3 Ottobre 2024
Storia

Corsica e Italia 2^ parte – Luca Cancelliere

“CORSICA E ITALIA” – Parte IV – Risveglio corso e irredentismo filo-italiano (1918-1945).

Tra la fine del secolo XIX e il primo dopoguerra si assistette alla riscoperta culturale dell’identità corsa, con riviste la prima delle quali fu“A Tramuntana” (1896) fondata da Santu Casanova. La rivendicazione della lingua e dell’identità corsa si univa al riconoscimento dell’appartenenza della Corsica alla sfera culturale e linguistica italiana, secondo l’antico adagio corso: “Da Capi Corsu à Bonifaziu, aria di Roma è mare di u Laziu”. Lo stesso Santu Casanova, iniziatore del risveglio corso nel 1896, quarant’anni dopo avrebbe aderito all’irredentismo filo-italiano con un telegramma inviato a Mussolini il 29 ottobre 1936: “In questo giorno, 29 ottobre dell’anno XV, nel quale lascio per sempre la mia Corsica natìa, e proprio quando sbarco a Livorno, patria amata di Costanzo e Galeazzo Ciano e di tanti eroi, mi pare di rinascere e di riprendere forze come Anteo al contatto con la Terra che fu la culla dei nostri antenati e rimane per noi còrsi la vera patria; io, dunque, in questo giorno di luce e di bellezza, Vi porgo con amore e rispetto, o Duce immortale, il mio saluto fraterno. Vogliate gradirlo come l’omaggio della nostra Corsica, sorella italiana purissima. A noi!”. Nel 1919 vide la luce il giornale “A Muvra”, fondato da Petru Rocca. Dal gruppo animatore della rivista prenderà corpo il “Partitu Corsu d’Azione”, fondato nel 1922 sull’esempio del coevo Partito Sardo D’Azione. In questo periodo ci fu una fioritura di opere poetiche e letterarie in corso, tra cui il primo romanzo in corso, “Terra Corsa”, scritto nel 1924 da marco Angeli. Nel 1927 il partito si trasformò in “Partitu Autonomista Corsu” e sciolto nel 1939 in ragione della sua collaborazione con il regime fascista italiano. Contemporaneamente l’ascesa del Fascismo in Italia, infatti, aveva sviluppato una corrente filo-italiana esplicitamente irredentista. Nel 1933 nacquero a Pavia i “Gruppi di Cultura Corsa”(GCC), fondati dallo studente corso Petru Giovacchini, già fondatore nel 1927 della rivista corsa filo-italiana “Primavera”. I GCC successivamente furono trasformati in “Gruppi di Azione Irredentista Corsa” (GAIC). Molti patrioti e intellettuali corsi (Petru Giovacchini, Marco Angeli, Bertino Poli, Domenico Carlotti, Petru Rocca, Pier Luigi Marchetti) scelsero di emigrare nell’Italia fascista, nella quale videro la luce riviste e pubblicazioni dedicate alla Corsica: “Atlante Linguistico Etnografico Italiano della Corsica”, “Archivio Storico di Corsica”, “Corsica Antica e Moderna”. Gioacchino Volpe, uno dei massimi storici italiani del Novecento e fondatore del sopra citato“Archivio storico di Corsica”, pubblicò nel 1939 a Milano la “Storia della Corsica italiana”, che ancora oggi è una delle più importanti opere storiografiche dedicate all’isola. Del resto già dal 1923 il quotidiano livornese “Il Telegrafo” pubblicava un’edizione per la Corsica. L’occupazione militare italiana durante la Seconda Guerra Mondiale, avvenuta nel novembre 1942 nell’ambito della c.d. “Operazione Anton” di occupazione italo-tedesca dei territori soggetti al governo di Vichy, fu pacificamente accettata dai Corsi che accolsero gli Italiani come liberatori. I“Gruppi di azione irredentista corsa” l’appoggiarono apertamente, chiedendo l’unione della Corsica al Regno d’Italia. Dopo l’8 settembre 1943, molti militari italiani appoggiarono in modo determinante la resistenza corsa, riportando 700 caduti nelle loro fila e contribuendo alla cacciata delle truppe germaniche dall’isola. Dopo la guerra, la Francia condannò a morte sette irredentisti filo-italiani, tra cui Petru Giovacchini, che sfuggì all’esecuzione della pena trovandosi in Italia. Petru Rocca fu condannato a 15 di lavori forzati. Simon Cristofini fu fucilato ad Algeri nel 1944 e sua moglie Marta Renucci, prima giornalista donna corsa, fu condannata a 15 anni di detenzione.

 

“CORSICA E ITALIA” – Parte V – Il nazionalismo corso dopo il 1945.

