Da una lettera che il legionario (SS italiane) Umberto Scaramelli scrive alla madre nell’ottobre ’44 <La vita è bella e merita di essere vissuta soltanto quando vi è la spiritualità, quando ci si eleva dalla massa grigia dei più. Sono pochi quelli che dominano i molti, sono i pochi quelli che fanno la storia, i più la devono subire! Io preferisco essere dalla parte di coloro che la impongono agli altri!> …quattro mesi dopo morirà in uno scontro a fuoco” cfr. Primo de Lazzari “Le SS italiane” Teti, Milano, 2002, pag. 18.
I pochi che abbiano letto i contributi del sottoscritto ricorderanno forse che chi scrive ha più volte incitato a chi ancora volesse rifarsi, in un modo o nell’altro, alla grande avventura del “Fascismo come fenomeno europeo” a metterne in secondo piano (ma non certo a obliarli) gli aspetti “sociali” e “nazionali” a vantaggio di quelli “guerrieri” e “gerarchici”. Ciò soprattutto in vista delle situazioni che potrebbero sorgere dallo stesso precipitare del “mondo occidentale” verso un tipo di società multirazziale, in gran parte, meticcia.(1)
In questo senso segnalo un libro uscito di recente e di grande interesse non solo dal punto di vista storico: si tratta di “I volontari italiani nelle Waffen SS – Il pensiero politico la formazione culturale e le motivazioni al volontariato” di Nicola Guerra pubblicato dall’editore Solfanelli di Chieti.
L’opera si ricollega al metodo della “storia orale” e si basa su interviste rilasciate da superstiti dei volontari (molti dei quali, nel frattempo, defunti), cito comunque Pio Filippani Ronconi, Rutilio Sermonti, Pietro Ciabattini e vari volontari sud tirolesi nonché Eric Priebke, oltre che a familiari di quelli già mancati. Si tenta di ricostruire così le motivazioni che spinsero un numero non trascurabile di italiani ad arruolarsi sotto le insegne delle Rune della Vittoria, di dare un quadro degli ambienti da cui provenivano, della loro preparazione culturale (a quanto pare l’autore più citato era Emilio Salgari!) e delle loro vicende personali. La presentazione del libro fa rilevare come l’immagine dei volontari che se ne ricava non coincide del tutto con la figura del <soldato politico> cara alle forze nazionali, ma molto molto meno con quella di avventurieri ispirati dall’ideologia del <male assoluto> messisi al servizio, come mercenari dei Nazisti per poter sfogare i loro istinti sadici e la loro cupidigia di servilismo.
Dalla lettura si possono inoltre estrarre validi elementi per una comprensione, oltre che del fenomeno del volontariato, anche delle dinamiche ideologiche del fascismo della RSI.
Il Guerra non riporta le interviste, ma da esse estrapola frasi per trarne elementi atti a illustrare l’atteggiamento e la <visione del mondo> dei militi italiani delle Waffen SS (che, ricordiamolo, non furono solo quelli della 29° Waffen Grenadiere Division der SS).(2)
Ripeto che chi scrive negli ultimi tempi si è dedicato soprattutto all’aspetto guerriero dei Fascismo come fenomeno europeo e sperando di poter mettere altro per iscritto, non mancherà di ritornare su questo fondamentale volume.
Ora mi limito ad alcuni aspetti: l’atteggiamento dei Volontari nei riguardi della religione cristiana e del giudaismo.
Iniziamo con il primo argomento, innanzi tutto il Guerra rileva un grande amore per la natura: a pag.126 si sostiene che la grandissima parte dei legionari “in relazione al proprio rapporto col cristianesimo e/o col cattolicesimo dichiarano posizioni che si articolano in tre modalità. Un distacco che si correla alla presenza di una comunione intima tra i soggetti e la natura vissuta come divinità immanente, una forte avversione imputabile anche al ruolo attribuito ai sacerdoti e alla chiesa all’interno del conflitto; e una vera e propria ostilità che fonda le sue radici in una <critica al senso stesso del cristianesimo> e che si accompagna ad una adesione ad altre forme di spiritualità.”
