro un personaggio che all’epoca rappresentava l’opposto esatto del conservatorismo estremo di Lovecraft. S. T. Joshi parla di “tono moderno, addirittura colloquiale”.

12. To the Rev. James Pyke (Al rev. James Pyke), 1914

Breve componimento dedicato a un reverendo in pensione vicino di casa di HPL a Providence, che fin da ragazzo si era dilettato privatamente con versi e poemi, rifiutandosi risolutamente di pubblicarli. Lovecraft li aveva comunque sicuramente letti (in una nota alla prima pubblicazione su “The United Official Quarterly” scrisse che tutto quel materiale inedito avrebbe riempito una “decina di grossi volumi”) e vi aveva trovato una sorta di “comune sentire” aristocratico:

Lettera del Rev. Pyke a HPL

Singer sublime, your transcendental mind

Soars far above the realm of base mankind.

(Poeta sublime, la vostra mente trascendentale

Si eleva altissima sul regno della più vile umanità.)

13. Regner Lodborg’s Epicedium, 1914

Si tratta di un esperimento parzialmente incompiuto, che fu pubblicato postumo nel 1944. Come omaggio alla mitologia norrena e come ennesima tappa nel suo spirituale viaggio alle origini europee, HPL tenta di tradurre in inglese la versione latina (eseguita da Olaus Wormius nel Seicento) di un antico poema runico norvegese del XII secolo, il Krakumal; come spiega S. T. Joshi, in questo compito da filologo Lovecraft si fa “aiutare” dalla versione in prosa inglese di Hugh Blair, un accademico scozzese del ‘700. Regner Lodborg (o Ragnar Lothbrok) è l’eroe dell’epicedio, un monarca danese dell’ottavo secolo (oggi tornato in auge grazie alla serie televisiva “Vikings”).

14. The Teuton’s Battle-Song (Il canto di battaglia dei Teutoni), 1914

Introdotta da un’epigrafe in latino (i cui versi sono ancora una volta estratti dalla traduzione di Olaus Wormius del Krakumal) la poesia – ispirandosi alla mitologia norrena – intende celebrare la guerra nel senso più spirituale del termine, e il soldato moderno (il cui campione anche in senso razziale è il soldato germanico) che in combattimento si lega, attraverso gli abissi del tempo, ai suoi commilitoni passati, toccati dagli Dei. Lovecraft, in parallelo, si scaglia contro il pacifismo ipocrita e contro gli ideali di egualitarismo e di fratellanza universale:

Scultura raffigurante Regner Lodbrog

The Gods of Asgard all their pow’rs released

To rouse the dullard from his dream of peace.

Awake! Ye hypocrites, and deign to scan

the actions of your “brotherhood of Man”.

Could your shrill pipings in the race impair

The warlike impulse put by nature there?

(…)

The Gods are kindest to the strongest man!

(Gli Dei di Asgard hanno liberato tutta la loro potenza

Per scuotere l’ottuso dal suo sogno di pace.

Sveglia! Voi ipocriti, e degnatevi di analizzare

Le azioni della vostra “fratellanza dell’Uomo”.

Potrebbero i vostri striduli versi competere con

L’impulso guerresco donato dalla natura?

Gli Dei guardano con più favore all’uomo più forte!)

Riguardo al concetto di equazione fra uomo forte e uomo vincente la critica ha anche parlato di “darwinismo sociale”.

Quando HPL pubblicò questi versi nel 1916 su “The United Amateur” vi aggiunse una lunga nota esplicativa, parlando di sé in terza persona; palese è l’ammirazione per la tradizione norrena:

Lo scrittore qui tenta di tracciare un collegamento fra la spietata ferocia e l’incredibile coraggio dimostrati dal moderno soldato teutonico e l’influenza ereditaria degli antichi dei ed eroi del Nord. Nonostante l’ostinazione dei pacifisti, dobbiamo renderci conto che la nostra attuale civiltà cristiana, il prodotto di un popolo straniero, agisce solo marginalmente sul Tedesco quando è provocato e infuriato, e che nella foga del combattimento tende a tornare agli schemi mentali dei suoi progenitori adoratori di Odino, lanciandosi in quel superbo zelo guerresco che sconcertò le coorti conquistatrici di Cesare, e umiliò le orgogliose aspirazioni di Varo. Sebbene ciò appaia più apertamente nei Prussiani, i cui recenti atti di violenza vengono universalmente condannati, questo innato ardore marziale non è affatto una sua caratteristica peculiare, essendo invece un’eredità comune di ogni ramo della indomabile razza xantocroica, incluse le sue branche britannica e continentale, i cui lontani antenati furono per innumerevoli generazioni educati nei severi precetti della virile religione del Nord. Mentre possiamo giustamente deplorare l’eccessivo militarismo del Kaiser Guglielmo e dei suoi sudditi, non possiamo essere d’accordo con quegli effeminati predicatori della fratellanza universale che negano la virtù di quella forza virile che mantiene la nostra grande famiglia nordeuropea nella sua posizione di indiscusso predominio sul resto dell’umanità, e che nella sua forma più pura è oggi il baluardo della Vecchia Inghilterra. È inutile dire a un pubblico istruito che il termine “Teutone” non è in alcun modo collegato al moderno impero tedesco, ma abbraccia l’intero ceppo razziale settentrionale, inclusi gli Inglesi e i Belgi.

Nella religione del Nord, Alfadur, All-father o il Padre di Tutto, era una divinità indistinta sebbene suprema. Sotto di lui c’erano tra gli altri Woden, ovvero Odino, la divinità suprema, e il figlio maggiore di Woden, Thor, il Dio della Guerra. Asgard, cioè il Cielo, era la dimora degli Dei, mentre Midgard era la Terra, la dimora dell’Uomo. L’Arcobaleno, il ponte Bifrost, che collegava le due regioni, era custodito dal fedele guardiano Heimdall. Woden viveva nel palazzo di Valhalla, vicino al piccolo bosco di Glasir, e aveva come messaggeri sulla Terra le Valchirie, vergini armate, corazzate e a cavallo che trasportavano dalla Terra ad Asgard quegli uomini che erano caduti coraggiosamente in battaglia. Solo coloro che morivano in tal guisa potevano assaporare appieno le gioie del Paradiso. Queste gioie consistevano in banchetti alternati a combattimenti. Ai festini di Woden nel Valhalla veniva servita la carne del cinghiale Sehrimnir, che, sebbene cucinata e mangiata a ogni pasto, si rigenerava sempre il giorno successivo. Le ferite dei guerrieri ricevute nei combattimenti celesti guarivano miracolosamente alla fine di ogni scontro.

Ma questo Paradiso non era destinato a durare per sempre. Un giorno sarebbe giunto il Ragnarok, detto il Crepuscolo degli Dei, quando tutta la creazione sarebbe stata distrutta e tutti gli Dei e gli uomini salvo Alfadur sarebbero periti. Surtur, dopo aver ucciso l’ultimo di questi Dei, avrebbe dato fuoco al Mondo. In seguito il supremo Alfadur avrebbe creato una nuova Terra o Paradiso, generando di nuovo gli Dei e gli uomini e dando loro eterna Pace e Abbondanza.

15. 1914, 1915

Il titolo della poesia, che fu composta è pubblicata nel marzo 1915, fa riferimento all’anno d’inizio della Prima Guerra Mondiale, ed è un’ode piuttosto stereotipata alla potenza imperiale dell’Inghilterra (che HPL incorona Britannia) e al sangue degli Inglesi, degli Irlandesi, degli Scozzesi e dei Gallesi – gli abitanti del Regno Unito – nuovamente affratellati in virtù dell’evento bellico. Lovecraft profetizza la vittoria dell’Inghlterra sulla Germania partendo da basi razziali. Infatti…

What race can boast a better, brave strain

Than noble Norman, Saxon, Jute, and Dane?

(Quale razza può vantare un migliore e più baldo retaggio

Dei nobili Normanni, Sassoni, Juti e Danesi?)

La vittoria non è messa in discussione perché l’Impero britannico è “l’immortale erede di Roma”.

