“Uno è Dio, uno è Giuliano Augusto” (1)
Per le benemerite Edizioni di Ar, il prof. Claudio Mutti è tornato a curare un nuovo testo della collana Paganitas, il XXXVIII, introducendo e presentando, con testo greco a fronte, le dieci epistole che l’ultimo Imperatore gentile di Roma rivolse ai vari sacerdoti dell’Ecumene nell’estremo tentativo di rinvigorire il Mos Maiorum e i culti privati, pubblici e misterici ad esso ricollegabili, in piena espansione del Cristianesimo, nel IV sec.d.c. Il curatore dell’opera, già si era occupato del divo Flavio Claudio Giuliano, nel testo “Uomini e Dei” (2), la raccolta di tutte le opere del Cesare, in cui, però, non sono comprese le lettere che la pubblicazione, che ivi recensiamo, contemplano.
L’introduzione del prof. Mutti risulta essere essenziale per una profonda comprensione della personalità carismatica in riferimento, offrendo al lettore la possibilità di addentrarsi maggiormente, secondo la giusta visione tradizionale, nella prospettiva teurgica che caratterizzò l’ultimo Imperatore che difese la Tradizione di Roma. Due esempi di similari studi comparativi possono essere associati all’opera in discussione: il testo di Nello Gatta “Giuliano Imperatore” (3) ed il recente testo di Arnaldo Marcone “Giuliano” (4). Da tutti e tre i testi scaturisce la compresenza nella medesima ed aurea personalità dell’Augusto sia della figura del Basileus sia del ruolo sacrale del Pontifex Maximus. Come in tutte le civiltà tradizionali, come nella prisca figura di Romolo, primo Re di Roma ed Augure, rinnovatasi in Ottaviano Augusto, fondatore dell’Impero e grande riformatore della religiosità romana, nel Divo Giuliano la sfera della Politeia assurge nuovamente, e non solo nominalmente, alla dovuta ed inseparabile connotazione sacrale. La regalità sacerdotale dei primordi, come annota saggiamente il curatore, in Giuliano, in linea con gli insegnamenti neoplatonici di Giamblico, diviene regalità teurgica, rinnovandosi la dimensione magica che, nella sfera pontificale romana, avevano già posseduto ed espresso, per esempio, gli Auguri ed i Flamini, e non solo:
“Giamblico aveva indicato nella vocazione sacerdotale la condizione idonea per intraprendere lo studio e la pratica della teurgia, che avrebbe reso attiva la conoscenza del divino innata nell’animo umano” (5).
In un quadro rappresentativo del cosiddetto enoteismo o monoteismo solare, in cui il Basileus è per la sfera politica ciò che Helios nel cosmo, cioè le rappresentazioni del potere numinoso ed apollineo, il sovrano era tale solo per dignificazione sacrale ed iniziatica, quale polo irriducibile della Civitas, in cui lo iato cristiano ed agostianiano, tra città di Dio e città degli uomini, possa essere risolto e superato. Non casualmente un Evola sul Divo Giuliano e la sua teurgica sacralità si espresse nei seguenti termini:
“Così nella rivalutazione, tentata da Giuliano, dell’antica tradizione sacra romana, è l’idea <<esoterica>> della natura degli <<dèi>> e della <<conoscenza>> di essi che si fa valere” (6).
L’Imperium, quindi, è l’adesione totale al modello divino, è un’azione sacra che trasmuta e sublima il Caos primordiale in Cosmo, in Ordine Sacro. E’ il ricondurre la molteplicità della Manifestazione all’Unità del Principio, con uno stile organico, che tollera le differenze, le eleva, le accoglie nel Pantheon, assicurando tramite l’Auctoritas la giusta armonia, secondo la regola romana dello “unicuique suum tribuere”, cioè la grandezza di Roma che realizza l’Ordine per mezzo della Giustizia. Tale è l’idea che rifulge nella vita, nelle opere, negli scritti di Giuliano Imperatore, un uomo che integralmente ha interpretato ed esplicitato la volontà divina, così in Alto quanto in Basso, secondo la regola ermetica, cioè l’autentica concezione politica e teurgica, che fa assurgere Helios, quale forza trascendente e metafisica, ad espressione dell’Ente, che legittima e consacra l’Autorità dello Stato ed il suo ordinamento, in cui il Sovrano è incarnazione autentica del Sacro che informa e sublima il Politico:
“Questo cosmo divino e bellissimo, che dall’alto della volta celeste fino all’estremo limite della terra è tenuto assieme dall’indistruttibile provvidenza del dio, esiste increato dall’eternità ed è eterno per il tempo restante, da null’altro essendo conservato se non direttamente dal quinto corpo – la cui sommità è il ‘raggio di sole’-; poi, a un grado per così dire superiore, dal mondo intelligibile; e, in senso ancora più elevato, dal Re dell’universo, nel quale tutte le cose hanno il loro centro” (7).
