Un discusso protagonista del neofascismo francese: François Duprat

Come tutti sanno, a tanti anni dalla sconfitta europea del 1945 si continua a parlare di neo-fascismo e neo nazismo, anche solo dedicandosi a gruppi e gruppuscoli che effettivamente meritino tale qualifica, si apre un campo di studi vastissimo e ancora capace di dare suggerimenti per l’elaborazione di quella “ideologia di combattimento”sempre più necessaria per affrontare le tragedie di un futuro sempre più minaccioso.

In quest’ambito la Francia offre spunti di grande interesse come si è visto occupandoci della rivista “Europe Action”e dei gruppi capeggiati da Charles Luca (1). Si vuole qui trattare di un interessante e controverso protagonista del campo dell’estrema destra neofascista francese François Duprat che forse i nostri lettori conosceranno per i suoi libri dedicati alle Waffen SS che hanno avuto anche un’edizione italiana(2).

Al Duprat, reso famoso, purtroppo, da una tragica fine ancor oggi avvolta nel mistero, è stato dedicato recentemente un libro di grande interesse da parte di autori non riconducibili all’area politica cui il Nostro apparteneva. Si tratta di Nicolas Lebourg e Joseph Beauregard <François  Duprat L’homme qui inventa le Front National> edito a Parigi da Denoel agli inizi del 2012. Il Leoburg è autore anche di un altro libro assai interessante “Le Monde vu da la plus Extreme Droite- Du Fascisme au nationalisme révolutionnaire” edito nel 2010 dalle Presses Universitaires de Perpignan, a pag.13 di questo testo si leggeva a proposito del protagonista di questo studio “Il Duprat ha partecipato alla fondazione e alla direzione dell’essenziale dei movimenti fascisti francesi”.Qui si può ora dare un profilo generale di questo interessante e discusso personaggio con il proposito di ritornavi eventualmente in futuro .

François  Duprat nacque ad Aiaccio il 26Ottobre 1940 in una famiglia politicamente orientata all’estrema sinistra (il padre partecipò alla “resistenza”) tanto che egli ancora adolescente, ebbe a frequentare ambienti trotzkisti da cui si distaccò verso la fine degli anni 50 per aderire alle correnti più radicali del nazionalismo francese. (il che gli procurò una sorta di scomunica da parte della famiglia) Si può ricordare che fin da giovanissimo F. Duprat dimostrò una buona intelligenza, una meravigliosa memoria e una vera avidità di leggere e imparare. Per tutta la vita, forse anche per le sue “origini” politiche, manifestò sempre un grande interesse per i gruppi più radicali dell’estrema sinistra e fu tra i primi a coglierne quelle loro potenzialità che sfociarono nel famoso maggio 1968.

  Nel 1958, passato all’estrema destra nazionalista e neo fascista, aderì al movimento Jeune Nation e, dopo lo scioglimento di questo gruppo, al Parti Nationaliste che avrebbe dovuto continuare l’attività di J.N. e che, grazie alla repressione democratica, ebbe solo pochi giorni di vita. Nonostante un fisico “pesante” e una forte miopia il nostro fu anche, oltre ad uno studioso, un coraggioso attivista distinguendosi per il suo valore in numerosi scontri con elementi di sinistra. Trasferitosi a Parigi, il Duprat partecipò alla fondazione della Federation des Etudiants Nationalistes. Il programma di questo nuovo gruppo affermava la superiorità della <razza bianca>, condannava il meticciato e il comunismo e chiedeva la soppressione dei partiti politici. Le attività del Duprat, i suoi legami con l’OAS gli valsero un periodo di prigionia per “attentato alla sicurezza dello stato”. A quanto sembra, per evitare guai peggiori avrebbe accettato di diventare un “indicatore” delle forze di polizia, un lato oscuro, e senz’altro deplorevole, nella vita di un militante. Nel frattempo riuscì a proseguire la sua carriera scolastico – accademica e a  sposarsi (ma il matrimonio ebbe breve durata), e ad avere una figlia.

Dalla F.E.N. nacque la rivista <Europe –Action> riguardo alla quale rimando a un mio precedente articolo, ricordo solo che nelle sue pagine si parlava di un “Occidente”visto come territorio della “razza bianca” in lotta con quelle di colore rompendo con il nazionalismo francese “vecchio stile”. Da E.A. infatti  il “nazionalismo”venne definito “Dottrina che esprime in termini politici la filosofia e le necessità vitali dei popoli bianchi”-Una concezione che qualcuno potrebbe trovare ancora non del tutto superata ai nostri giorni!

Il Duprat non condivise le tesi di “realismo biologico” della rivista e il rifiuto da parte del gruppo di un attivismo anche violento. Per lui (Leburg-Beauregard pag. 51 “Lo Stato-nazione, motore della Storia, deve essere omogeneo, non sul piano razziale ……ma su di un piano di coesione e di mutua cooperazione tra le diverse componenti di questo raggruppamento storico.”Vero è che allora ben pochi potevano immaginare le proporzioni che, in pochi decenni, avrebbe preso il fenomeno migratorio dal mondo “di colore” verso quello “bianco” (e l’ascesa a super potenza della Cina). In questo caso quelli di Europe Action videro più lontano del Duprat. .(3)

Nel 1964 il Nostro partecipò alla fondazione del Mouvement Occident, in seguito si trasferì nell’agitata Africa del post colonialismo, dove la fine del potere bianco aveva lasciato spazio a ricadute nella peggiore barbarie. (Qualcuno ricorderà forse il film “Africa Addio”di Gualtiero Jacopetti). Questa fase della vita del Duprat rimane alquanto misteriosa, sarebbe stato nel Congo ex Belga dove avrebbe lavorato per i servizi di propaganda di Moise Ciombè fino alla caduta di questi nell’ottobre 1965. Ritornato a Parigi prese a collaborare al famoso settimanale dell’opposizione nazionale francese <Rivarol> entrando anche a far parte dell’Ufficio Politico di Occident. In seno a codesto movimento attivista, protagonista di duri scontri con le bande di estrema sinistra, diresse la propaganda e il periodico<Occident Universitè> organo del gruppo. Occident era stato fondato nel 1964 da dissidenti della F.E.N. favorevoli ad un attivismo anche violento. Il Duprat cercò di ampliare il bagaglio ideologico dei militanti senza mancare di distinguersi anche negli scontri con gli avversari però anche i suoi legami con questo movimento, destinato a essere messo fuori legge nel fatale 1968, iniziarono a deteriorarsi, anche a causa della fama del Duprat come “indicatore” al servizio delle forze dell’ordine, infine, avendo rotto con la direzione del gruppo se ne allontanò.