Soprattutto, come dicevo, il sacro viene cercato nella natura. Pag.129 “Emerge… dal narrato dei volontari una comunione intima con la natura vissuta come divinità immanente, la montagna o il mare divengono luoghi dell’anima, del sacro.”
E qui ci si può riferire alla componente ecologista del nazionalsocialismo (e anche del fascismo (3); a pag.132 si legge: “L’ambientalismo e le sue declinazioni ecologiche ebbero un ruolo importante all’interno dell’impianto ideologico nazionalsocialista e si declinarono spesso in implementazioni pratiche all’interno del Terzo Reich. Ciò secondo un principio che è stato esposto anche da alcuni degli intervistati all’interno di questa ricerca: la vita delle nazioni e l’organizzazione della società deve essere modulata dalle stesse leggi della natura e della vita organica, perché l’uomo è un anello della catena naturale al pari degli altri organismi e non può porsi in antagonismo con le leggi eterne della natura”. E poco oltre (pag.133) “proprio in virtù di tale pensiero, che si costituisce di una articolata concezione della natura come divinità immanente e come modello sociale, emerge nei volontari una presa di distanza, un distacco dal cristianesimo e dal cattolicesimo descritti come inutili rispetto alla concezione di vita adottata. Non emerge in questo caso, un sentimento di ostilità verso il cristianesimo, ma piuttosto la dichiarazione della propria alterità”. Qualcuno potrebbe parlare di <naturalismo> in ogni caso tutto ciò cui sembra certamente superiore e più simpatico del giudeo-cristianesimo.
Ma proseguiamo: “All’interno di alcune interviste si evidenzia, invece, una forte avversione nei confronti del cattolicesimo imputabile al ruolo attribuito dai volontari ai sacerdoti e alla chiesa all’interno della seconda guerra mondiale”. “E’ possibile constatare in queste testimonianze che all’origine dell’ostilità verso il cattolicesimo si colloca il comportamento dei sacerdoti considerato come ostile o collaborativo col nemico”.
D’altra parte gli screzi tra Regime Fascista e chiesa cattolica erano stati frequenti durante tutto il ventennio “Il fascismo…era impegnato nella costruzione di una nuova civiltà che si doveva fondare sull’ideale del cittadino soldato, dell’uomo organizzato collettivamente, educato secondo i principi della morale fascista, di una moralità bellicosa ed antiborghese… E’ evidente che né al fascismo né alla chiesa poteva sfuggire il fatto di trovarsi in una situazione di concorrenziale antagonismo totalitario.(4)
L’autore prende poi in esame quanto gli ebbero a dire sull’argomento due volontari che i nostri lettori conoscono: Pio Filippani Ronconi (ricordiamo che l’insigne studioso si convertì poi al cristianesimo ortodosso) e Rutilio Sermonti. Per costoro (pag.138) “…la critica al cattolicesimo e al cristianesimo tutto, si caratterizza per un maggiore radicalismo e si slega dalle sole vicende belliche e dal ruolo dei sacerdoti e della Chiesa all’interno di esse. Il primo che nel proprio soldbuch alla voce religione figura come pagano, attribuisce all’avvento del cristianesimo, con la chiusura degli antichi templi e il venire a mancare dell’antico retaggio culturale, la caduta dell’Impero Romano e descrive così la decadenza: <Papa Gregorio che s’infuriava coi giovani che di notte avevano cercato di riaprire il tempio di Giano per tenere lontano il nemico e ingiungeva loro di smetterla di ispirarsi alle storie di Tito Livio – che poi dannò al fuoco – ma leggere piuttosto i salmi penitenziali e piangere sui propri peccati. Allora Roma morì, perché vennero spente le idee ed i ricordi, sui quali si sarebbe potuto ricostruire un consenso popolare e un’aristocrazia senatoria.>”
E poche righe dopo “Ancor più radicali appaiono le parole del volontario Rutilio Sermonti che, affrontando la tematica della religiosità e parlando del cristianesimo, afferma: <terribili i cristiani, che odiando la carne, hanno concepito un paradiso dove si cantano inni, insomma sai che palle!> Il giudizio negativo del volontario sul cristianesimo si approfondisce a livello tematico quando egli dichiara: <il giudaismo, con la sua concezione di popolo eletto da Dio che dovrebbe avere al servizio gli altri, ha esercitato un suo influsso sull’Europa proprio attraverso il cristianesimo, che inizialmente era una setta ebraica>. Rutilio Sermonti, mentre cerca di spiegare la propria religiosità e spiritualità, puntualizza come egli non si senta né cristiano né cattolico e definisce così la bibbia: <un libro estraneo alla nostra tradizione, intriso di sciovinismo ebraico, e che esalta personaggi come Davide, facendo di un infame un eroe. Davide sarebbe stato considerato un infame da qualsiasi romano>. “Da parte mia mi limito a ricordare come i più recenti studi abbiano del tutto demolito ogni pretesa di storicità da parte dei testi sacri giudaici.
