20 Luglio 2024
Gentile Idealismo

Capitalismo – assoluto ed io – comunità

di  Flores Tovo


Nel dare una sua definizione della politica, Giovanni Gentile così scrive: “La politica è l’attività dello spirito in quanto Stato. Non perciò l’attività di una sostanza spirituale che sia Stato, né di un ente oggettivamente sussistente di fronte all’individuo umano. Un ente come tale è stato tante volte creato con l’immaginazione; ma è stata una semplice astrazione alla quale soltanto la fantasia può dar corpo in una ipostasi dotata di una qualsiasi attività. Per noi lo Stato è la stessa autocoscienza del così detto singolo, ossia dell’uomo reale e positivo in quanto volontà universale, e cioè stato”. (G.GENTILE, Genesi e struttura della società, p.109, Gallone Ed., Milano 1997).
In questa straordinaria sintesi è compendiata tutta la filosofia della “Dottrina della scienza” del filosofo idealista Fichte. L’ attività dello spirito è da intendersi come Geist, ossia come spirito del popolo. Epperò lo spirito del popolo non è una sostanza, una realtà in sé eterna ed immutabile, che lo trascende come un’idea platonica, prodotta magari da una fantasia che lo pone come impianto. Lo spirito del popolo è invece il prodotto, dice Gentile, di un io singolo, che trova in sé la volontà universale di un intero popolo: il Geist non è, quindi,  la somma di tanti individui separati ed anonimi, ma il prodotto di un Io singolo che è al contempo Io-comunità, ch
e è consapevole di essere consapevole, e cioè di essere autocoscienza. Lo stesso Hegel fa coincidere la nascita storica dello Stato con l’avvento-evento dell’autocoscienza. Lo Stato nasce nel momento in cui le Autocoscienze in uno scontro-incontro (vedasi la figura del servo-signore) decidono di organizzarsi socialmente secondo l’ordine (aperto) delle attitudini. Lo Stato è allora il risultato che gli Io-comunità producono. Esso diventa così quella famiglia in grande in cui nessun io è abbandonato a se stesso e al proprio destino: l’Io-comunità diventa l’atto che Fichte definisce come “Tathandelung”, cioè azione-agente, azione che si fa, in quanto lo spirito di un popolo si compie solo nella tensione che supera gli ostacoli (che Fichte chiama Non-io) al fine di raggiungere il bene comune, che non è solo quello economico, ma quello di un’etica che vuole l’armonia sociale. Lo Stato in cui l’Io sa di appartenere, per dirla in senso vedantico, al Sé.