Prese anche a collaborare con la rivista <Défense de l’Occident> del famoso intellettuale, fascista dichiarato, Maurice Bardeche. Segnaliamo subito un punto interessante e, almeno a  giudizio di chi scrive assai positivo: mentre, allora all’epoca della guerra di aggressione sionista “dei sei giorni” quasi tutto lo schieramento nazionale francese (e purtroppo, salvo Ordine Nuovo, anche quello italiano) era schierato a favore dell’entità sionista, la rivista del Bardeche, pubblicò un numero speciale dall’eloquente titolo “L’Agression israelienne” il cui editoriale terminava  “Abbasso gli aggressori imperialisti israeliani!Libertà per la Palestina araba!”Codesto fascicolo ebbe una traduzione italiana per opera delle Edizioni di AR(4). Un altro numero speciale della prestigiosa rivista fu dedicato nel 1969 a “Les Fascismes inconnus”, i testi di tale fascicolo apparvero in Italia sotto forma di libro “I Fascismi Sconosciuti” edito prima da Il Borghese e poi da Ciarrapico con una magistrale prefazione di Giorgio Locchi. Un altro fascicolo della rivista curato dal Duprat nel 1970 ebbe per titolo “Le Fascismes dans le Monde” in ci si facevano  grandi illusioni riguardo al MSI passato sotto la guida di Giorgio Almirante, sull’apparire dei primi skinheads in Gran Bretagna e sulla nascita di Ordre Nouveau in Francia, mentre il regime greco dei “colonnelli” veniva visto, troppo ottimisticamente, come la <Premiére victoire sur Yalta”. Il Duprat, firmandosi con lo pseudonimo François Solchaga dedicava interessanti pagine anche ad alcuni regimi e movimenti  del “Terzo Mondo”:il nasserismo, il Baath, i nazionalisti turchi, i movimenti nazional populisti dell’America latina e le dittature anti comuniste estremo orientali: il macello dei comunisti compiuto dai generali indonesiani nel 1965 non aveva mancato  di entusiasmare certe settori delle estreme destre europee e ..poi di quella cilena !

 Sempre nell’ambito del sostegno alla causa arabo-palerstinese il Duprat cercò di lanciare un Rassemblement pour la Libèration de la Palestine che entrò in contatto  con il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina e il Partito Social Nazionalista Siriano. Si può ricordare che il Duprat nutrì sempre un grande interesse riguardo al Partito Baath in cui notava delle somiglianze con i fascismi europei.

Nel novembre 1968 il Nostro fu tra coloro che diedero vita alla rivista “L’Elite Europèenne” , nel 1969 al Centro Sperimentale di Vicennes il Duprat fu vittima di una brutale aggressione da parte di elementi maoisti che lo percossero selvaggiamente

Nel 1970 fu tra i fondatori del movimento Ordre Nouveau, un gruppo che si voleva il “fratello “francese del Movimento Sociale Italiano, del cui “ufficio politico”entrò a far parte dirigendone la propaganda,  nel giugno del 1972 il Duprat fu tra coloro che maggiormente si impegnarono perché attorno ad Ordre Nouveau si creasse un fronte che comprendesse quanto più possibile della destra nazionale francese, si iniziarono così a porre le basi di quel Front National che, sotto la guida di Jean Marie Le Pen, doveva sconvolgere la vita politica francese. Il modello era l’operazione “destra nazionale”attuata in quel periodo dal Movimento Sociale Italiano, il nostro non immaginava che essa sarebbe stata l’inizio della fine per il neofascismo italiano!  ( Sul movimento italiano  il Duprat scrisse anche un libro “L’Ascension du MSI”(Les Sept Couleurs, Paris, 1972) L’operazione resa necessario dalla estrema frammentazione dello schieramento nazionale francese non ebbe un facile svolgimento. Una parte degli attivisti di O.N. la rifiutò e ruppe fondando i Groupes d’Action Jeunesse, un’ altra fazione guidata da Alain Robert mirava a riprendere  la sua indipendenza volendo giungere  a collaborare con la destra parlamentare . Da parte sua il Duprat sosteneva che O.N. dovesse sciogliersi e confluire nel F.N. e così venne espulso anche da Ordre Nouveau nella primavera del 1973. Questo movimento peraltro aveva i giorni contati, infatti  organizzò una riunione pubblica contro l’”immigrazione selvaggia”, i  gruppuscoli di estrema sinistra scatenarono in tale occasione una violenza selvaggia e il “regime “democratico ne prese pretesto per mettere O.N. fuori legge.

I dirigenti del disciolto movimento, avendo rotto con il F.N.,  diedero poi vita al Parti des Forces Nouvelles (5) che per anni si impegnò in una suicida lotta fratricida col movimento del Le Pen rallentandone gravemente la crescita facendo perdere anni preziosi allo schieramento nazionale francese (in Italia abbiamo visto anche di peggio!).Da parte sua il Front National andava trasformandosi da confederazione di vari gruppuscoli in partito vero e proprio.

