9 Ottobre 2024
Tradizione Romana

Augusto e l’Impero: Pietro De Francisci e la civiltà dei Quiriti – Luca Valentini

Devoto com’era a quel sistema di concezioni, di idee, di credenze che avevano costituito la base ideale dell’antica repubblica e che erano legate alle gloriose memorie di questa, egli sentiva che non sarebbe stato né opportuno né utile abbattere con un gesto violento tutti gli antichi ordinamenti…”(1).

Affrontare la disamina di quella che fu l’antica civiltà romana presenta spesso delle difficoltà metodologiche, perché spesso il punto di vista dell’osservatore si presenta essere parziale o interessato ad evidenziare un aspetto a discapito di un altro per convincimenti personali o per tesi ermeneutiche preconcette. L’errore più grave è porre in essere tale ricerca con una metodica analitica in riferimento ad una società tradizionale, che per sua stessa definizione dovrebbe essere scandagliata con un preciso senso sintetico e simbolico. Se studiosi come Scheid (2) e Bettini (3) hanno ben definito come in realtà non si possa definire la Religio romana un corpus predefinito, uniforme ed invariabile nel tempo, ma bensì un composto organico di spiritualità riflettente spesso i condizionamenti territoriali  e gli apporti delle popolazioni con cui i Quiriti vennero a contatto – si pensi alle caratterizzazioni in tal senso sviluppate in ambito nordico o nel bacino magnogreco ed etrusco -, altresì un’ermeneutica, che tende solamente ad uno sguardo analitico e puramente fenomenologico, considera l’esperienza romana a compartimenti stagni, fasi differenziate di un processo storico, di cui spesso si smarrisce il senso sotteso all’intera civilizzazione, che della stessa non comprendono l’organicità, l’idea metafisica che la Roma storica ha manifestato in terra dal giorno della sua fondazione all’ultimo giorno della sua esistenza … ed oltre.

Tutto ciò, dal nostro punto di vista, risulta essere essenziale per approcciarsi ad un’importante e meritoria ristampa ad opera delle Edizioni Il Cinabro di Catania, quella inerente al testo “Augusto e l’Impero” del celebre giurista e storico delle religioni italiano Pietro De Francisci, già edito nel 1937, a cui sono stati aggiunti tutti i contributi dell’autore sul medesimo tema scritti dal 1906 al 1939.

La crisi spirituale del primo secolo a.c., ben descritta da autori come Varrone (4), pose prima Cesare e poi Ottaviano dinanzi ad un bivio ineludibile, la riformulazione del legato di Roma con i Numi, affinchè il patto primordiale non fosse dimenticato né abiurato, ma rinnovato e confermato. In merito, precise e preziose risulta essere le considerazioni di Mario Polia nella sua introduzione al testo:

Ottaviano intendeva essere il nuovo conditor Urbis la cui funzione era procedere a una rinfondazione delle coscienze, compito che faceva di lui un conditor Romanae come, dopo la fondazione romulea, lo era stato Numa” (5).

La fortuna militare e politica favorì Ottaviano in due grandi vittorie nel 36 a.C. su Pompeo a Naulochos e nel 31 a.C. su Marco Antonio ad Azio e come nei casi di Romolo/Quirino e Cesare assunse una valenza sacrale: Augusto, infatti, non solo fu il fondatore dell’Impero, ma colui che riconsegnò al popolo romano la serenità e la pace dopo un lungo periodo di guerre civili. La sua personalità, nel recupero della spiritualità arcaica, assunse tratti di un’ipostasi degli Dei: i sacerdoti e le sacerdotesse pregavano in suo favore durante le supplicationes per il popolo e il Senato. L’autore, pertanto, di opere monumentali quali “Primordia Civitatis” ed “Arcana Imperii” era ben conscio di come la dimensione giuridico – religiosa, che traghettò l’istituzione repubblicana nel Principato,  non avesse subito un’involuzione con la preminente posizione del Princeps, ma rappresentasse un’adeguata rimodulazione della sovranità popolare ben salda nell’ordine senatorio:

Così il princeps, che non è un magistrato, viene ad assumere la figura di un organo nuovo e permanente inserito nella costituzione, intaccata così nella sua struttura e nel suo spirito … si incarna un vero e proprio regime monarchico sovrapposto alle istituzioni repubblicane formalmente conservate” (6).

L’idea della sua eternità nel mutare della storia venne assunto come il superamento del limite naturalistico da cui sorse, l’espansione ab aeterno del Limes, sviluppo palingenetico dei Numi Arcani dell’Urbe, che anagogicamente si identificano per ascesa all’Uno del Tutto, che è la Potenza inespressa prima di Giove, prima di Giano, il cerchio universo di Luce che è Axis Mundi nel Pantheon. Roma, quindi, è Libertà, Roma è Orbs, Roma è Mondo. Si l’autentica concezione imperiale, quella espressa successivamente dal divo Giuliano, che fa assurgere Helios – Apollo quale forza trascendente e metafisica a espressione dell’Ente che legittima e consacra l’Autorità dello Stato ed il suo ordinamento, in cui l’Imperator è incarnazione autentica del Sacro che informa e sublima il Politico. Il termine Imperium nel significato irriducibilmente filosofico non concede spazi a fraintendimenti col suo omologo in italiano, che spesso si declina come Imperialismo e che viene adoperato per designare le più diverse ed anche opposte concezioni storico-istituzionali fino a decadere, nell’attuale ed acuta fase mercantilistica della modernità, a parodia formale di un’Idea che lo stesso De Francisci insegna non poter essere relegata in codificazioni standardizzate:

Solo chi ignori la storia e le vicende della politica può pensare che il ricorso agli stessi principii e agli stessi procedimenti produca sempre le stesse conseguenze” (7).

La pubblicazione de Il Cinabro e la recente ristampa de “Spirito della civiltà romana”, introdotta da Giandomenico Casalino per le Edizioni   L’Arco e la Corte di Bari, segnano un rinnovato interesse verso le opere di un grande classicista della cultura italiana del ‘900, quale è stato Pietro De Francisci, a cui troppo spesso la ricerca sia specialistica che tradizionalista non hanno assegnato la giusta e doverosa attenzione.

Note:

1 – Pietro De Francisci, Augusto e l’Impero, Cinabro Edizioni, Catania 2021, p. 178;

2 – J. Scheid, Rito e religione dei romani, Sestante Edizioni, Bergamo 2009;

3 – M. Bettini, Dèi e uomini nella Città, Carocci Edizioni, Roma 2015;

4 – Varrone, De Lingua Latina, nella sua recente traduzione a cura di Maria Rosaria De Lucia, Guido Miano Editore, Milano 2020;

5 – Pietro De Francisci, op. cit., p. 9;

6 – Ivi, p. 85.

7 – Ivi, 81.

Luca Valentini

1 Comment

  • andrea 30 Agosto 2021

    ah però….. Interessantissimo!

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