Nel secondo dopoguerra le autorità francesi in Corsica dispiegarono una forte propaganda contro ogni forma di irredentismo filo-italiano, di autonomismo corso, di rivendicazione del legame culturale e linguistico tra Italia e Corsica e dell’uso dell’italiano e del corso nell’isola. La derubricazione strumentale e intellettualmente disonesta dell’identitarismo corso tra le due guerre a una forma di collaborazionismo filo-fascista ebbe l’effetto di porre fine a ogni forma di irredentismo filo-italiano e di rivendicazione dell’uso della lingua italiana in Corsica, ma le vicende accadute degli anni ’60 in poi fecero fallire completamente il progetto di integrale francesizzazione dell’isola. Nel 1957 due società a capitale misto statale e privato, la SOMIVAC (“Société d’économie mixte pour la mise en valeur de la Corse”) e la SETCO (“Société pour l’équipement touristique de la Corse”). Quest’ultima fu un sostanziale insuccesso. La SOMIVAC, invece, destinò il 90% dei propri terreni agricoli destinati alla viticoltura ai c.d. “Pieds-Noirs”, originariamente promessi ai Corsi, ai profughi francesi rimpatriati dall’Algeria indipendente. L’arrivo di circa 15.000 “Pieds-Noirs” – spesso con braccianti maghrebini al seguito – nell’isola fu visto dai Corsi come una misura coloniale della Francia e unitamente alle discriminazioni perpetrate a sfavore dei Corsi da parte della SOMIVAC, generarono una forte reazione da parte della popolazione autoctona. Nel 1968 videro così la luce, come reazione ai fatti sopra riportati,  il FRC (“Fronte regionalista corso”) e l’ARC (“Azione Regionalista Corsa”, poi “Azione per la rinascita della Corsica”). Il 18 agosto 1975 Edmondu Simeoni(ARC) occupò con 21 persone l’impresa agricola di un “Pied-Noir”, provocando l’intervento delle forze speciali francesi, lo scioglimento dell’ARC (29 agosto 1975) e gravi incidenti di piazza a Bastia, con un gendarme ucciso e carri armati per strada. Nel 1976 nacque, dalla fusione tra “Fronte PaesanuCorsu d i Liberazione” e “Ghjustizia Paolina”, il FNLC (“Fronte di Liberazione Naziunale Corsu”, dedito ad atti di resistenza armata contro il governo francese per molti anni e dotato di un proprio braccio politico legale (“Cuncolta Nazionalista”) dal 1987. Nel 1977 Edmondu Simeoni fondò la “Unione di u Populu Corsu”. I nazionalisti corsi avevano intanto presentato una serie di rivendicazioni tra cui il riconoscimento della lingua corsa e l’introduzione del bilinguismo, la riapertura dell’Università di Corte, fondata da Pasquale Paoli e chiusa con la conquista francese della Corsica, la tutela dell’ambiente e la lotta alla cementificazione selvaggia. Il governo francese, in risposta alle rivendicazioni corse, dispose già dal 1972 la creazione del Parco Naturale Regionale della Corsica (che copre il 40% circa della superficie dell’isola) e riaprì nel 1981 l’Università di Corte. Nel 1975 la Corsica, fino ad allora appartenente alla Regione “Provence-Alpes-Côte d’Azur”, fu elevata a 22° Regione della Repubblica Francese. Sempre nel 1975 l’unico Dipartimento corso fu diviso nei due attuali Dipartimenti di Ajaccio e Bastia, corrispondenti alle regioni storiche del “Pumonte” e del “Cismonte”, come nel periodo 1793-1811.  Nel 1982 fu concesso il nuovo Statuto Regionale. Dagli anni ’90, nonostante sporadici eventi di lotta armata (come l’assassinio del prefetto Claude Erignac il 6 febbraio 1998 ad Ajaccio), i nazionalisti corsi cominciarono a mietere successi elettorali di notevole portata. “Corsica nazione”, sorta nel 1992 dalla fusione di vari movimenti nazionalisti corsi e guidata da Jen-Guy Talamoni, ottenne nello stesso anno il 20% dei consensi alle elezioni per l’Assemblea regionale Corsa.“Corsica Libera”, sorta il 1° febbraio 2009 dalla confluenza di “Corsica Nazione” con “Accolta naziunale corsa” dell’ex consigliere regionale Pierre Poggioli, sotto la guida di Jen-Guy Talamoni e portatrice di un programma nazionalista radicale (cioè indipendentista), ottenne nel 2010 il 9,85% dei consensi e 4 seggi al secondo turno delle elezioni per l’Assemblea Regionale Corsa. “Femu a Corsica”, coalizione “nazionalista moderata” (cioè autonomista) guidata da Gilles Simeoni (figlio di Edmondu, avvocato e sindaco di Bastia dal 2014) et Jean-Christophe Angelini (segretario del “Partitu di a Nazione Corsa”, fondato nel 2002 dalla fusione della “Unione di u Populu Corsu” con altri due movimenti) ottenne nel 2010 il 25,89 % dei consensi e 11 seggi al secondo turno delle elezioni per l’Assemblea Regionale Corsa. Maggiore autonomia fu concessa alla Regione con la sua elevazione nel 1991 a “Collectivité territoriale de la Republique”, dotata di un Consiglio Esecutivo con il proprio Presidente e di un’Assemblea, entrambe con sede ad Ajaccio, e con la Legge sulla Corsica del 2002. Il referendum per l’ampliamento dell’autonomia regionale con la soppressione dei due Dipartimenti e il trasferimento delle loro funzioni alla “Collectivité territoriale” di Corsica fu respinto nel 2003, a causa dell’opposizione dei gollisti fedeli al tradizionale centralismo francese e di una parte dei nazionalisti corsi, timorosi che tale parziale e insoddisfacente concessione avrebbe indebolito le istanze di autogoverno dell’isola.