Nel 1972, intanto, era stato pubblicato uno dei libri più interessanti del Duprat “Les Mouvements d’Extreme Droite en France depuis 1944” (Ed. Albatros, Parigi), testo ancor oggi utilissimo per ricostruire le vicende del frammentato schieramento nazionale francese: una storia vissuta veramente “all’interno”. Il volume si conclude con una appendice dedicata alle “References ideologiques de l’extreme droite”.Esse sarebbero: il “totalitarismo”, il “Fascismo” diremmo di “tipo italiano”il quale (pag.227) ” più che una dottrina sarebbe un’azione, una volontà di lotta, il tentativo di creare un uomo eroico, un combattente.”. Esso troverebbe le sue radici in Maurras per la critica alla democrazia, in Nietzsche per la volontà di potenza, in Sorel per l’uso politico della violenza e anche in alcuni dei primi scritti di Lenin: Mussolini potrebbe essere considerato un “revisionista rivoluzionario” del marxismo. Ma (pag.228) “Il Fascismo si vuole aristocratico, propugna la selezione di un’elite e si oppone a ogni egualitarismo in specie a quello democratico. (E sarebbe questo, a parere di chi scrive, un aspetto sul quale gli attuali “neofascisti” italiani dovrebbero tornare a meditare) .Il Fascismo è anti comunista, anticapitalista, antidemocratico, in quanto si rifiuta di riconoscere lo stesso valore a tutti gli esseri umani senza eccezione”Inoltra (pag.228) “Se esso nega i principi del 1789, non è perché sia mosso da un desiderio frenetico di ritornare all’indietro nel tempo e di reazione sociale, se è lungi dall’essere contro-rivoluzionario, il fascismo ha superato quel vago conformismo che è diventata la dichiarazione dei diritti dell’uomo e mira a creare un mondo nuovo”(E su ciò dovrebbero meditare, invece, coloro che in Italia hanno confuso il “Fascismo”con la difesa dei Borboni di Napoli e, ancor peggio, del potere temporale dei papi!)

Inoltre il fascismo è imperialista. Il Duprat ricordava poi come all’inizio Mussolini negasse che il fascismo fosse “merce di esportazione”, per poi abbandonare tale posizione di fronte al pullulare in moltissimi paesi di movimenti che si ispiravano al suo. Ne sottolinea .eccessivamente e in modo non giustificato, il presunto “antirazzismo” e conclude(pag.230) “Il fascismo è un modo di organizzare lo stato, la messa in forma di una nazione in un fascio di energie, non più separati, ma unite e operanti verso un solo scopo”.Dell’ “empirismo”mussoliniano gli imitatori esteri hanno cercato di fare una sorta di “dogma” c ciò li avvicina al nazionalsocialismo germanico

Passando al Nazismo, il Duprat ne riassume le basi sul principio del capo e su quello “dell’unità”: un popolo, una nazione, un capo (pag.232) L’anticomunismo dei nazisti era ancor più virulento di quello dei fascisti italiani. Inoltre (pag.233) “Alle sue origini, il partito era violentemente anti capitalista. La pressione di avvenimenti esterni lo costrinse a moderare tale posizione, soprattutto in previsione di una guerra, ma non vi è alcun dubbio che Hitler non nutriva alcuna simpatia verso i capitalisti. Suo desiderio sarebbe stato, una volta finito il conflitto, di mettere fine alle loro attività indirizzando il Reich verso una via più socialista.”  Si può qui ricordare che la “sinistra nazista”(Soprattutto i fratelli Strasser) rimane ancor oggi mal conosciuta in certi ambienti nazional rivoluzionari italiani anche quando essi (per lo più sopravvalutandola ) dichiarano di riferirsi a essa. Comunque: “Non si aderisce al partito nazional-socialista come ad un volgare partito borghese. Non è solo una quota che si deve pagare. E’una adesione totale ed effettiva in cui la militanza gioca un grande ruolo”(pag.232.)

 Riguardo poi al razzismo nazista, il Duprat ne trattava troppo brevemente cercandolo di distinguerlo sia dal pensiero del Gobineau sia da quello a tinte “esoteriche” della famosa Thule e dei gruppi consimili.   Inoltre, fatto di grande importanza (pag.234) “Il nazional .socialismo che era stato ai suoi inizi un’ideologia strettamente tedesca cerca, a partire dal 1941, data dell’inizio della guerra contro l’Unione Sovietica, di trasformarsi in un’ideologia europea basata sulla costruzione di un’Europa unita, ciò almeno sul piano della propaganda, dato che l’adesione del Nazional Socialismo alla causa europea non divenne effettiva che dopo i grandi disastri militari ……Il nazional socialismo divenne comunque il motore di una crociata anti comunista dato che forniva l’unico cemento ideologico alla coalizione in guerra contro l’URSS” Qui mi permetto di rimandare al mio articolo su l’“Eurofascismo” e di ricordare che nel mondo di lingua inglese il “neonazismo” si è evoluto in un tentativo di difesa di tutta la Razza Bianca minacciata dal potere sionista e dell’avanzata delle “razze di colore”, ma su questo si potrà ritornare in futuro.

Il Duprat passava poi al nazionalismo maurassiano di cui in Francia, si trovavano, allora, ancora degli epigoni (è forse da deplorare che in Italia certi ambienti monarchici ancora attivi agli inizi degli anni 70 non abbiano cercato in quella direzione un qualche fondamento ideologico di cui dotarsi.)

 Per il Maurras e i suoi (pag.235) “Di tutte le forme sociali adottate dal genere umano, la sola completa, la più solida e la più estesa è evidentemente la nazionalità. Dopo che si è frantumata l’unità medioevale cui viene dato il nome di “cristianità” e che ricostruiva grosso modo l’unità del mondo romano, la nazionalità resta la condizione formatrice assoluta per tutta l’umanità” Il “dottrinarismo eccessivo” del movimento non gli consentì di svolgere un gran ruolo nel campo politico ma gli consentì di sopravvivere al 1945. Non sappiamo quanto ne resti nella Francia attuale.