Le Epistole pubblicate, pertanto, riflettono tale tensione spirituale, pongono l’estrema esigenza di riqualificare il rango e lo spessore interiore di coloro che andavano ad assumere cariche sacerdotali, i prescelti essendo spesso ripresi da cerchie filosofiche neoplatoniche o da ambiti misterici legati al nume eroico di Mithra. Si evince come Giuliano intendesse sia rendere centrale il culto della Magna Mater
“Sono pronto ad aiutare gli abitanti di Pessinunte, se si renderanno favorevole la Madre degli dèi; se invece la trascureranno, non solo non saranno esenti da biasimo, ma, per non parlare duramente, badino a non gustare anche la nostra inimicizia” (8)
sia conformare la caricare pontificale ad un precisa adesione interiore, inerente ad una gravitas strettamente romana, strettamente catartica e pitagorica, al di là di qualsivoglia appartenenza di censo o di classe. Dalla X Epistola (9), si esplicita tutta la conoscenza esoterica che l’Augusto intendeva rimanifestare nei culti tanti privati quanto pubblici: il sacerdote, infatti, doveva essere dedito alla filantropia, all’aiuto continuo verso i più deboli ed i più poveri; doveva altresì accostarsi al culto più volte al giorno, almeno al mattino ed alla sera, possibilmente tre volte; doveva avere una corretta relazione con i simulacri, intendendoli come immagini riflesse di archetipi trascendenti, la cui distruzione ad opera dei Cristiani non ne potevano inficiare l’esistenza e l’eternità.
Si evince, pertanto, uno strettissimo legame tra le virtù, intese in senso sia civico che purificatorio e sacerdotale, per il raggiungimento di un preciso stato ontologico, indispensabile per divenire pontefici, cioè collegamenti effettivi tra Cielo e Terra. Ciò lo si ritrova nel Commento al Sogno di Scipione di Macrobio (10), in cui vengono elencati, riprendendo un insegnamento plotiniano, quattro generi di virtù (politiche, purificatrici, animiche ed esemplari), che gradualmente educano il cittadino e lo conducono al contatto diretto con l’Intelletto Divino. In tale ottica una espressione dello stesso autore è altamente simbolica: commentando Cicerone, infatti, Macrobio precisa come sia veritiera una distinzione tra virtù politiche e purificazioni divine, tra virtù attive e virtù contemplative, tra dimensione del Sacro e comunità dei cittadini, ma specifica anche come entrambe possano e debbano interagire per la ricerca della felicità, che è armonia ed applicazione del diritto, che, come argutamente ci ha più volte ripetuto Giandomenico Casalino, a Roma è sempre diritto sacrale.
In conclusione, non possiamo che lodare questo nuovo sforzo editoriale delle Ar, che felicemente hanno affidato al prof. Claudio Mutti, forse tra i più competenti studiosi della figura di Giuliano, la cura di queste Epistole, che reputiamo fondamentali per comprendere non solo la tensione spirituale della Paganitas resistente al declino, ma anche per recepire al meglio secondo quali canoni la Tradizione si sia poi successivamente perpetuata, quei vettori che noi rintracciamo, come indicato dai magisti di Ur, essenzialmente nell’alveo del neoplatonismo e dell’ermetismo.
Note:
1 – Cfr, E. Peterson Grandjean , HEIS THEOS, Vandenhoeck und Ruprecht, Göttingen 1926, p. 270-273;
2 – Flavio Claudio Giuliano, Uomini e Dei, Edizioni Mediterranee, Roma 2004;
3 – Nello Gatta, Giuliano Imperatore, Edizioni di Ar, Salerno 1995;
4 – Arnaldo Marcone, Giuliano, Salerno Editrice, Roma 2019;
5 – Giuliano Imperatore, Epistole pontificali, Edizioni di Ar, Padova 2019, dall’introduzione di Claudio Mutti, p. 12;
6 – J. Evola, Giuliano Imperatore in Ricognizioni, Edizioni Mediterranee, Roma 1985, p. 162;
7 – Flavio Claudio Giuliano, Inno al Re Helios, in Uomini e Dei, op, cit, p. 80-1;
8 – Giuliano Imperatore, Epistole pontificali, op. cit., epistola IV, p. 49;
9 – Giuliano Imperatore, Epistole pontificali, op. cit., p. 63;
10 – Macrobio, Commento al Sogno di Scipione, Capitolo VIII, Edizioni Bompiani, Milano 2007.
Luca Valentini
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