In questa definizione gentiliana che riprende il pensiero dei grandi Idealisti, vi è contenuta la critica più radicale riguardante non solo lo Stato moderno, ma anche la società che lo esprime.
Lo Stato non è più, oggi, la sintesi di Io-comunità, ma soltanto lo somma di tanti io-generici od empirici, la cui caratteristica è quella della solitudine anonima e nomade. Con l’avvento del capitalismo, vi è stata infatti la distruzione totale di tutto ciò che rappresentava un aspetto umano comunitario. Perciò l’epoca attuale può essere anche letta come l’epoca della morte dell’uomo sociale aristotelico.
Tale distruzione è stata preparata, filosoficamente, a partire da Guglielmo d’Ockham, il padre dell’empirismo moderno, il quale ritenne che il solo sapere sensato fosse appunto quello legato ai sensi, negando così qualsiasi valore al sapere metafisico. Questo diventava allora vuota chiacchiera , incapace di esprimere un qualsiasi valore rivelativo  della verità. Tale svalutazione di fatto riduceva l’uomo singolo, privato della parte più elevata del suo pensare, che è l’intuizione intellettuale, ad essere poco più di una bestia, in quanto le uniche verità possibili diventavano quelle di fatto, senza che esse avessero, peraltro, alcun legame causalistico, verità che quindi erano di per sé relative, mutevoli e precarie. Guglielmo perciò preconizzava l’uomo scettico di oggi di oggi, che non ha riferimenti, ideologie, religioni: che possiede anzi l’ideologia del vuoto nichilistico. E dopo Ockham, ci sono stati Montaigne, Locke, Hume,  in parte Kant, i positivisti, Stuart Mill, Wittgenstein, i neo-positivisti, Popper e tutti gli pseudo-filosofi viventi, espressioni dell’uomo morto e del dio morto.
Dall’altra parte tale io-empirico è stato esaltato da un’altra corrente di pensiero, quella del razionalismo meccanicista, che con Cartesio per primo ha ritenuto che tale uomo, ego cogitans, privato di qualsiasi legame sociale (Cartesio viveva solo in una sua stanzetta con una stufetta) fosse in grado di legiferare addirittura sulla natura, alla quale applicava l’implacabile legge del meccanicismo, per cui gli esseri viventi erano automi, e la natura in quanto tale era pura estensione geometrica misurabile (res extensa). Una natura de-sacralizzata, privata di qualità, considerata solo come mezzo per lo sfruttamento e il profitto (il “Bestand” heideggeriano). Il pensiero dell’ebraismo e del cristianesimo realizzato scientificamente.
La distruzione dell’Io-comunità si è poi attuata sul piano economico con l’eliminazione graduale dei campi aperti (gli open-fields) per far posto a quelli recintati (gli enclosers),  con la soppressione delle corporazioni e degli statuti, e con la liberalizzazione selvaggia di tutto ciò che era pubblico (Adam Smith ne fu il principale promotore). Le stesse rivoluzioni inglese, americana, francese  devono essere lette in base a questo filo conduttore che ha avuto lo scopo, in nome della liberazione dell’individuo e dell’affermazione dei suoi diritti, di distruggere in realtà ogni aspetto sociale comunitario che è la caratteristica principale del mondo industrializzato.  Sul piano politico Hobbes, Locke, Montesquieu sono stati i teorici dell’individuo isolato che sia sotto un regime assolutistico (Hobbes) o liberal-democratico-rappresentativo (gli altri due) veniva concepito come il detentore di astratti diritti positivi naturali, tra i quali veniva esaltata soprattutto la proprietà privata. Con le rivoluzioni suddette  l’uomo diveniva sì libero, però salariato, al servizio del libero mercato e della sua legge aurea della domanda e dell’offerta. Bisogna dire una volta per tutte che l’analisi marxiana scritta in quel capolavoro che è “ Il capitale” rimane per tantissimi versi insuperata: la logica del “plusvalore”, o meglio del più denaro, il feticismo delle merci in cui  la principale merce è la forza-lavoro umana, l’alienazione del lavoratore e la distruzione del lavoro creativo artigianale, rappresentano la descrizione perfetta della realtà di due secoli fa che è anche quella attuale. La stessa caduta tendenziale del saggio di profitto, che sembrava costituisse la parte debole della teoria di Marx, in realtà è stata confermata alla fine degli anni Settanta del secolo scorso, causando uno spostamento enorme dei capitali volti alla produzione a quelli finanziari (si veda il lavoro di A. DE BENOIST, Sull’orlo del baratro,  Arianna editrice). Il crollo del muro di Berlino nel novembre del 1989 e la fine dell’URSS il 31 dicembre del 1991 sono le date decisive del nostro tempo. Il capitalismo ha potuto, finalmente, diventare assoluto (un assoluto che deve intendersi in senso hegeliano, in cui e con cui finisce la storia). Nel suo percorso la volontà di potenza dell’io-soggettivo, che aveva trovato la sua essenza o fondamento nella tecnoscienza e nel capitalismo, aveva altresì incontrato diversi e temibili ostacoli, quali il modello organicistico di ispirazione fichtiana ed hegeliana della Germania bismarkiana (Bismark è stato l’inventore attuativo dello stato sociale moderno) e dell’impero asburgico (Karl Lueger, sindaco di Vienna tra l’ ‘800 e il ‘900, creò per primo il sistema delle municipalizzate), il comunismo sovietico (espressione massima della radicalità anticapitalista), e, infine, gli stessi fascismo e nazismo, che pur compromettendosi in parte col capitale perseguivano una via, purtroppo liberticida e comunque insufficiente, in cui la comunità alla fine doveva prevalere.
Il capitalismo assoluto, che essendo in sé e per sé non si identifica più nemmeno con la classe sociale che lo sosteneva, cioè la borghesia, sta eliminando ad uno ad uno tutti gli ostacoli residuali del passato. Niente più lavoro sicuro, niente più pensione garantita, niente più contratti nazionali di categoria, niente più sanità o assistenza pubblica. Solo il
privato è bello. Il pubblico deve sparire. Tutto in nome delle libertà individuali e della democrazia, che viene a trasformarsi così nella forma più anti-stato mai esistita, portando l’umanità ad una condizione hobbesiana dell’ “homo homini lupus”, che nella realtà storica o preistorica non è mai esistita, se non nel capitalismo delle degli inizi e della sua attuale assolutezza, che sarà però anche la sua fine.
Questo sistema si sta palesando il più totalitario, il più pervasivo e il più subdolamente violento  di tutti i sistemi, poiché toglie all’umanità il futuro, rendendo precario, quando va bene, il presente che fra l’altro diventa l’unica dimensione temporale vissuta. Il comunismo ed il nazismo, pur con la violenza, garantivano la sicurezza sociale e prospettavano, in aggiunta, una veduta millenaristica palingenitica esistenzialmente superiore. Il capitalismo sta invece annientando il futuro, annichilendo di conseguenza anche il passato.
Heidegger chiamava, genialmente, l’uomo Da-sein, Esser-ci. Con ciò intendeva dire che l’uomo co-appartiene all’Essere, cioè alla natura e alla comunità. L’Esserci è  costitutivamente con-gli-altri (mit-sein), poiché se così non fosse non avrebbe l’autocoscienza, che, come si è detto, è data dal rapporto consapevole che si ha con gli altri. Ebbene oggi il Gestell (l’impianto tecnoscientifico) e il mercato capitalistico hanno ridotto l’uomo ad un semplice Ci privato del suo rapporto con l’Essere: un Ci senza storia, anonimo, parificato nel pensare e nei costumi, meticcio, nomade ed incerto, né angelo, né bestia, senza metafisica, religione o istinti. Un’ameba.
La domanda epocale a cui devono rispondere gli uomini venturi è quindi semplice ed univoca: come ricostituire nella libertà e nell’autorità l’Io-comunità ? Il Platone della “Repubblica”, il Fichte dello “Stato commerciale chiuso”, lo Hegel dei “Lineamenti della filosofia del diritto” sono, a parer nostro, i libri guida per coloro che, consapevoli del pericolo, devono cercare un rivolgimento totale del mondo moderno.
Flores Tovo

f.tovo@libero.it

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