Poi il Duprat, (che, ricordiamo, non rifiutava certo l’etichetta di “neo-fascista”, anche senza il “neo”) passava a quello che definiva “nationalisme moderne”. Un fenomeno nato in Francia dalle riflessioni e dalle autocritiche seguite alla sconfitta algerina esso risentiva allora della minaccia sovietica e di quella che pareva l’impotenza delle democrazie a fronteggiarla (più passano degli anni più pare lecito a chi scrive domandarsi se i sistemi comunisti fossero veramente “peggio” di quelli ora imperanti) Infatti (pag.239) “I nazionalisti francesi si rendono conto che la rivendicazione nazionale è la sola a potersi opporre efficacemente al marxismo …. E riconoscono nel nazionalismo la sola corrente ideologica capace di apportare alle esangui democrazie un sangue nuovo e rigeneratore. Il nazionalismo è anti-democratico e anti materialista. A codeste concezioni oppone un sistema di valori nazionalisti, in particolare, una concezione spiritualista dell’esistenza. Per il nazionalismo, l’uomo non assume il significato naturale che in seno ad una comunità naturale, la Nazione. L’Uomo prende il suo posto in una catena storica di cui è un anello, altri uomini l’hanno preceduto e gli hanno lasciato il giorno della sua nascita e per la sua educazione il patrimonio formidabile che lo separa dalla bestia, patrimonio che egli, a sua volta, trasmetterà ai suoi eredi.

La volontà e il sapere dell’uomo lo rendono padrone delle forze materiali. La nazione è, per lui, il fondamento dell’ordine nel mondo: fondata sulla realtà di un territorio e di un’etnia particolare, forgiata da secoli di storia e da uno Stato senza il quale essa non esisterebbe, la Nazione è la realizzazione comune di un destino particolare, come aveva tentato di definirla il capo della Falange Josè Antonio Primo De Rivera.”. Il Duprat proseguiva parlando delle “concezioni vitaliste del nazionalismo”: si tratterebbe delle “regole che hanno permesso alla nostra nazione e alla nostra civiltà di costituirsi, l’obliare tali regole o il negarle comportano la decadenza e la disgregazione.” E proseguiva (pag.240) “La soluzione che i nazionalisti propongono in sostituzione della democrazia in Francia è la seguente: si tratta per essi di instaurare uno stato nuovo. Iniziamo a dare la definizione di <stato>: è la nazione organizzata per la realizzazione del suo destino. Contrariamente alle scuole nazionaliste d’ante guerra, esso non è totalitario cioè non postula l’esistenza di un partito unico in seno a uno stato controllato da tale partito, né un capo carismatico che pratichi il Fuhrer-prinzip.

Non è sciovinista nel senso che è favorevole a un’unità occidentale di fronte alle potenze marxiste. Esso si vuole popolare il che significa che vuol giungere a unificare la nazione appoggiandosi su tutte i suoi ceti superando gli antagonismi di classe; autoritario cioè favorevole a uno stato forte, capace di sconfiggere le oligarchie finanziarie e politiche; gerarchizzato: nello Stato Nazionalista le posizioni sono tenute da persone direttamente responsabili davanti al popolo; rivoluzionario      in quanto tale termine caratterizza sia il metodo preconizzato per giungere al potere sia la volontà di creare una nuova società radicalmente diversa da quella vecchia,” Tutto più o meno condivisibile anche se alquanto vago.

Proseguiva il Duprat(pag 240) “Il nazionalismo ritiene che il valore dell’uomo risieda nei suoi doveri verso la nazione e nei sacrifici fatti nei confronti della collettività popolare. Nazione e Popolo sono così indissolubilmente legati. Il nazionalismo è anti-comunista, a causa del carattere internazionalista del movimento comunista, della sua volontà di spezzare l’unità nazionale esasperando i conflitti di classe. Anti-democratico: in quanto la democrazia viene considerata il regno degli incompetenti e dei mediocri e fermento della rivoluzione comunista.”(Anche qui vi è deplorare che il campo neo fascista italiano abbia abbandonato gli studi sulla critica alla democrazia.)

Inoltre per il Duprat il nazionalismo moderno sarebbe anche (pag.241) “Anti-capitalista in quanto il capitalismo sfocerebbe nella presa di controllo dello Stato da parte delle potenze finanziarie allo scopo di favorire i loro interessi particolari”. Infine “In politica estera, il nazionalismo francese è favorevole alla creazione di un’Europa unita, di una federazione di tutti gli Stati occidentali e a una crociata contro il bolscevismo da combattersi in alleanza con i paesi anti comunisti del Terzo Mondo.” (Ricordiamo a questo proposito che il Duprat animò varie iniziative a sostegno della lotta anticomunista del Sud Vietnam.)

Tutto ciò oggi ci pare superato dalle concezioni che, a partire da Francis Parker Yockey fino a Norman Lowell , mirano a una “Europa—Impero” fortezza della razza Bianca e in questo senso, ripeto, le posizioni, cronologicamente anteriori, di Europe –Action paiono ancora più attuali. (cfr anche la voce “Aryan Race”su Wikipedia)

Sul piano più propriamente politico, il Duprat si diede a organizzare i suoi seguaci dando vita a un periodico attorno al quale essi potessero unirsi. Nel dicembre 1973 uscì il primo numero dei “Chaiers Européens” un settimanale intorno al quale sorsero i “Comités d’Union des Nationaux” che l’anno seguente sostennero attivamente la prima campagna elettorale per le presidenziali di Jean Marie Le Pen. Questi nel giugno rivolse a codesti suoi sostenitori un messaggio inequivocabile “La place des nationalistes  révolutionnaires est au sein du FN, qui autorise la double appartenence et respecte le choix idèologiques de ses adhérentes”(Si potrebbe auspicare qualcosa di simile anche in Italia: un partito di “destra” che tolleri al suo interno una corrente decisamente nazional-rivoluzionaria, visto che la costituzione di un vero e proprio movimento di tale tendenza si è rivelata, purtroppo, negli ultimi decenni, impossibile!)

Dal 1973 il Duprat collaborò anche con Pierre Clementi (1910-1982) capo, prima della guerra, di un Parti Français National Comuniste, poi combattente sul fronte dell’Est e nel dopoguerra, legato al Nouvel Ordre Européen dello svizzero G.Amaudruz. forse la più interessante delle varie “internazionali nere”sorte nel dopoguerra.(Ricordiamo che continua a uscire il bollettino del NOE “Courrier du Continent”la cui lettura è sempre interessante CP.5694-1002 Lausanne-Suisse) I due lanciarono un nuovo periodico “Le Combat Européen” riprendendo il nome del foglio della Legione dei Volontari Francesi sul fronte russo. 