Interessanti (pag.139) anche queste considerazioni del Sermonti: <tra le tante definizioni che sono state date di fascismo, quella più appropriata è quella di fascismo come modo di essere dello spirito, come senso del sacro, perché un fascista non è in polemica con l’ordine cosmico, con l’armonia della vita, non può opporsi ad essa, ma la vuole riconoscere in sé>. Ben detto!
Il Guerra così riassume (pag.139) “L’identificazione delle responsabilità del cristianesimo nella caduta dell’Impero Romano rimandano ad una ricostruzione storica che era cara al nazionalsocialismo e a Hitler stesso, che riteneva che senza l’influsso del cristianesimo l’Impero Romano non si sarebbe estinto, ma avrebbe proseguito la propria missione grazie all’innesto dell’influenza pagana germanica. Sempre coerente con l’ideologia nazional socialista appare, inoltre, il considerare il cristianesimo una dottrina giudaica e quindi non solo estranea alla cultura europea, ma anche complice del giudaismo stesso e dei piani per il dominio del mondo che ad esso venivano attribuiti”.
Alle origini del cristianesimo gli ebrei a pag.185 del libro del Guerra leggiamo “Nel narrato di alcuni degli intervistati alle tematiche del perseguimento della giustizia sociale e del forte sentire anticapitalista si collega e correla, quasi a livello di unità tematica, il tema dell’antigiudaismo”. In effetti, le interviste denotano nei volontari un grande entusiasmo per le riforme sociali del fascismo e del nazionalsocialismo e una fortissima avversione al sistema capitalista (Motivi su cui si potrà eventualmente ritornare in futuro). Riguardo specificatamente alla questione ebraica si può supporre che gli intervistati abbiano <annacquato> per motivi contingenti le loro posizioni di allora e del periodo in cui rilasciavano le loro dichiarazioni. Non si tratterebbe qui né del vecchio antigiudaismo cattolico né di un antisemitismo razziale, l’avversione all’ebreo coincide con l’opposizione al capitalismo e al materialismo.Così (pag.188) il volontario Ireneo Orlando dichiara: <non era questione di singoli ebrei, o di razzismo biologico come oggi vogliono far credere, il nemico era il giudaismo, il nemico era la finanza e le plutocrazie>.
Per Rutilio Sermonti (pag.193) <la cupola usuraia apolide con sede a New York si è servita e si serve di succursali in ogni luogo del pianeta che vorrebbero cancellare ogni identità dei popoli per snaturare la plutocrazia, ossia il dominio di chi possiede la ricchezza materiale, è la loro pretesa di ignorare le razze per ridurre tutti a servi delle cose, del denaro, e ciò è causa della degradazione dì ogni convivenza civile, della libertà… L’ebraismo voleva e vuole che i diversi popoli rinuncino alla loro anima per trasformarsi in un gregge al servizio della casta mercantile e cosmopolita, un gregge di lavoratori e consumatori>.