 

“CORSICA E ITALIA” – Parte VI – La Corsica nel XXI secolo.

La Corsica di oggi è scarsamente popolata (poco più di 300.000 abitanti totali, 35 per kmq), di cui 26.000 cittadini stranieri (8% della popolazione, più della metà dei quali maghrebini). L’isola sconta una spiccata marginalità economica, territoriale e culturale rispetto al resto dello Stato Francese, cui appartiene da quasi 250 anni.  Dal punto di vista economico, la Corsica è ultima in Francia sia per PIL totale che per PIL medio per abitante (inferiore di oltre un quinto –  20.000 Euro contro quasi 26.000 Euro – rispetto alla media francese). Il tasso di disoccupazione è ben più elevato della media nazionale (16% contro 12%). I settori economici prevalenti sono l’agricoltura, l’allevamento e il turismo, mentre le uniche industrie di esportazione sono la birra e la componentistica aeronautica. I collegamenti stradali e ferroviari interni sono pessimi (la ferrovia Porto Vecchio-Bastia è stata addirittura soppressa, per cui gli unici collegamenti su rotaia sono quelli tra Ajaccio, Bastia e Calvi), mentre i collegamenti aerei (sei aeroporti civili) e navali (principalmente da Ajaccio, Bastia, Isola Rossa e Bonifacio verso i porti francesi di Marsiglia, Nizza e Tolone e i porti italiani di Savona, Porto Torres, Livorno e Santa Teresa di Gallura) sono più frequenti nella stagione turistica. In Corsica esiste anche l’aeroporto militare di Solenzara, base strategicamente molto importante per la presenza dei cacciabombardieri dell’aviazione militare francese, oltre che numerosi poligoni di esercitazione nel resto dell’isola. La principale differenza tra Corsica e Francia rimane però la profonda alterità linguistica e culturale della prima rispetto alla seconda, solo in parte colmata da quasi 250 anni di francesizzazione forzata. L’autonomia regionale, che pur tra tante difficoltà è stata faticosamente e progressivamente ampliata con le riforme del 1975, del 1982, del 1991 e del 2002, è la cornice indispensabile per il recupero dell’identità corsa, che passa necessariamente attraverso l’ufficializzazione della lingua autoctona dell’isola. Il nazionalismo corso dispiega ormai una forza politica ragguardevole. I nazionalisti corsi dal 2010 controllano ormai ben 15 seggi (di cui 4 i radicali di “Corsica Libera” e 11 i moderati di “Femu a Corsica”) sui 51 dell’Assemblea Regionale Corsa, la cui maggioranza di centro-sinistra esprime il Consiglio Esecutivo della Corsica, presieduto da Paul Giacobbi del “Parti radical de gauche”. E’ un nazionalista corso anche il sindaco della città di Bastia, Gilles Simeoni. Laurent Marcangeli, sindaco dell’altra grande città, Ajaccio, è invece espressione del partito “Union pour la Majorité Presidentielle” (UMR) di centro-destra. Il  17 maggio 2013 l’Assemblea regionale della Corsica ha votato la co-ufficialità della lingua corsa con quella francese, anche se il Ministro Manuel Valls si è affrettato a dichiarare che il Consiglio Costituzionale dichiarerà incostituzionale questa delibera. Negli ultimi 25 anni, comunque, dalla Corsica si sono levate diverse voci in favore di una rivalutazione della lingua italiana come lingua colta dell’isola e di una ripresa dello storico legame culturale e linguistico intercorrente tra la Corsica e la “terraferma” italiana. Tra queste iniziative si segnala la rivista “A Viva Voce” (http://www.wmaker.net/avivavoce/), “La sola rivista in italiano scritta da Còrsi”: “Alcuni uomini e alcune donne di Corsica, premurosi del rinverdimento della lingua dotta dei nostri antenati hanno deciso di pubblicare questa rivista in lingua italiana. Essa è un nostro retaggio e un puntello per mantenere viva la lingua còrsa” animata da un gruppo di studiosi isolani che si propone di utilizzare, al posto del corso o in supporto ad esso, la lingua italiana come lingua colta. E’ stata inoltre avviata una collaborazione tra l’Università di Corte e l’Università di Pisa, che organizzano insieme convegni e attività culturale tese a riallacciare l’antico legame tra le due sponde del Tirreno. Ancor più recentemente è apparso “Corsica Oggi” (http://corsicaoggi.altervista.org/) sito di “notizie e attualità còrsa” interamente in lingua italiana, che “vuole essere un’occasione per riprendere il filo che da sempre lega la cultura italiana e la Corsica”. Come si può leggere sul sito, “Il còrso non ha che da perdere allontanandosi dall’italiano. Rischierà di francesizzarsi e snaturarsi sempre di più. Già oggi parole come “u tuvagliolu” (il tovagliolo) sono spesso sostituite da una parola mutuata dal francese, in questo caso “a servietta”. Crediamo invece che lo studio e l’uso della lingua italiana accanto al còrso e al francese possa essere uno dei sostegni per permettere alla lingua nustrale di sopravvivere e rifiorire. E allora proviamo ad usarlo, e vedremo quante somiglianze ha con la lingua corsa. Può aiutarci a preservare la nostra identità, e può essere occasione di arricchimento culturale e di opportunità economiche, vista la vicinanza geografica dell’Italia e all’importanza del suo turismo verso l’isola”. E’ auspicabile che il popolo corso, che attraverso le sue rappresentanze politiche sta svolgendo una meritoria battaglia per la difesa e la promozione della lingua autoctona, possa presto riabbracciare anche la lingua italiana che appartiene indissolubilmente alla sua storia e recuperarla come lingua colta tradizionale dell’isola, da utilizzare a fianco del Còrso nelle scuole, nella televisione, nella stampa, nel teatro e nella letteratura,quale strumento indispensabile per la conservazione della stessa identità della Corsica.