Nell’ambito del F.N. nel settembre 1974 il Duprat entrò a far parte dell’ufficio politico del partito dove rimase fino alla sua tragica scomparsa. Incaricato della commissione elettorale, egli non cessò di rappresentare nell’ambito del partito l’ala nazional rivoluzionaria. Per consolidare tale tendenza, in collaborazione con Alain Renault, creò nel 1976 i Groupes Nationalistes Révolutionnaires (GNR). Questi ebbero come organo di stampa i “Cahiers Européens” e permisero al FN di reclutare attivisti provenienti dai gruppuscoli più estremi dello schieramento nazionale francese tra cui la “neonazista” Fèdèration d’Action Nationale et Europèenne (FANE), le Jeunesses d’Action Européenne etc. Purtroppo l’assassinio del Duprat avrebbe causato la fine dei GNR e la dispersione dei camerati che ne avevano fatto parte. (6)I G.N.R. ebbero come simbolo l’ascia bipenne  utilizzata in Italia da Ordine Nuovo.

 Il Duprat inoltre, nell’ambito del Front National, aveva una particolare influenza sul settore giovanile il Front National de la Jeunesse che allora era su posizioni più radicali e meno conservatrici del partito lepenista. Probabilmente fu questo l’episodio più “positivo”nella vicenda politica del Duprat: il “lepenismo”con tutti i suoi limiti (naturalmente ci riferisco a quello del grande Jean Marie e non a quello della figlia Marine) dimostrò che era ancora possibile lottare per l’Europa, rialzò le speranze dei vari gruppuscoli presenti nelle varie nazioni europee e diede non poche preoccupazioni e dispiaceri ai nostri comuni nemici. Sarebbe stato lo stesso Duprat a convincere J.M.Le Pen a incentrare la politica del F.N. sulla lotta all’immigrazione dal “Terzo Mondo.”:

Oltre ai Cahiers Européens che trattavano temi ideologici e seguivano le attività dei gruppi nazionali dei vari paesi europei, il Duprat diede vita ad una Revue d’Historie du Fascisme i cui articoli divennero sempre più interessanti col passare del tempo. A essa si affiancarono i “Supplements a la Revue d’Histoire du Fascisme” concernenti avvenimenti più recenti e l’“Alliance Européenne” dedicata alle notizie sui movimenti di destra, mentre “Les Dossier Nationalistes” trattavano argomenti ideologici.(7)

Inoltre, con vari pseudonimi (François Solchaga, François Cazenave) il Duprat continuava a collaborare al “National”, a “Defense de l’Occident”e a “Rivarol” su codesto settimanale teneva una cronaca delle vicende dei vari gruppi di estrema destra che ritengo sarebbe utilissima a chi volesse ricostruire la storia dello schieramento nazionale francese.

Su di un altro dei periodici da lui animati “Année Zèro nel maggio 1976 il Duprat spiegava i motivi che lo spingevano a occuparsi della storia dei “fascismi” “Non dobbiamo lasciare ai nostri avversari marxisti o legati al regime il monopolio della presentazione storica di uomini, di fatti e di idee. Ciò poiché la Storia è in meraviglioso strumento di lotta e sarebbe vano negare che una delle principali ragioni delle nostre difficoltà nel campo politico risiede nello sfruttamento della storia e nella deformazione sistematica delle esperienze nazionaliste del passato….. E’per rispondere a questo bisogno.. che una équipe di intellettuali, di professori, di nazionalisti ha creato la Revue d’Histoire du Fascisme..” Non si potrebbe dir meglio ed anche chi scrive, nel suo piccolo, di dare dei contributi in tal senso. Tuttavia con l’aggravarsi della crisi della nostra civilizzazione chi scrive inciterebbe i giovani a dedicarsi soprattutto allo studio dei problemi razziali ed ecologici, quelli che potrebbero portare a una crisi generale del sistema imperante.

Comunque se lo studio della Storia diventa uno strumento della lotta politica si comprende perché il Duprat si sia impegnato nel campo revisionista, per esempio tentò una riabilitazione dell’ex ufficiale delle Waffen SS Joachim Peiper riguardo ai fatti di Malmedy e, soprattutto, il Duprat tramite le sue pubblicazioni, diffuse le prime opere revisioniste sul problema dei “campi di sterminio” e delle “camere a gas”. Autori come Thies Christophersen, Arthur Butz, Richard Harwood iniziarono così ad essere conosciuti anche in Francia. Secondo un’ipotesi fu proprio tale impegno nella diffusione di codesta letteratura a causarne la tragica fine.

Ritornando ai GNR, essi si ponevano su di un piano di critica radicale al sistema imperante: il Lebourg e il Beauregard citano(pag,.202) alcune righe di un loro documento “USCIAMO attraverso LA LOTTA DALLA PALUDE DI UNA CIVILIZZAZIONE CONDANNATA- E’ giunta l’ora della lotta senza quartiere. Basta con le mezze misure, basta con i compromessi, basta con la difensiva. La parola d’ordine è: Strategia offensiva. L’azione degli eroi rovescerà il “senso della Storia”…. Noi risaneremo, se sarà necessario col ferro e col fuoco, i guasti causati dalla folle sete di potere dei maniaci responsabili (experimentateurs) della distruzione dell’uomo, della sua bellezza, della sua gioia di vivere.”

Si potrebbe, anche qui, intravvedere una sorta di contraddizione insita in molti fascisti e neo fascisti, da una parte ci si pone a difensori della civiltà euro-occidentale, dall’altra la si dichiara inguaribilmente decaduta e se ne auspica il rovesciamento per edificarne una nuova sulle sue rovine. Come avrebbe detto J. Stalin si tratta di “una contraddizione insita nella vita”. Col tempo viene a prevalere il secondo punto di vista. “La posizione estrema, che nella topografia fascista è centrale perché più lontana dall’estremità del campo egualitaristico, è prettamente nietzschiana: ritiene che <tutto è marcio>, rigetta in blocco duemila anni di <occidente cristiano> per non ritenere che il <negativo> esemplare (cioè le manifestazioni di sopravvivenza e resurgenza del paganesimo greco-romano-germanico)…” Giorgio Locchi “L’Essenza del Fascismo” (Ed. del Tridente, La Spezia, 1981, pag.11).