Come accennato Lovecraft era un interventista e sulla stampa amatoriale firmò svariati articoli che stigmatizzavano la neutralità degli Stati Uniti (che entrarono formalmente in guerra solo nell’aprile 1917). Secondo S. T. Joshi (An H. P. Lovecraft Encyclopedia), HPL

asseriva che la guerra fosse una vergognosa battaglia tra “fratelli di sangue” – i Britannici e i Tedeschi, i due grandi rami della razza teutonica – e che ciò avrebbe potuto portare alla “auto-decimazione di una delle più potenti branche dell’umanità, dalla quale dipende il futuro benessere di tutto il mondo”.

16. The Simple Speller’s Tale (Il racconto dello “scrittore semplificato”), 1915

Poesia inneggiante alla purezza dell’inglese classico da usarsi in tutte le pubblicazioni a mezzo stampa, indirizzata contro il critico letterario americano Brander Matthews, sostenitore invece di una riforma radicale del linguaggio scritto che secondo la sua opinione avrebbe dovuto ricalcare più da vicino quello parlato.

In saggistica HPL intervenne più volte contro la moda dell’inglese scritto semplificato (paragonandolo a un “vizio”, a una “malattia”) che all’epoca sembrava prendere sempre più campo in America. Lovecraft si sentiva più Inglese/Europeo che Americano e in poesia e in prosa si attenne sempre a uno stile (anche troppo) “ricercato”, “ottocentesco”, persino “settecentesco”. Nell’articolo The Simple Spelling Mania, pubblicato su “The United Co-operative” n. 1 del dicembre 1918, HPL tratteggiava una breve storia delle distorsioni letterarie dell’inglese originario, e scriveva:

Con l’unica possibile eccezione dello “slang” e del “verse libre”, il più dannoso crimine letterario di questa epoca caotica è la tentata distruzione dell’inglese standard da parte dei fanatici cosiddetti riformisti. (…) Mentre alcuni di loro non sono entrati in uno stadio troppo avanzato della malattia – limitandosi a scrivere “thru”, “tho” e “thoro” per “attraverso”, “sebbene” e “accurato” – altri mostrano sintomi più seri, e sono inclini a commettere i peggiori eccessi di perversa ortografia.

Prima edizione di “The Crime of Crimes”.

17. On Slang (Sul gergo), 1915

Nuovo attacco in versi in difesa dell’Inglese “standard” contro la dilagante mania dell’inglese colloquiale nelle pubblicazioni – soprattutto in quelle del “giornalismo amatoriale”, nelle quali HPL militava: la quartina fu infatti pubblicata su “Conservative” n. 1, senza titolo (On Slang le è stato attribuito da S. T. Joshi nelle varie raccolte da lui curate).

18. The Crime of Crimes (Il crimine dei crimini), 1915

Pomposa invettiva in versi (scritta di getto in sole due ore, come HPL stesso confessò in una lettera al suo corrispondente Arthur Harris) contro i Tedeschi responsabili, mediante siluro lanciato da un sommergibile, dell’affondamento della nave postale britannica RMS “Lusitania” il 7 maggio 1915, disastro nel quale morirono 128 americani su un totale di oltre 1.200 vittime di varie nazionalità. Lovecraft, come sappiamo, ebbe sempre posizioni nettamente interventiste, nonostante considerasse la Grande Guerra un deprecabile scontro tra “fratelli di sangue” della stessa “razza teutonica” – gli Inglesi e i Germanici; secondo lui gli USA non potevano fare a meno di schierarsi militarmente a fianco della Madre Inghilterra sui campi di battaglia europei. The Crime of Crimes fu la prima di una lunga serie di poesie (interventiste o meno) sulla Prima Guerra Mondiale. Il Tedesco, pur essendo “razzialmente accomunato” al Britannico, veniva qui attaccato da HPL con ogni genere di epiteto: bestial Prussian, Prussian wolf, thrice cursed Goth, rabid wolf, Prussian madness, serpent, etc.

