(13) Il più recente Krita Yuga (o Satya Yuga) iniziò, secondo le scritture vediche, 3.888.000 anni a.C., per concludersi 2.160.000 anni a.C. Durante il suo arco temporale (1.728.000 anni) sappiamo che abitarono in Africa due nostri lontani progenitori: gli Australopitechi (ominidi vissuti all’incirca dai 4 ai 2 milioni di anni or sono) e l’Homo habilis (da 2.33 milioni a 1.4 milioni di anni fa circa). A loro spettò l’ultima Età aurea. La prossima comincerà nel 428.899. Se a quel tempo esista ancora la sottospecie Homo sapiens sapiens è una domanda cui non si può rispondere.
(14) “L’unione di sensibili, elementi, organi e mente costituisce l’Uovo dal quale ogni Universo si sviluppa. Quest’Uovo (il
brahmāṇḍa) riposa sulle Acque ed è abitato da Brahmā, maschile, che è l’Embrione d’oro (Hiraṇyagarbha)
menzionato per la prima volta nel decimo
maṇḍala del
Ṛgveda. Brahmā, in quanto creatore, foggia l’interno dell’Uovo, descritto sopra; Viṣṇu, in forma di Nārāyaṇa, steso sul Serpente cosmico (Śeṣa, il quale a sua volta galleggia sulle Acque) in quanto conservatore, sostiene l’Uovo; Śiva, in quanto distruttore, lo annienta al momento appropriato. Tutti e tre non sono altro che manifestazioni della divinità suprema in forme caratterizzate rispettivamente dalle qualità della passione, della bontà e della tenebra. Il ritmo delle creazioni, conservazioni e distruzioni di ciascun Universo ‒ poiché nell’infinità del
brahman, che include l’infinità del Tempo, infiniti Universi vengono di continuo all’esistenza, sono conservati e sono distrutti ‒ è controllato dalla vita del Brahmā di ciascun Universo. Brahmā vive 100 ‘anni’; ogni ‘anno’ consiste di 360 ‘giorni’ e 360 ‘notti’ (in questo si riflette l’idea della ruota di 720 figli in coppie menzionati in
Ṛgveda, I, 164); ciascun ‘giorno’ e ciascuna ‘notte’ corrispondono a un’era (
kalpa) di 4.320.000.000 di anni umani. La vita di un Brahmā consiste, dunque, di 72.000
kalpa, o 311.040.000.000.000 di anni umani. All’inizio di ogni
kalpa, o ‘giorno’ di Brahmā, dispari, Egli crea (nel primo) o ricostruisce (negli altri) l’interno dell’Uovo (
brahmāṇḍa); alla fine di ogni ‘giorno’ di Brahmā, Śiva distrugge il contenuto del
brahmāṇḍa al di sotto del Maharloka; durante ogni ‘notte’ di Brahmā, Egli dorme; alla fine dell’ultima ‘notte’, l’Uovo torna a dissolversi nelle Acque circostanti. All’interno del
kalpa, il tempo è suddiviso in 1000
mahāyuga, ciascuno dei quali costituito da 4.320.000 anni umani; alla fine di un
mahāyuga, gli esseri viventi sulla superficie della Terra sono tutti distrutti. Il
kalpa è anche suddiviso in 14
manvantara, alla fine di ciascuno dei quali i sette
ṛṣi e gli dèi, a cominciare da Indra, sono distrutti. Ciascun
manvantara consiste di 71
mahāyuga o 306.720.000 anni umani. Poiché 14
manvantara contengono soltanto 4.294.080.000 anni umani, i restanti 25.920.000 anni necessari per completare i 4.320.000.000 di anni di un
kalpa sono divisi in 15 parti uguali di 1.728.000 anni, chiamate Crepuscoli (
sandhyā); una
sandhyā è collocata prima del primo
manvantara e un’altra è posta a seguito di ciascun
manvantara. Ogni
mahāyuga è suddiviso in quattro parti disuguali, tra loro in rapporto di 4:3:2:1; le loro durate corrispondono dunque, rispettivamente, a 1.728.000 anni (il Kṛtayuga, di durata pari a quella di una
sandhyā), 1.296.000 anni (il Tretāyuga), 864.000 anni (il Dvāparayuga) e 432.000 anni (il Kaliyuga). Un periodo di estensione identica si ritrova nei miti babilonesi. Secondo l’astronomo babilonese Beroso, 432.000 anni (in notazione sessagesimale,
2,0,0,0 anni) equivalgono alla durata del governo dei re antidiluviani. Tale periodo è alla base dell’intero sistema dei
kalpa. Alla fine di ogni
yuga, all’interno del
mahāyuga, ha luogo la distruzione degli esseri umani, le cui caratteristiche, come quelle di altri elementi della creazione, degradano al susseguirsi degli