Nel 1976 il Duprat pubblicava un opuscolo “Le Manifeste Nationaliste- Rèvolutionnaire” (riedito in posteriormente da ARS di Nantes) Ne presentiamo un sunto, anche se chi scrive, fautore di un Imperium – Europa retto su basi rigidamente gerarchiche avrebbe qualche obiezione da muovere trovando in queste righe troppa fiducia sia nel cosiddetto “Terzo Mondo” sia nelle “masse popolari” delle nazioni  europee.

“Il nazionalismo rivoluzionario rappresenta un tentativo di presa in carico dell’attuale crisi dell’Europa sul piano di una radicale rimessa in discussione dei valori della società attuale. Esso vede come nucleo centrale delle attività umane l’idea di nazione concepita come il raggruppamento organico di elementi, che senza di essa, non rappresenterebbero che un aggregato privo di consistenza attraversato da tensioni distruttive. La nazione organizzata non può che essere una nazione in cui le differenze di classe siano state realmente eliminate poiché codeste differenze suppongono automaticamente delle tensioni nefaste per l’armonia nazionale. Queste tensioni debbono essere eliminate dallo Stato, Stato che deve essere lo Stato di <tutto il popolo>. Il quale popolo non può essere che l’insieme di tutti quelli che contribuiscono allo sviluppo nazionale, il che ne esclude i profittatori, i parassiti e i rappresentanti degli interessi stranieri….. Il nazionalismo rivoluzionario vede la Francia come una nazione colonizzata che è urgente decolonizzare. I francesi si credono liberi mentre non sono che le vittime di lobbies straniere che li sfruttano grazie alla complicità di una parte delle classi dirigenti a cui le lobbies gettano gli avanzi del loro festino.

Di fronte a questa situazione (e qui incontriamo uno dei punti centrale del pensiero del Duprat), si può ritenere che le condizioni in cui si svolge la lotta dei nazionalisti rivoluzionari siano simili a quelle che dovettero affrontare i nazionalisti del terzo mondo….

E’evidente che codesta situazione di paese colonizzato non è percepita dai nostri compatrioti: tale cecità è dovuta all’abilità degli sfruttatori che hanno preso il controllo dei media e, in seguito, insensibilmente, di tutta la nostra cultura nazionale, la cui realtà stessa può venire deliberatamente negata. Così diventa, incontestabilmente, molto difficile far capire ai Francesi che essi vivono in un paese il cui popolo non è padrone del suo destino.

Il processo di distruzione della nostra identità nazionale, seppur ipocritamente camuffato.  ………………………,è ormai decisamente avviato e il primo dovere dei nazionalisti rivoluzionari è quello di farvi fronte.

La consapevolezza della condizione di nazione- dominata della nostra patria rappresenta la prima pietra del nostro edificio dottrinale. In effetti, dobbiamo ritenere che il nostro dovere più evidente e più urgente è quello di porre fine a codesto stato di cose.

Poiché i Francesi non sono i veri padroni della loro patria, la tradizionale distinzione fatta dai nazionalisti tra un <capitalismo buono> e un <capitalismo cattivo> internazionale non è che un puro e semplice imbroglio. Il capitalismo in Francia non può che essere uno strumento nelle mani dei veri padroni della nazione. Pertanto i nazionalisti rivoluzionari non possono accettare una formula economica totalmente opposta alle loro maggiori aspirazioni nazionali.

Il capitalismo è una formula economica che sottintende la schiavitù della nostra nazione.

Si tratta, per noi, di fare un’opposizione radicale e non solo a parole (come accadde troppo spesso). La nazione deve riprendere il controllo della vita economica e specialmente dei settori in cui gli interessi stranieri sono più potenti. Banche, settori di punta, centri di ricerca e di distribuzione devono essere riconquistati dal popolo francese; il pseudo sacro santo principio della proprietà privata non deve essere preso in considerazione, dato che dei beni illegalmente acquisti non devono né essere rispettati né compensati.

I beni recuperati dalla nazione devono venire gestiti secondo tecniche che ne assicurino nel tempo l’avvenuto recupero da parte della nazione e un utilizzo razionale. La formula migliore sarebbe, probabilmente, quella di un controllo flessibile da parte dello Stato e la rimessa al pubblico, sotto forma di donativo o di vendita a basso prezzo, di azioni rappresentati il capitale costituito dai beni ritornati in possesso della comunità nazionale.

La ripresa in mano della nostra economia permetterà il recupero dell’indipendenza nazionale, poiché gli elementi sfruttatori, privati di ogni fonte di arricchimento, non avranno più alcuna ragione di rimanere nel territorio nazionale. Noi dobbiamo dunque considerare che il nostro programma di liberazione politica e sociale del nostro popolo passa attraverso l’adozione di un’economia comunitaria al livello dei mezzi di produzione. I mezzi di produzione sono oggi, in buona parte, direttamente o indirettamente, in mano a interessi stranieri. Ora il possesso di tali mezzi rappresenta la possibilità di sfruttare il lavoro del nostro popolo, procurando agli sfruttatori  nuove ricchezze che rendono più sicura la manomissione estera.

Il recupero delle ricchezze nazionali deve andar di pari passo con la fine dell’impregnazione culturale straniera nel seno della nostra sfera civilizzatrice. Noi dobbiamo rimettere in onore la nostra tradizione nazionale, rifiutare gli apporti esterni che ne sono la negazione o un fattore di indebolimento, restituendo al nostro popolo un compito alla misura del suo destino storico. Questo compito non può essere che l’edificazione di un sistema politico- economico in grado di servire da modello alle nazioni che devono affrontare lo stesso problema, quello della liberazione interna da una predominante influenza estranea.

