11 Dicembre 2024
Attualità

Considerazioni di ordine generale, quarta parte – Fabio Calabrese

Ormai lo sapete, dopo aver dedicato l’annata 2023 quasi per intero a L’eredità degli antenati nel tentativo di colmare una discrepanza temporale fra gli eventi di cui mi occupavo e il momento della pubblicazione dei miei articoli sulle pagine di “Ereticamente” che era giunta a sfiorare la dimensione, francamente inaccettabile, di cinque mesi, e avendola verso la fine dell’anno considerevolmente, anche se non del tutto ridotta, ho preso la decisione di ritornare alla scansione di una Eredità degli antenati e un articolo di altro tipo, per non essere troppo monocorde e perdere quindi d’interesse.

A dire il vero, già verso la fine dell’anno avevo cominciato ad avvertire la necessità di un cambiamento di passo, e infatti è a questo periodo che risalgono due articoli che io considero fra i più importanti della mia produzione, vale a dire Alcune considerazioni sull’etica e Domande per le quali la scienza non ha risposta.

Ho inaugurato questa serie di articoli, Considerazioni di ordine generale come una ripresa di contatto con gli argomenti di cui mi sono occupato in precedenza, una ripresa di contatto che ha cercato di essere anche un momento di sintesi e di approfondimento.

Nei tre articoli precedenti ho cercato di spiegarvi come la mia attività, diciamo di autore politico, si raccordi a quella di scrittore di fantascienza, ho ripercorso brevemente le serie di articoli a cui mi sono maggiormente dedicato nel corso di questi anni, Narrativa fantastica, una rilettura politica, Ex Oriente lux, ma sarà poi vero?, Scienza e democrazia, nonché La più bella del mondo dedicata alla nostra splendida costituzione, impostaci dai vincitori del secondo conflitto mondiale, e piena di trappole per eludere la volontà popolare.

Ho anche accennato ai miei libri di saggistica (cioè senza tediarvi entrando nei dettagli della mia attività di narratore) Alla ricerca delle origini e Ma davvero veniamo dall’Africa?

A questo punto vi ho davvero detto tutto? Forse no. Indubbiamente, esiste un meccanismo inconscio di rimozione che ci porta a eliminare dalla nostra consapevolezza, almeno quella più immediata, ciò che si associa a eventi spiacevoli, e il ricordarli può essere più o meno doloroso, specialmente se la cosa continua a bruciare, e io mi avvedo ora di essere caduto precisamente in questa trappola. Tuttavia, si tratta di una storia interessante, e ora vedrò di raccontarvela.

Nell’estate del 2014 ho ricevuto una delle più belle sorprese della mia vita, ho scoperto di avere un tumore al colon. Si, lo so che voi non ne sapete nulla, perché anche in questo frangente ho continuato a mandare i miei articoli a “Ereticamente” con regolarità lavorando dal letto d’ospedale.

La cosa umoristica, se siete amanti dello humor macabro, è che pochi mesi prima mi ero rivolto al mio medico curante di allora, il dottor B. facendogli presente che nella mia famiglia, dal lato materno, c’è una casistica piuttosto impressionante di tumori all’apparato digerente, e pensando che la cosa potesse avere una componente genetica, gli ho chiesto se non era il caso che facessi un controllo.

“Sua madre era toscana, vero?”, mi ha chiesto il dottor B.

Non ho potuto che annuire.

“Allora non si deve preoccupare”, mi ha detto, “I toscani consumano molta carne alla griglia, che produce benzopirene, che è cancerogeno. Se lei non ha queste abitudini alimentari, può stare tranquillo”.

Insomma, mi ha dissuaso dal fare questo esame, e il tumore all’intestino ce l’avevo, eccome. Per fortuna, è stato comunque preso in tempo, e continuo a calcare il suolo di questo pianeta invece di giacere in esso. Anche da questo si potrebbe vedere, se vogliamo, un’implicazione politica, perché “la scienza”, per motivi che penso saranno chiari a tutti, oggi tende molto a sottovalutare il ruolo della componente genetica nel fare di un uomo quello che è.

Il dottor B. alternava l’attività di medico di base a quella di medico legale, è in questa veste è stato coinvolto nel caso giudiziario più clamoroso, o perlomeno quello che ha avuto la maggiore eco mediatica, accaduto a Trieste negli ultimi anni, ha eseguito l’autopsia sul corpo di Liliana Resinovich, e, conoscendolo, non mi sono stupito che non abbia cavato un ragno dal buco, tanto che adesso si è riesumata la salma per sottoporla a una nuova autopsia, e onestamente non so cosa se ne potrà ricavare a più di due anni di distanza dal decesso.