Commenta il Nostro: “[…]emergono tratti di un antigiudaismo di matrice sociale ed economica che si arricchisce di nuove dimensioni. Il termine <giudeo> non è più riferito, infatti, esclusivamente all’ebreo, ma a tutti coloro ai quali sono attribuite una mentalità, un comportamento e un pensiero considerati come tipici dell’ebreo”.
Inoltre (pag.193) dalle dichiarazioni di alcuni appare “la convinzione dell’esistenza di un disegno e di un piano ebraico per dominare il mondo. Vi è la convinzione che le forze del capitalismo e della finanza internazionale abbiano operato ed operino per sovvertire i principi del rispetto delle identità locali e nazionali e della giustizia sociale, e ciò col fine di creare una società asservita al denaro e composta non di uomini ma di consumatori”.
Su di un piano più generale (pag.194) “Ciò che è importante notare è come per la generalità degli intervistati lo scontro che avvenne durante la seconda guerra mondiale più che interessare le nazioni interessi due opposte concezioni dell’uomo, della vita e del mondo. Da un lato i fascismi che incarnarono il principio della giustizia sociale e del riconoscimento delle identità dei popoli, dall’altro gli Stati capitalisti, le plutocrazie, che incarnarono, invece, il principio dell’egoismo individualista e delle riduzioni dei popoli a una massa indifferenziata di consumatori e sfruttati. In questa visione del conflitto i termini <ebreo> e <capitalista> divengono sinonimi.”
E dal giudaismo si ritorna alla sua principale filiazione: il cristianesimo. Pag.199: “Il volontario Rutilio Sermonti afferma: <il giudaismo si basa sulla concezione di un popolo eletto, l’unico popolo eletto dall’unico dio e questo popolo vorrebbe, anzi dovrebbe, avere al proprio servizio gli altri, i gentili, trattati come animali e destinati a servire, e tutto ciò è entrato a far parte della cultura europea parchè il giudaismo ha esercitato un influsso sull’Europa attraverso il cristianesimo che inizialmente era una setta ebraica, […]”. Come analizzato in precedenza anche il volontario Pio Filippani Ronconi sostiene la tesi che il cristianesimo concepito come elemento nocivo di origine asiatica, abbia contribuito a determinare la caduta dell’Impero Romano e la perdita Delle antiche radici sacre ai popoli europei”. Infine scrive ancora il Guerra appare come “…il cristianesimo e il cattolicesimo venissero equiparati come mentalità di fondo all’ebraismo, dal quale originano. La storia del cristianesimo viene infatti interpretata come dominazione affaristica su altri popoli ammantata da un pretesto religioso ed il cristianesimo come complice del giudaismo del quale adotterebbe la medesima logica e i medesimi mezzi”.
Qualche pagina prima (pag.189) era stata ribadita la constatazione fondamentale: “…i volontari si caratterizzavano per una religiosità paganeggiante e ostile al cristianesimo e al cattolicesimo”.
Si potrebbe continuare esaminando altri argomenti sui quali i volontari ebbero a esprimere i loro pareri (naturalmente non tutti condivisibili): il carattere internazionale delle Waffen SS, la concezione dell’Europa, i giudizi sul colonialismo, il Fascismo-Regime, la figura di Benito Mussolini, il comunismo e i partigiani con i loro crimini verso un nemico già vinto. Consiglio, in ogni caso; la lettura del libro anche se lo stile dell’autore non la rende troppo facile e finisco parafrasando Shakespeare: Questi erano uomini, quando mai ne vedremo altri come loro?
Alfonso De Filippi
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una "biblioteca" davvero interessante e ben fornit... Leggi commento »
[…] alle nuove forme della tecnocrazia. Non ... Leggi commento »
Caro Simola, la ringrazio per il suo ampio comment... Leggi commento »
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La seguo da tempo anche quando scriveva per un alt... Leggi commento »