Restituendo ai Francesi, come ambiscono i nazionalisti rivoluzionari, la volontà di combattere e di vincere, si sarà dato il segnale della rinascita nazionale della Patria. La gloriosa storia della nostra nazione si è sempre fondata su di una decisa volontà di vivere liberi; restaurando codesta multisecolare traduzione, noi metteremo fine a questo processo di <genocidio culturale e biologico> che mira alla distruzione del nostro popolo e della sua organizzazione, in quanto entità coerente e unita.

La nostra volontà di liberare il nostro popolo prende posto in una visione più ampia della storia, visione che è alla base delle nostre concezioni ideologiche fondamentali. Per noi, nazionalisti rivoluzionari, la storia si basa sulla competizione fra i popoli, che agiscono rettamente quando cercano di mantenere la loro originalità in tutti gli ambiti, sul piano etnico come su quello culturale e politico etc. Tutto ciò che si oppone a codesta originalità mira, in effetti, a distruggere il motore stesso della storia e costituisce un’attitudine fondamentalmente reazionaria e anti popolare. Mai l’uomo avrebbe potuto progredire senza nutrire un’attitudine fondamentalmente emulativa nei confronti dei suoi simili e le lotte tra i gruppi, etnici o di altra natura, sia militari che pacifiche, sono sempre state il vero motore della storia. L’indipendenza dei gruppi umani si  è codificata, da centinaia di anni, in una forma ormai universale, quella dello Stato nazione. Al contrario, i tentativi di edificare Imperi,…. sono sprofondati nel sangue o rappresentano come gli Imperi cinese o sovietico delle vere e proprie <prigioni dei popoli>, votate, presto o tardi, alla frantumazione in occasione di nuove <primavere dei popoli>

Lo Stato Nazione, motore della storia, deve essere omogeneo, non su di un piano strettamente razziale…… ma su un piano di coesione e di mutua collaborazione tra le diverse componenti di questo raggruppamento storico. Gli elementi che rifiutano tale coesione non sono i benvenuti nello Stato Nazione e, come minimo, non devono avere la possibilità materiale di sviluppare la loro influenza e il loro potere ai danni della comunità nazionale.

La storia non può avere senso che grazie alla preservazione della realtà nazionale dei popoli. Il colonialismo economico e culturale che stiamo subendo, mira direttamente a impedire alla nostra nazione di conservare le sue autentiche caratteristiche. Il modo migliore per sviluppare le potenzialità nazionali risiede nel mantenimento della nostra integrità come popolo e finché delle minacce penderanno su di essa, questo compito sarà per i nazionalisti rivoluzionari quello principale.

Questa preoccupazione nei riguardi della  protezione nazionale non si pone nel quadro di una qualche ostilità verso altre entità nazionali. Al contrario, noi pensiamo che una Francia rinnovata avrebbe come obiettivo quello di aiutare le altre nazioni sorelle a conquistare la loro stessa indipendenza.

Se la storia è costituita, innanzi tutto, dal libero gioco delle competizioni tra gruppi organizzati, il fondamento stesso della vita umana è sorto da tale concezione. Per noi l’uomo non è capace di progresso se la sua vita non è fondata su due principi ben definiti:

1 emulazione competitiva con i suoi concittadini

2 cooperazione con gli altri membri del suo gruppo.

L’emulazione, fattore di progresso, deve essere completata dalla cooperazione per evitare che i deboli siano schiacciati dai forti, cosa sempre possibile. La vera funzione dello Stato è d’altronde quella di compensare le inevitabili ineguaglianze al fine di mantenere la coesione del gruppo nazionale. Tale ruolo dello Stato è direttamente collegato alla nostra idea di nazione; lo Stato non è solo il guardiano dell’indipendenza della nazione, è anche il garante della sua coesione. Lo Stato deve necessariamente disporre di ampi poteri e di estesi mezzi di azione per la realizzazione dei suoi obiettivi.

Ma lo Stato deve essere realmente al servizio del popolo e non al servizio esclusivo dei gruppi dominanti; esso deve essere il regolatore dell’attività nazionale, cercando in primo luogo di permettere il libero sviluppo del nostro popolo. Per questo, lo Stato deve scaturire direttamente dal popolo ed essere controllato dal popolo; il popolo deve essere associato allo Stato e ai suoi organismo direttivi. Bisogna abbandonare la pseudo dottrina elitistica che vorrebbe attribuire a delle <elites> autonominatesi la direzione dello Stato. Lo Stato popolare deve essere uno Stato in cui il popolo esercita in pieno i suoi diritti politici……………….Se i cittadini dello Stato popolare devono partecipare pienamente alla vita e all’organizzazione del loro stato, è anche perché noi rifiutiamo la concezione tipicamente reazionaria che vorrebbe trattare i francesi come minori incapaci di prendere posizione riguardo ai grandi problemi del paese.. Noi riteniamo, al contrario, che i Francesi siano ormai maggiorenni e che sia evidente che il nostro popolo debba prendere nelle sue mani il proprio destino…………..

In questa ottica, i nazionalisti rivoluzionari sono favorevoli a una concezione politica nuova dello Stato, vale a dire a una forma di Stato forte  autenticamente popolare . Forte, perché il suo compito, molto pesante, non può essere svolto con successo che grazie a mezzi di governo che permettano la messa al passo degli interessi stranieri.

Lo Stato, così concepito, è dunque direttamente legato al popolo ……. In questo Stato popolare i Francesi avranno la possibilità di essere i padroni del proprio destino, recuperando le loro ricchezze nazionali, di cui oggi sono defraudati. In tal modo, essi potranno capire che cosa sia in gioco e faranno blocco per difendere ciò che avranno  riconquistato grazia alla loro azione comune.

Come si può giungere alla nascita dello Stato popolare? E’certo che un rovesciamento tanto profondo e radicale non potrà avvenire senza molte e violente lotte. Coloro che stanno sfruttando la nazione non accetteranno di essere privati del loro bottino senza essersi difesi con una selvaggia determinazione. E se si sentiranno realmente minacciati, essi non esiteranno a gettare nella spazzatura le loro concezioni umanitaristiche e  a rispondere con il terrore. Perciò la lotta politica deve essere condotta su due piani.