Ma il tiro peggiore il dottor B. lo ha giocato a me dopo che sono stato operato per il tumore al colon. La ragione per cui ora vi racconto questa sgradevole storia, è che essa ha una precisa connessione con le cose che ho scritto per “Ereticamente”.

Come vi ho raccontato, e penso ricorderete, la serie di articoli I volti della decadenza è nata in circostanze un po’ particolari. Nel corso degli anni ho accumulato diverso materiale, sia libri, sia articoli scaricati on line che intendevo esaminare una volta che avessi raggiunto il pensionamento e disposto di una buona dose di tempo libero, e che sarebbero potuti servire come base per una serie di pezzi per “Ereticamente”.

L’Ufficio Scolastico Regionale di Trieste mi aveva comunicato che sarei potuto andare in pensione a partire dal settembre 2018, ma più tardi mi comunicò, con parecchia irritazione da parte mia, che il mio pensionamento slittava al settembre 2019 (le variazioni di carriera degli insegnanti, i trasferimenti, eccetera, sono sempre legati alla data del 1 settembre, il capodanno, per così dire, di un anno scolastico).

Decisi allora di dare a questi testi rimasti nel limbo quella che un mio vecchio preside chiamava “un’occhiata approfondita” e stilare una serie di articoli che ne riportassero per quanto possibile il succo. Nacque così la serie di articoli I volti della decadenza, perché mi parve subito chiaro che qualsiasi analisi storica, sociologica o altro del mondo in cui viviamo condotta con serietà, non può non evidenziare il fatto che quella che stiamo vivendo è un’epoca di decadenza, siamo alla fase terminale di una civiltà.

Ciò che allora non vi dissi, però, è che questo ritardo nel pensionamento non derivò da un errore dell’Ufficio Scolastico Regionale, ma dal fatto che non avevo potuto presentare la documentazione relativa all’invalidità conseguente al tumore di cui ero stato affetto. Mi ero dovuto presentare a una visita fiscale del ministero, dopo quella disposta dalla ASL che me l’aveva riconosciuta. Il caro dottor B. che mi doveva accompagnare, non si fece vedere, e per chi si presenta a una visita fiscale di questo tipo senza il medico curante, a meno di lesioni molto gravi ed evidenti la mancata conferma dell’invalidità è praticamente automatica.

Per fortuna, sarei andato comunque in pensione per raggiunti limiti di età l’anno seguente, ma quell’anno scolastico supplementare, 2018-2019, è stato uno dei peggiori della mia carriera, dove mi sono trovato a gestire tre classi prime e una quinta che era peggio di una prima.

Tra i testi oggetto di quella occhiata approfondita c’erano Decadenza di Michel Onfray e il romanzo Sottomissione di Michel Houellebecq.

Di Onfray avevo già letto e apprezzato Il crepuscolo di un idolo, smascherare le favole freudiane, che è una documentata demolizione della psicanalisi che dimostra, dati alla mano, che il suo contenuto scientifico è nullo.

Il concetto di decadenza l’ho messo alla base di questa serie di articoli, tuttavia c’è un aspetto fondamentale per il quale ho dissentito dall’analisi di Onfray. La nostra civiltà non è, a mio avviso “occidentale ebraico-cristiana” ma europea, non dobbiamo scordarci che ottant’anni fa le nostre città sono state sommerse sotto tonnellate di bombe per farci diventare “occidentali”.

Come Jean Raspail ne Il campo dei santi, libro certamente più noto nei nostri ambienti, ma che ha avuto un impatto mediatico minore, Houellebecq con Sottomissione ha affidato le sue riflessioni sul prevedibile destino del nostro continente sempre più anziano e sterile, minacciato dalle masse esuberanti del Terzo Mondo, a un romanzo.

Sottomissione è appunto il significato letterale di islam, nel senso che, secondo la predicazione di Maometto, il credente deve essere totalmente sottomesso alla volontà di Dio, ma stiamo attenti, perché sottomissione o islam ha anche un altro significato, di gran lunga meno innocuo, ossia l’impegno per i mussulmani a estendere all’intero mondo, con le buone o con le cattive, la sottomissione alla religione del Profeta.

Per i mussulmani il mondo si presenta diviso in due parti, il dar al islam, “la casa dell’islam”, e il dar al harb, “la casa della guerra”, cioè quella parte del mondo cui deve essere mossa guerra per imporre l’islam.

Quando i mussulmani definiscono l’islam “la religione della pace”, intendono letteralmente la religione di quella parte di mondo che essendo già islamizzata, non occorre combattere per sottomettere, ma se l’intendiamo come una professione di volontà di convivenza con altre comunità politico-religiose, essa è una menzogna spudorata, l’esatto contrario della verità.