Giornale d’epoca con la notizia dell’affondamento del Lusitania

19. Ye Ballade of Patrick von Flynn (La ballata di Patrick von Flynn), 1915

Il sottotitolo non lascia adito a dubbi: The Hibernio-German-American England-Hater (ovvero L’Iberno-Germano-Americano che odia l’Inghilterra). Ancora una poesia anti-germanica dalle forti tinte anti-irlandesi partorita in tempo di guerra; è scritta in inglese volutamente scorretto, creando una beffarda imitazione della pronuncia irlandese. Abbiamo già visto nel poema satirico Providence in 2000 A.D. che Lovecraft non aveva molto in simpatia i “figli di Erin” immigrati nel New England; adesso HPL inventa il personaggio di Patrick von Flynn, un americano di origini irlandesi (con il patronimico teutonico) che, odiando più di ogni altra cosa gli Inglesi, sposa la causa della neutralità sostenuta negli Stati Uniti dalla vasta comunità germanica (e da un enorme fetta di pacifisti di ogni estrazione). E dunque, partecipando a una riunione di Tedeschi inneggianti all’Impero e alla neutralità degli USA, questo strano irlandese si fa trasportare dalla bellicosa atmosfera di festa:

Oi grew so pathriotic thot I tuk me hat in hand

An’ shouted “Hoch der Kaiser, und das dear ould Vaterland!”

(Mi salì così tanto il patriottismo che pigliai in mano il berretto

E gridai: “Hoch der Kaiser, und das cara vecchia Vaterland!”)

Cadono dunque le ultime barriere “culturali” fra i due popoli accomunati dall’astio mortale verso l’Inghilterra:

Thin all began to fraternise; McNulty and von Bohn –

O’Donovan and Munsterberg, von Bulow an’ Malone.

In Bacchic bonds our pact we seal’d; in harmony serayne

We sang at once “Die Wacht am Rhein” an’ “Wearin’ av the Grane”.

(Eppoi tutti cominciarono a fraternizzare; McNulty e von Bohn .

O’Donovan e Munsterberg, von Bulow e Malone.

Sigillammo il nostro patto con vincoli bacchici; in sereena armonia

Cantammo all’unisono “Die Wacht am Rhein” e “The Wearing of the Green”)

Questo nuovo patto viene dunque suggellato con grandi bevute alcooliche (HPL non cita a caso i Baccanali) con la rievocazione di importanti inni patriottici – quello irlandese molto triste, a dire il vero, perché nel testo della canzone si ricordano i tempi in cui la gente dell’isola di Éire veniva impiccata dagli Inglesi solo per aver “indossato abiti verdi”.

In chiusura non c’è quasi più differenza fra i tedeschi e questo nuovo irlandese ibrido “germanizzato”:

Me whiskey-mellow’d Oirish voice burst forth in Prussian tones!

Oi felt a shtrange sinsation, and in fancy seem’d to see

Instad of dear ould Shannon’s banks, the gently rippling Spree —

No, not the Spree ye think Oi mane, but that which softly flows

Through glorious Deutschland’s grassy leas, where warr an’ kultur grows.

Ochone! Ochone! Where am Oi now? What conflict am Oi in?

Do Oi belong in Dublin town or back in Ould Berlin?

A week ago me son was borrn; his christ’nin’s not far off;

Oi wonther will I call him Mike, or Friedrich Wilhelm Hoff?

(La mi’voce irlandese addolcita dal whisky esplose con accenti prussiani!

Sentii una shtrana sinsazione, e fantasticando mi parve di vedere

Invece che le sponde del caro vecchio Shannon, la Spree gentilmente increspata –

No, non la “spree” nel senso di baldoria, ma quella che scorre tranquilla

Attraverso i verdi prati della gloriosa Deutschland, dove fioriscono guerra e kultur.

Ohimé! Ohimé! Dove mi trovo ora? Qual conflitto mi dilania?

Appartengo alla città di Dublino o alla vecchia Berlino?

Una settimana fa l’è nato il mi’figliolo; manca poco al suo battesimo;

Chissà se dovrò chiamarlo Mike oppure Friedrich Wilhelm Hoff?)