Luca Cancelliere

2 Comments

  • Maria Cipriano 8 Ottobre 2015

    Un plauso all’autore per questo articolo.
    Poichè piovono accuse di fascismo su chiunque osi ricordare ai Corsi le proprie origini italiane, c’è da dire che il divieto imposto dalla Francia di mettere nomi italiani ai propri figli in spregio ai diritti dell’uomo e del cittadino, è sufficiente a rispedire al mittente quest’accusa.
    Bisogna aver il coraggio di parlare di snaturalizzazione, e anzi di genocidio, come ha fatto Sabino Acquaviva nel suo libro “la Corsica, storia di un genocidio.” Ragion per cui io, pur con tutta la comprensione per quest’isola, la più infelice delle regioni italiane, tirerei le orecchie ai Corsi di oggi, i quali sarebbero nelle condizioni di riscoprire il passato, ma non lo fanno. E se non lo fanno è perchè non vogliono. Liberissimi, naturalmente, di portare avanti una rimozione che fa comodo. Ma allora si rassegnino a essere assorbiti completamente dalla Francia, e la smettano di lamentarsi. Finchè rimarranno ancorati al loro “splendido” isolamento, infatti, non li ascolterà nessuno.
    Maria Cipriano

  • Maria Cipriano 8 Ottobre 2015

    Un plauso all’autore per questo articolo.
    Poichè piovono accuse di fascismo su chiunque osi ricordare ai Corsi le proprie origini italiane, c’è da dire che il divieto imposto dalla Francia di mettere nomi italiani ai propri figli in spregio ai diritti dell’uomo e del cittadino, è sufficiente a rispedire al mittente quest’accusa.
    Bisogna aver il coraggio di parlare di snaturalizzazione, e anzi di genocidio, come ha fatto Sabino Acquaviva nel suo libro “la Corsica, storia di un genocidio.” Ragion per cui io, pur con tutta la comprensione per quest’isola, la più infelice delle regioni italiane, tirerei le orecchie ai Corsi di oggi, i quali sarebbero nelle condizioni di riscoprire il passato, ma non lo fanno. E se non lo fanno è perchè non vogliono. Liberissimi, naturalmente, di portare avanti una rimozione che fa comodo. Ma allora si rassegnino a essere assorbiti completamente dalla Francia, e la smettano di lamentarsi. Finchè rimarranno ancorati al loro “splendido” isolamento, infatti, non li ascolterà nessuno.
    Maria Cipriano

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