Occorre però introdurre una distinzione importante anche se ad alcuni appare troppo sottile per poter essere afferrata. Un conto è opporci con tutte le nostre forze all’islamizzazione dell’Europa, cosa che alla lunga risulterà impossibile se non si blocca l’invasione di immigrati clandestini che non hanno nessuna intenzione di diventare “nuovi europei” e non si comincia a rispedirli, volenti o nolenti, a casa loro, tutto un altro conto, siano islamici o no, e non tutti lo sono, negare il diritto dei popoli arabi di esistere, a cominciare da quello palestinese, oggi vittima di un orribile genocidio da parte degli assassini sionisti, di cui “l’occidente” è vergognosamente complice.

L’incapacità di afferrare questa distinzione sembra accomuni sia gli “occidentali” filo-yankee e filo-sionisti, sia coloro che si fanno prendere da ingiustificati entusiasmi per l’islam, estrapolando fuori dal loro contesto fatti storici come la simpatia per l’Asse del mondo islamico durante la seconda guerra mondiale, spiegabile con la speranza di liberarsi dal dominio franco-britannico.

Con una differenza, però, mentre i secondi sbagliano in buona fede, i primi sono perlopiù servi e lecca-fondo-schiena del potere che domina le nostre tutt’altro che libere democrazie.

Poiché le disgrazie non vengono mai sole, dopo il rinvio di un anno nel pensionamento, nel dicembre 2018 ho avuto un bellissimo blu crash (lo schermo del computer, in effetti, diventa di un colore blu molto bello), che mi ha cancellato l’hard disk del computer e con esso tutti i testi che avevo scaricato da internet per anni nell’attesa di avere l’occasione di utilizzarli a dovere.

Fortuna nella sfortuna, ho poi scoperto, una volta acquistato un nuovo computer che alcune cose, ma briciole, si erano salvate su una penna USB, e mi hanno permesso di proseguire la serie di articoli I volti della decadenza ancora per un po’. Fra queste, c’era un brano davvero prezioso della scomparsa sociologa Ida Magli che faceva notare che la tendenza di fondo della modernità è quella verso l’indifferenziato, non solo attraverso la cancellazione delle differenze etniche e culturali, ma anche della basilare differenza fra i sessi tramite la “cultura” LGBT allo scopo ultimo di tradurci in ingranaggi senza identità del meccanismo di produzione-consumo.

E’ interessante notare che qui abbiamo una chiave per spiegare quella che apparentemente sembrerebbe una contraddizione insanabile, il fatto sorprendente che quelli che oggi si fanno paladini del LGBT siano anche i favoreggiatori dell’immigrazione clandestina dal Terzo Mondo, che porta in mezzo a noi sempre più esponenti di “culture” fortemente omofobe e misogine, e quella islamica non è nemmeno la peggiore, vale a dire gli esponenti di una sinistra sempre meno operaia e sempre più radical-chic che si pascono di astrazioni del tutto disancorate dalla realtà.

Un discorso, come si vede, che rientrava alla perfezione ne I volti della decadenza. Un altro frammento fortunosamente salvatosi, non l’ho utilizzato per questa serie di articoli, ma in compenso l’ho citato più volte in diversi altri pezzi, il più recente dei quali è Un nuovo sguardo d’insieme pubblicato da “Ereticamente” in febbraio, e a cui vi rimando per non ripetermi troppo. Si tratta di una storia avvenuta a Trieste nel 1920, l’incendio dell’hotel Balkan, sede dell’associazione Edinost e di diverse altre combriccole slovene e anti-italiane, ed è una dimostrazione da manuale di come una storiografia venduta ha costruito un “crimine fascista” di fatto inesistente.

Si tratta di un pezzo isolato, ma comunque sufficiente a insinuarci il sospetto che tutta la costruzione “storiografica” con cui ci assillano da tre quarti di secolo a base di “crimini fascisti” ed “eroismo partigiano” sia molto distante dalla verità, non sia altro che una falsificazione spudorata.

Come potete facilmente capire, queste Considerazioni di ordine generale per me significano soprattutto una ripresa di contatto con tematiche diverse da quelle de L’eredità degli antenati, che comunque non ho intenzione di trascurare, e un punto di ripartenza in vista di battaglie future.

NOTA: Nell’illustrazione, tre testi fondamentali per capire la decadenza della nostra civiltà, a destra Decadenza di Michel Onfray, al centro Sottomissione di Michel Houellebecq, a sinistra Il campo dei santi di Jean Raspail.

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