Il nome tedesco finale è un “omaggio” al Kaiser Guglielmo II. Ma nella poesia Lovecraft si riferiva a tutti gli Irlandesi? Parrebbe proprio di no, se leggiamo quanto scrisse su “The United Amateur” nel settembre 1916:

“Ye Ballade of Patrick von Flynn” è una rappresentazione satirica di quegli agitatori pseudo-irlandesi da due soldi che odiano l’Inghilterra e che da questa parte dell’Atlantico si sono fatti così rumorosamente sentire in modo offensivo da quando la guerra è iniziata in Europa, e soprattutto dopo le ultime rivolte a Dublino. Questa gente, che non rappresenta e getta nel discredito il leale popolo irlandese, merita ben poca tolleranza da parte degli Americani. I suoi membri balbettano come bambini di “violazioni della neutralità” ogni qualvolta che un vero Americano osa spendere una parola a favore della Madre Patria; e invece sono loro a violare continuamente la neutralità, con i loro goffi tentativi di usare gli Stati Uniti come grimaldello contro l’Inghilterra. I propagandisti tedeschi, quelli veri, almeno hanno la scusa del patriottismo verso la loro razza e la loro “Vaterland”, ma questi Ibernici ibridi – che non sono né buoni Irlandesi, né buoni Americani – non hanno nessuna scusa quando cercano di sovvertire le istituzioni del paese che sta dando loro protezione e mezzi di sussistenza.

Eppure HPL coglie involontariamente nel segno quando scrive (al verso 21)…

There’s somethin’ in the Oirish hearrt thot niver bows to rules.

(C’è qualcosa nel cuorre irlandese che non vuole piegarsi alle regole.)

…se per “regole” si intendono le criminali imposizioni britanniche patite da un popolo fiero.

20. The Isaacsonio-Mortoniad (La Isaacsonio-Mortoniade), 1915

Introdotta da una parodia dell’incipit dell’Eneide di Virgilio (Arma Virusque Cano, invece che Arma Virumque Cano) si tratta di una lunga e pungente poesia satirica che – se Lovecraft avesse deciso di pubblicarla invece di renderla nota solo in una ristrettissima cerchia amicale – sarebbe dovuta diventare il momento clou di una diatriba letteraria fra l’uomo di Providence da una parte e Charles D. Isaacson e James F. Morton dall’altra. HPL aveva il “dente avvelenato” contro Isaacson che scriveva sulla sua rivista amatoriale “In a Minor Key” in difesa di Walt Whitman (non amato dal Lovecraft) e dei suoi appelli alla tolleranza razziale, in special modo nei confronti degli ex-schiavi africani; i due trovarono il modo di scontrarsi anche sul film The Birth of a Nation di Griffith che Isaacson stroncò impietosamente; Lovecraft, che aveva letto solo il romanzo dalla quale la pellicola era stata tratta (The Clansman, 1905), ma che si riprometteva di andarlo a vedere al cinema, rispose difendendo addirittura il Ku Klux Klan, da lui definito

Scritto di Isaacson contro HPL

quella nobile ma spesso ingiustamente criminalizzata congrega di Sudisti che salvò metà del nostro Paese dalla distruzione alla fine della Guerra Civile.

In quanto al Nero americano, HPL disse che era

biologicamente inferiore a ogni esponente della razza Bianca e persino di quella Mongolide e che alla gente del Nord andava sempre ricordato il pericolo che corre ammettendolo troppo liberamente ai privilegi politici della società e del governo.

Secondo l’ebreo Isaacson, che stigmatizzava quanto Lovecraft scriveva su “Conservative”, il Nostro era non solo violentemente e ipocritamente antisemita ma pure…

Contrario alla libertà di parola. Contrario alla libertà di pensiero. Contrario alla libertà di stampa. Contrario a ogni tolleranza riguardo al colore della pelle, al credo religioso e all’uguaglianza. Favorevole alla monarchia.

Morton, dal canto suo, non ci andò leggero contro HPL, usando argomenti ancora oggi usati nei templi della correttezza politica:

In quanto nemico della democrazia, il sig. Lovecraft sostiene che una normale casualità di nascita dovrebbe determinare per tutta la vita lo status sociale di un individuo; sostiene che il colore della pelle dovrebbe contare più che la qualità del cervello o del carattere.

Qualche tempo dopo la stesura del manoscritto HPL sarebbe diventato amico intimo di Morton (che nel 1915, pur criticandolo, vide in lui uno scrittore “potente” e dallo “stile vigoroso”) e decise dunque di “nascondere nel cassetto” il poema; questi versi furono perciò pubblicati per la prima volta solo nel 1984.

