2 Luglio 2025
Fantascienza Fumetto d'Autore

FASCISMO & FUMETTO: VIRUS, IL MAGO DELLA FORESTA MORTA (seconda parte) di Francesco G. Manetti

Nella prima parte della nostra “guida alla lettura” di Virus, il mago della Foresta Morta avevo tratteggiato un ritratto molto veloce degli autori – lo sceneggiatore Federico Pedrocchi e il disegnatore Walter Molino – con un’introduzione sul personaggio, classica figura letteraria dello scienziato pazzo. Iniziando l’analisi della storia avevo introdotto i due protagonisti “buoni” della saga, l’aviatore Roberto Sanni e il giovanissimo nipote Piero, che avevamo visti bloccati con il loro aereo durante un’esplorazione nel tetro paesaggio ambientale di Virus (non a caso il suo nome, più che alla moderna microbiologia, rimanda al termine latino per “veleno”, e infatti ammorba tutto quello con cui viene a contatto), mentre il folle dottore emergeva dal terreno come una “talpa tecnologica”, nella prima, breve sequenza dell’avventura…

Virus (episodio 4)

Seconda sequenza: episodi 4/9

La prima vignetta del quarto episodio ci mostra più da vicino il perfido Virus, con inquadratura a “piano americano”, tagliata alla vita: occhialuto; magrissimo, quasi scheletrico; mani adunche; volto da mummia rinsecchita; labbra ritirate su denti radi e sporgenti; pochi capelli ispidi e scuri (che, stranamente, negli episodi successivi, li vedremo molto più folti, ben pettinati e quasi bianchi, e persino i tratti del viso si “addolciranno” un po’). Per sfuggire dalla trappola delle sabbie mobili dov’è precipitato il loro velivolo, Roberto e Piero smontano le ali e le usano, spostandole alternativamente una davanti all’altra, come tavole dalla larga superficie per superare lentamente il “fluido non-newtoniano” della palude. Le ultime due vignette riservano al lettore un nuovo colpo di scena fantascientifico, dopo l’apparizione della torretta telescopica di Virus alla fine del terzo episodio. La tecnologia maligna prende stavolta corpo in una sorta di gigantesco “rocchetto” metallico, di diametro apparente intorno ai due metri, che vola attraverso gli alberi tessendo una fitta tela di ragno sintetica, impenetrabile agli uomini…

…ma non a Virus!

La ragnatela sintetica (episodio 5)

All’interno della ragnatela artificiale tessuta dal marchingegno nella Foresta Morta (quinto episodio) i due eroi sono alla mercé del folle. Apparentemente usando quello che nella fantascienza degli anni successivi verrà chiamato “teletrasporto”, Virus si materializza dentro la rete, dissolvendosi interamente o parzialmente oppure moltiplicandosi a piacimento. In realtà, dalla narrazione, qui ancora non è chiaro se si tratta solo di immagini teletrasmesse oppure anche di materia corporea. I proiettili non hanno effetto perché Virus (o il suo simulacro) può in un attimo assumere la consistenza dello spettro – un vero e proprio “demonio”, come lo definisce Roberto che svuota inutilmente il caricatore della sua pistola automatica. Inizia già ora la “trasformazione grafica” dello scienziato, che qui ha un aspetto molto simile a quello del vampiro cinematografico.