yuga. Le distruzioni più importanti nel presente
mahāyuga furono quelle compiute da Paraśurāma alla fine del Tretāyuga e da Kṛṣṇa alla fine del Dvāparayuga; la prossima distruzione, a opera di Kalkin, avrà luogo alla fine del Kaliyuga. I Purāṇa esprimono dunque una concezione grandiosa dell’Universo, il quale è soggetto a creazioni e ricreazioni periodiche, a declini graduali e a distruzioni parziali o catastrofiche, distribuite ciclicamente nel corso di lunghi periodi di tempo. Ogni Universo, poi, si riflette in un numero infinito di repliche esatte. In questa visione straordinaria confluiscono elementi derivati dai miti cosmogonici vedici, dalle speculazioni upaniṣadiche, dalla filosofia del Sāṃkhya, dai culti postvedici di Śiva e Viṣṇu, dalle credenze cosmologiche iraniche, dai concetti babilonesi di tempo e infine, dall’ordinamento greco dei pianeti.” (
http://www.treccani.it/enciclopedia/asia-india-americhe-la-scienza-indiana-la-cosmologia_(Storia_della_Scienza)/); “Nell’Induismo (…), un kalpa dura 4,32 miliardi di anni, cioè un ‘giorno di Brahma’ e misura la durata del mondo (…). Il kalpa è a sua volta diviso in altre ere che si susseguono e ripetono ciclicamente a loro volta (…). Un kalpa equivale a mille mahāyuga, l’insieme dei quattro yuga comprese le ‘albe’ e i ‘crepuscoli’ intermedi (sandhi). Ogni kalpa è poi diviso in 14 ‘periodi di Manu’ (manvantara o manuvantara), ognuno dei quali dura 306.720.000 anni. Due kalpa costituiscono un giorno e una notte di Brahma. Un ‘mese di Brahma’” contiene “30 di questi giorni e notti, 259,2 miliardi di anni. Secondo il Mahabharata, 12 mesi di Brahma (da 360 giorni e notti di Brahma) costituiscono un ‘anno di Brahma’ o ‘anno divino’ e 100 anni di Brahma costituiscono un ciclo di vita dell’universo o vita di Brahma, chiamato mahākalpa (‘grande kalpa’). Ad oggi sarebbero passati cinquanta anni di Brahma e ci troviamo nel cosiddetto shvetavaraha-kalpa del cinquantunesimo anno di Brahma. Alla fine di ogni giorno di Brahma (kalpa) sovviene una notte di Brahma, della stessa durata del giorno (1 kalpa), durante la quale avviene una parziale distruzione del mondo (pralaya) per opera del fuoco, dell’acqua o del vento. Dopo ogni mahākalpa (100 anni di Brahma), Brahma muore e avviene una distruzione totale dell’universo (mahapralaya), che dura quanto è durata la vita di Brahma: 100 anni di Brahma. Dopo tale periodo, Brahmā rinasce e si ripete nuovamente il ciclo. Nella Bhagavad Gita, il Signore Krishna così spiega ad Arjuna la teoria dell’evoluzione e dell’involuzione durante i cicli cosmici: ‘Quando sanno che la durata completa di un giorno di Brahmā è di mille eoni, e di mille eoni la sua notte, gli uomini conoscono veramente che cos’è un ciclo cosmico. Quando viene il giorno, tutti gli esseri distinti procedono dall’indistinto; quando viene la notte, è in esso altresì che si risolvono, in ciò che è detto l’indistinto. Questa stessa moltitudine di esseri, dopo esser venuta più e più volte all’esistenza, figlio di Pṛthā, si riassorbe suo malgrado, quando viene la notte; essa torna a sorgere quando torna il giorno. Ma al di là di questo non manifestato, esiste un altro non manifestato, eterno che, anche quando tutti gli esseri periscono, non perisce. È detto l’Imperituro, il Non Manifestato; è Lui che si proclama essere il fine supremo. Quando lo si è ottenuto, non si rinasce più. È la mia sede suprema.’ (Bhagavad Gita, Canto VIII, versi 17-21) E ancora: ‘O figlio di Kuntī, alla fine di un eone tutti gli esseri vanno a questa mia natura [cosmica], poi, all’inizio di un eone, io li emano di nuovo. Padroneggiando la mia natura cosmica, io emetto sempre di nuovo tutto questo insieme di esseri, loro malgrado e grazie al potere della mia natura.’ (Bhagavad Gita, Canto IX, versi 7,8)” (
http://it.wikipedia.org/wiki/Kalpa). Cfr.
http://it.groups.yahoo.com/group/libertari/message/60136.