I toni di Lovecraft – che rimproverò Isaacson (definito the brave Semite) di essere a favore della libertà di parola per tutti ma non per chi aveva idee diverse dalla sua – erano piuttosto accesi:

Manoscritto originale della “Isaacson-Mortoniad”.

All men are equal! Let us have no kings!”

(How tritely thus the well-worn sentence rings.)

All races are alike! Despite their hues

Raise hook-nos’d octaroons, and woolly Jews!

Let Afric ape with Aryan combine,

And sink the white man in a mongrel line!”

(“Tutti gli uomini sono uguali! Che non ci siano più re!”

– Come suona scontata questa logora affermazione –

Tutte le razze sono pari! Il colore non conta

Viva quei meticci dal naso adunco, i contorti e riccioluti Ebrei!

Che la scimmia d’Africa si incroci con l’Ariano

E sprofondi l’uomo bianco in una discendenza bastarda!”)

21. Gems from “In a Minor Key” (Perle da “In a Minor Key”), 1915

HPL ritorna sulla Grande Guerra dileggiando coloro che all’epoca – come gli autori pacifisti, progressisti e democratici di “In a Minor Key” – erano contrari all’intervento degli Stati Uniti nel conflitto. Lovecraft se la prende soprattutto con il “solito” Charles D. Isaacson (fondatore della rivista amatoriale) che aveva incluso i Tedeschi nel novero dei “popoli oppressi” e aveva detto a chiare lettere: “Non combatteremo. Non marceremo in guerra”.

22. The State of Poetry (Lo stato della poesia), 1915

Lovecraft, appellandosi all’antichità classica, con citazioni da Ovidio, torna sull’argomento dell’Inglese “standard” grammaticalmente e ortograficamente corretto “tradito” dagli scrittori e poeti contemporanei, mettendo nero su bianco esempi di false rime nate da pronunce sbagliate: “gain” e “name”, “real” e “reel”, “poem” e “pome”, “grass” e “bask”, etc.

Nel XX secolo, sentenzia HPL

Form is an error, elegance a crime,

To him who courts the plaudits of the time.

Ablest is he who can in rhyming reach

The lofty coarseness of a Cockney’s speech.

No name we give to yon degen’rate swine

That apes the filthy Whitman’s vulgar line.

(La forma è un errore, l’eleganza un crimine,

per colui che brama gli applausi al giorno d’oggi.

Il più abile è colui che nelle rime riesce a conquistare

Le vette di grossolanità della parlata Cockney.

Per tacere di quel maiale degenerato

Che scimmiotta i versi volgari di Whitman lo sporcaccione.)

Prima edizione di “The state of poetry”.

In questo periodo echi del mondo classico – con citazioni dalla poesia latina e riferimenti a Bacco, a Dioniso, a Sileno, ad Anacreonte, a Diana, a Cupido, all’Olimpo, alle Muse, etc. – si rintracciano in numerosi altri componimenti, come in The Power of Wine: A Satire, un poemetto moralistico contro l’abuso del vino e degli alcolici in genere (dei quali, secondo il morigerato HPL, erano schiavi gli immigrati); in Gryphus in Asinum Mutatus, una satira (ispirata alle Metamorfosi di Ovidio) contro un articolo di W. E. Griffin, il quale aveva asserito che i giornalisti amatoriali fossero un branco di perdigiorno; in To “The Scribblers”, versi indirizzati a un club di poeti amatoriali; in Unda, una satira sulla poesia romantica; in On the Cowboys of the West, un panegirico dei mandriani dell’Ovest americano, paragonati a creature semi-divine che, secondo HPL, “incarnano lo spirito degli adoratori della Natura nell’antichità classica”; in To Samuel Loveman Esquire, in cui Lovecraft sottolinea la purezza della scrittura nelle opere di S. Loveman, che più tardi sarebbe diventato uno dei suoi migliori amici; in To the Recipient of this Volume, breve poesia dedicatoria indirizzata a un corrispondente di HPL, Ira Cole; etc.

Francesco G. Manetti

(fine 3^ parte)

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