5 Dicembre 2024
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25 aprile 2014: festa delle strisce bianche

di Gianluca Padovan

Quello che non comprendiamo, pur avendo avuto la chiara percezione della sua esistenza, lascia un segno. Magari è poco tangibile, questo segno, ma dentro di noi scava come un tarlo. Talvolta qualcosa si spezza, o si schiude. Allora noi comprendiamo. Con la semplicità di premere il ditino sull’interruttore della luce ci illuminiamo. Ma la luce rimane in noi: per divulgarla occorre innanzitutto produrre prove scientifiche inoppugnabili. Qualcuno non vuole, il popolo deve dormire.
Un giorno ho visto il filmetto di fantascienza Serenity, del regista Joss Whedon. L’astronave di un pugno di squinternati falsamente qualunquisti e marcatamente idealisti sfreccia tra caccia stellari imperialisti e navi spaziali dipinte di rosso montate da mutati sanguinari, così ridotti da un simpatico prodotto chimico immesso dall’Impero nell’atmosfera del pianeta Miranda: il Pax.
Gli effetti imprevisti del Pax sono evidenti: il 90% della popolazione si lascia morire perché privato di voglie e di stimoli. Il 10% restante, i cosiddetti Reavers, hanno l’altrettanto imprevedibile reazione di divenire furiosi scatenati. Non rispettano alcuna regola, desiderano sbranare le persone vive e sono combattenti ferocissimi. Nella popolazione delle colonie il Pax doveva inibire qualsivoglia desiderio di contestare la linea politica e amministrativa dell’Impero, creando in realtà due effetti diametralmente opposti, ma ugualmente disastrosi per la gente. Bella storiella.

Ieri, 25 aprile 2014, è stata la festa delle cosiddette «scie chimiche». Fin dalle prime luci dell’alba aerei apparentemente civili hanno lasciato nel cielo azzurro e terso le strisce bianche. A metà mattina il cielo era un vero reticolo di strisce che andavano, venivano e s’incrociavano. Nel primo pomeriggio il cielo appariva appannato, velato. Gli aeroplani striscianti hanno continuato ancora per qualche ora, seppure meno intensamente, a rilasciare nella nostra atmosfera milanese i loro veleni.

Da circa dieci anni vi sono aerei militari, o meglio civili utilizzati dai militari, che lasciano nel cielo le «strisciate bianche», le cosiddette «scie chimiche», per l’appunto. Se ne può trovare menzione girellando su Internet e su qualche rivista considerata alternativa e ascientifica.

Gli aerei irrorano la gente con sostanze inibitorie, che servono a sedare, a tenere tranquilli e passivi. Sono anche la causa delle piccole pandemie influenzali che periodicamente ci colpiscono a tutto beneficio di procurare scarsa reattività e larghi introiti alle multinazionali della salute, le industrie chimiche e farmaceutiche. In pratica, oltre agli inibitori, diffondono virus a bassa intensità. Non solo. Parrebbe che in vaste aree si diffondano sostanze dannose alle colture e in particolar modo alla naturale e spontanea crescita della frutta.

In concomitanza con le stagioni elettorali, o con gli eventi mediatici come il 25 aprile, si può ammirare una vasta ragnatela di scie chimiche disegnate nel cielo. Ne ho viste in Italia, Francia, Germania. Possibile che non ci si presti attenzione? Possibile che si creda ancora che si tratti di semplici scie di condensa le quali, per altro, a ben vedere, nell’atmosfera non sono affatto persistenti.

Il popolo deve pensare a senso unico e non alternato. Qui non si tratta solo di scie chimiche a base di bario e di alluminio per ottundere le facoltà intellettive e reattive del popolo. Non si tratta solamente di un similare del Pax, che nel film Serenity così viene descritto: «Paxilion Idroclorito Ventitrè: inserito nei diffusori dell’aria avrebbe dovuto calmare la popolazione, eliminare l’aggressività; ebbene funziona, qui le persone hanno smesso di lottare e hanno smesso qualsiasi altra cosa…».

Non si parla semplicemente di confondere e inibire la gente affinché smetta di porsi lecite domande sulla propria condizione di vita. Qui parliamo anche e soprattutto d’indebolimento culturale, di svilimento del nostro patrimonio intimo conseguente all’ottundimento. Tutto ciò in aggiunta al costringerci a vedere e a percepire questa vita in una sola dimensione, in condizioni peggiori di quelle in cui versavano gli incatenati in grotta descritti da Platone.

Nonostante le pilotate e volute crisi economiche gridate a gran voce dai media si sforna un nuovo modello di automobile alla settimana. Siamo scimpanzé che sanno guidare, ma non pensare. Senza passare da una guerra termonucleare totale vogliono destinarci a pianeta di scimmie che indietreggiano nella scala evolutiva del pensiero e della percezione, in progressivo indebolimento spirituale e culturale.

Ma torniamo al filmetto di fantascienza.

In mezzo a tutto questo il pilota dell’astronave degli squinternati carambola tra schianti, botti, raggi mortali e quant’altro schivando quasi tutto e, principiando la picchiata che lo deve portare fuori dalla mortifera baraonda, mormora a sé stesso: «Sono una foglia al vento, guarda come so veleggiare».

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