Sul piano elettorale informando i Francesi della minaccia che incombe su di loro, tentando di raggruppare il numero maggiore possibile dei nostri compatrioti intorno alle nostre tematiche;- sul piano puramente politico, mettendo in piedi un’organizzazione capace di raccogliere la sfida che prima o poi sarà lanciata dai nemici della nazione, organizzazione retta da un rigore e una disciplina militari, a seconda delle circostanze in cui essa potrebbe essere costretta ad agire.

La lotta politica, e soprattutto una lotta rivoluzionaria radicale, è una cosa seria; essa non può essere condotta che nel quadro di una organizzazione disciplinata e strutturata, Bisogna dunque separare il movimento nazionalista, organizzazione rivoluzionaria, dal partito incaricato di rappresentare davanti al popolo il nostro ideale. Codesta azione a due livelli permette di inquadrare in movimenti aventi delle mete simili individui che non riuscirebbero a coabitare in un unico movimento. Chiunque accetti integralmente i principi e gli scopi del movimento nazionalista, e che ne voglia condividere i compiti e i rischi, deve essere membro del movimento nazionalista. Quelli che, invece, non possono accettarli che una parte, più o meno importante, di tali principi, possono aderire al partito, in cui militare per la realizzazione di un programma minimo…..

In codesto quadro politico, i nazionalisti rivoluzionari devono considerare come nemici…. sul piano ideologico, le varie organizzazioni di centro, di desta o di sinistra.  Il rifiuto dell’opportunismo nel campo della dottrina non ha evidentemente nulla a che vedere con un puro settarismo politico. E’certo che noi dobbiamo reagire a seconda delle necessità del momento, senza lasciarsi legare a priori le mani da qualcosa che sia privo di un significato reale.”

Il 18 marzo 1978 a Hameau de Caudeville l’auto di François Duprat salta in aria a causa di un potente ordigno esplosivo, causando la morte del Duprat stesso mentre la sua seconda moglie rimaneva gravemente ferita. Gli assassini non vennero mai identificati e vennero fatte diverse ipotesi nessuna delle quali trovò mai conferma: sionisti che avrebbero voluto eliminare un sostenitore della causa dei palestinesi e diffusore di materiale revisonistico, antifascisti che avrebbero voluto togliere di mezzo un pericoloso avversario,oppure militanti di un qualche gruppo rivale. In questo ultimo caso verrebbero sospettati militanti di gruppi di estreme destra legati però al regime che avrebbero voluto togliere di mezzo qualcuno che sapeva troppe cose su di loro(Nei suoi ultimi tempi il Duprat stava lavorando ad un libro sui finanziamenti più o meno occulti ai vari movimenti politici).

Dopo tale tragico evento i nazionalisti rivoluzionari vennero a poco a poco esclusi dal Front National anche se J.M. Le Pen continuò per anni a portare  una corona di fiori sulla tomba di François Duprat nell’anniversario del suo assassinio.:

Qui si  è voluto solo ricordare un camerata che,con le sue luci e le sue ombre, dette un potente contributo allo sviluppo dello schieramento nazionale francese e, di conseguenza, alla lotta per la salvezza dell’Europa.

ALFONSO DE FILIPPI

 NOTE

 (1) Cfr Charles .Luca “La Paume et le Poing…Les confidences du neveu de Marcel Deat”Imprimerie Navilliat,Bergheim,Francve,1958

(2)Cfr F.Duprat “Storia delle SS”Ritter,Milano,1998 e “Campagna Militari delle Waffen SS”ibidem, vol I 200°,Vol.II 2006

 (3)“Mais nous ? Qu’avons-nous à conserver dans cette société ? Son idéologie ? Sa hiérarchie sociale ? Ses moeurs ? Ses idoles ? Nous voulons renverser tout cela. Alors ? il ne faut pas confondre ! Ce que nous avons à former ce n’est pas un parti conservateur mais un mouvement révolutionnaire”. Dominique Venner, “Europe-Action” ,Gennaio 1966, n°37 C’è bisogno di tradurre?

4)“L’ Aggressione sionista”AR, Padova.1970.

 Personalmente non sono mai riuscito a capire come si possa sostenere che la difesa dell’Europa passi per Gerusalemme. Certo  “Una cosa è sicura: l’Islam è una marea montante, che da almeno trent’anni sta invadendo il Vecchio Continente, e che nei prossimi trenta potrebbe addirittura sommergerlo”Massimo Jevolella<Nell’attesa del diluvio islamico><Il Giornale>6 V 1992,ma che aiuto possa venire dall’entità sionista per contrastare tale invasione non sono mai riuscito a vederlo!

(5) Il PFN, come forse si ricorderà, partecipò al tentativo dell’“Eurodestra” voluto da Giorgio Almirante con la partecipazione di Fuerza Nueva e del partito EPEN greco e presentò alle elezioni europee del 1979 una lista “Union française  pour l’Eurodroite” guidata dal prestigioso Jean-Louis Tixier Vignancor che ebbe l’1,33%dei voti.. “Svuotato”dall’ascesa del Front National, il PFN si sciolse nel 1984 e molti dei suoi dirigenti si riciclarono nella destra “per bene”

(6) La FANE era sorta nel 1966 ad opera di Mark Fredriksen dall’unione di tre gruppuscoli: Action Occident,i Cercles Charles Magne  e il Comitè de Soutien a l’Europe Reelle sezione francese del Mouvement Social Belge dell’ex Waffen SS Jean Robert Debbaudt,venne messa definitivamente  fuori legge nel 1987. Nel 1980 aveva organizzato il Premier conseil fasciste européen, una radunata cui parteciparono militanti belgi, tedeschi, austriaci e svizzeri.

(7) Sul modello della rivista del Duprat è nata in Spagna una interessante <Revista de Historia del Fascismo>(la si può trovare scrivendo a  eminves@gmail.com )
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Categorie: De Filippi

Pubblicato da admin il 15 Marzo 2012

Commenti

  1. Onore al camerata duprat

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