Con il sesto episodio osserviamo un mutamento di panorama: dalla superficie della Foresta Morta, grazie al teletrasporto di Virus che può coinvolgere anche altre persone semplicemente toccandole quando viene azionato (si tratta dunque di un teletrasporto di materia, anche se per il momento è ancora ignoto come realmente funzioni), Pedrocchi trasferisce la narrazione nel rifugio sotterraneo dello scienziato. Il cambio di scena viene indicato da una vignetta muta che fa da “cerniera” narrativa, una panoramica dell’edificio con l’antenna che avevamo visto nel secondo episodio. Tale antenna, che emette raggi a forma di fulmine, è indubbiamente il mezzo attraverso il quale viene eseguito il teletrasporto, che, a quanto pare, dovrebbe funzionare esattamente come quello della saga televisiva/cinematografica di “Star Trek”: i corpi vengono trasformati in energia, trasmessi a distanza verso un luogo a piacimento, e poi ricomposti – tutto questo alla velocità della luce. Il covo di Virus è interamente metallico, del tutto innaturale, asettico: pareti, soffitti e pavimenti tirati a lucido; il “mago della Foresta Morta” siede a un pannello di comandi; alle sue spalle forse un mantice per garantire il ricambio d’aria dell’impianto. Riappare Tirmud, e con aspetto molto losco accenna ai “nuovi dissolvitori” da testare su Roberto e Piero.

Il teletrasporto e il laboratorio sotterraneo (episodio 6)

Il viaggio dei due aviatori con il servo di Virus (settimo episodio) rimanda per analogia al Voyage au centre de la Terre di Jules Verne soltanto che qui non si penetra attraverso strati rocciosi: il lavoro di antropizzazione è già stato fatto: pozzi, gallerie e corridoi sono stati tutti ricoperti di metallo fino a duecento metri di profondità. Un compito sicuramente immane che avrà impegnato per chissà quanto tempo chissà quale esercito di schiavi – o forse è frutto solo di macchinari: Pedrocchi non lo spiega, preferendo lasciare intorno alle sue creature e alle loro azioni un perturbante alone di mistero. Il tragitto non viene compiuto a piedi, ma grazie ad ascensori e veicoli elettrici su monorotaia. Quello di Virus è l’incubo della città del futuro, una versione sotterranea della Metropolis immaginata da Fritz Lang nel suo film del 1927.

Con l’ottavo episodio vediamo, come avevo anticipato, un Virus più canuto e più “in carne”; l’aspetto del volto viene più curato da Molino, forse a causa della necessità di mostrarlo, su indicazione dello sceneggiatore, in primi piani o piani americani. Mentre Piero attende chiuso in una cella, Roberto viene legato a un tavolo operatorio (rimando più cinematografico che letterario a Frankenstein) e sottoposto a prelievi del sangue, a prove della pressione e ad analisi sul cervello. Il lettore viene così a conoscenza, grazie alle parole di Tirmud, che i suo livelli biologici segnano “A-K-Z 220”.

Roberto riappare come un fantasma alla fattoria di Berter (episodio 9)

La seconda sequenza di Virus, il mago della Foresta Morta termina con il nono episodio. Ogni esperimento sul fisico di Roberto conferma questo misterioso livello “A-K 220” (il fatto che nell’episodio precedente si parlasse di “A-K-Z 220” doveva essere stato un errore dello sceneggiatore o forse, molto più probabilmente, del letterista): il soggetto è proprio quello che occorre a Virus, sollevato dallo scampato pericolo di averlo quasi lasciato morire nelle sabbie mobili. Con questo episodio viene anche spiegato meglio come funziona il “teletraporto” ideato dallo scienziato folle: un apparecchiatura registra i “suoni emessi dal fisico” di Roberto su dischi del tutto simili a quelli fonografici, suoni che possono essere emessi a distanza ricreando il corpo del soggetto (l’iniziale ipotesi “alla Star Trek” va dunque a farsi benedire); in aggiunta Virus, tramite elmetti cablati posti sulle teste, può sostituire la sua volontà a quella della malcapitata cavia. Con un nuovo cambio di scena, un Roberto così assoggettato da Virus scompare dal laboratorio sotterraneo per ricomparire immediatamente nella fattoria di Berter, dove i famigliari del fattore credono di assistere a una manifestazione soprannaturale; il fantasma dell’aviatore tragicamente scomparso con il nipotino nella Foresta Morta.

(fine 2a parte)

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