13 novembre 1919: che diluvio al Gaffurio ! (parte seconda)
di Giacinto Reale
Arrivati nella cittadina, già nel percorso dalla stazione al teatro Gaffurio, sede dell’adunata, i fascisti vengono fatti oggetto di insulti e minacce da parte di gruppi di sovversivi, ben intenzionati a ripetere l’intimidazione di qualche giorno prima; giunti, comunque, al teatro, gli squadristi si dispongono in Galleria e sul palco, strategicamente, in modo da poter fronteggiare nel modo migliore un assalto avversario che, a questo punto, appare più che probabile. Esso, infatti, puntualmente si verifica, allorché una massa urlante, sfondato il portone, invade la platea; in un attimo il palcoscenico è bersagliato da tavole, attaccapanni, sedie divelte ed altri oggetti contundenti; per qualche minuto la rissa si spezzetta in una serie di corpo a corpo isolati, finché dal fondo della sala vengono esplosi dei colpi di pistola, ed è il fuggi fuggi degli aggressori, che lasciano sul terreno un morto e due moribondi.
Il gruppo fascista, rimasto padrone del teatro, è arrestato quasi per intero dalla forza pubblica finalmente sopraggiunta; l’elenco dei carcerati di Lodi comprende alcuni nomi destinati a diventare famosi nell’ambiente fascista e squadrista; vi sono, tra gli altri, Italo Bresciani, Leandro Arpinati, Arconovaldo Bonaccorsi, Luigi Freddi e Asvero Granelli.
L’episodio, nel suo drammatico epilogo, è in buona parte causato dall’incapacità dell’apparato poliziesco a fronteggiare, o meglio, a prevenire situazioni di estrema pericolosità. Il precedente, riuscito, tentativo di impedire il comizio fascista, e la dichiarata volontà di non subire la prepotenza per la seconda volta, lasciavano prevedere una concreta possibilità di incidenti. Eppure, nulla viene messo in atto per prevenire il contatto fra i due gruppi avversari, la cui grande disparità numerica faceva presumere, e legittimava quasi, l’uso delle armi da parte dei più deboli, che rifiutavano il ruolo predestinato di vittime di un atto di violenza e sopraffazione. Certo, fuor di luogo in questo caso parlare di connivenza delle autorità con i fascisti, ché anzi, prevedibilmente essi avrebbero dovuto avere la peggio nel confronto con la massa sovversiva e, quindi avrebbero piuttosto tratto giovamento da una forte presenza di poliziotti e Carabinieri.
E’ più esatto attribuire l’inerzia dei pubblici poteri ad una radicata tendenza a “lasciar fare, lasciar perdere”, a lasciare, cioè, che le fiammate si spengano da sole, ed intervenire solo nei casi più estremi. Tendenza che sarà ufficialmente adottata dal Governo nei mesi a venire, di fronte alle occupazioni di terre, alle rivolte paesane e cittadine, fino alle occupazioni delle fabbriche.
Sul versante fascista, i fatti di Lodi confermano da un canto la “coriacità” dei primi squadristi, disposti anche a fare ricorso al “fuoco fermo” se necessario, in situazioni di grave pericolo, dall’altro ripropongono l’efficacia risolutrice di un intervento deciso e duro, pure a costo di provocare delle vittime, come unico modo per difendere i propri diritti e sopperire alla grande inferiorità numerica. La detenzione,per alcuni degli arrestati, si protrarrà fino a nove mesi di carcere preventivo; in cella, Arconovaldo Bonaccorsi si scopre insospettate doti di stornellatore ed è l’organizzatore dei cori carcerari. Mano a mano che usciranno, il liberati porteranno l’eco delle loro canzoni per le vie di Milano, con un ritornello che ricorda la prova del fuoco vittoriosa: “Pussisti di Milano / Attenti, che diluvio / Ritornano da Lodi / I fascisti del Gaffurio”
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Categorie: Fascismo, Gaffurio, Mussolini, Storia
Pubblicato da Giacinto Reale il 17 Settembre 2013
Nato a Bari intorno alla metà del secolo scorso, vive a Roma. Ha sempre coltivato la passione per cose di storia, alla ricerca di una verità che intuiva essere non di rado diversa da quella dei “sacri testi”.
Coltiva, ultimamente, uno speciale interesse per vicende e uomini del primo fascismo, convinto che lì c’è tutto: quello che il fascismo fu, e, soprattutto, quello che prometteva di essere……
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