Dedico questa riflessione a una mia presunta discepola di nome Carola, che mi potrebbe essere più che figlia, e compio un atto di prelazione per assumere il nome di Eretico nella massa degli aspiranti odierni alla denominazione!
Dalla guerra alla pace

Io appartengo per l’età che ho ad una generazione di fortemente selezionati.
Ricordo il bombardamento della zona portuale di Venezia.[1] Mia madre stava con mia sorella in carrozzina alle Zattere che gli aerei picchiarono bombardando il porto. Ci fu confusione e quelle madri che con i bambini prendevano il sole ripararono dentro un edificio. Quando uscendo dalla parte del canale rientrammo a casa le strade erano spesso ricoperte dai frantumi di vetro delle finestre esplose. Non so dove stesse mio padre quel giorno. Combattendo era stato ferito e riformato. Era di marina e lo scontro era avvenuto nel basso Adriatico. Dopo l’asilo che frequentai dalle suore di Nevers la mia scuola fu la Bernardo Canal, un austero palazzo nobiliare, poco distante dalla casa in campo San Stin che abitavo, come tutto in Venezia, che si percorre tutta a piedi da quell’estremo bombardato quel giorno all’Arsenale, e non vi è altro mezzo per farlo, che in 40 minuti circa, sapendo come non perdersi per le calli!
Tutto in Venezia è intimo, a portata di gamba e piede e contorto.
Non c’è un ponte da un’isola all’altra che sia perpendicolare alla riva delle insule che unisce, per cui è ben vero come dice l’odierno patriarca che ci sono molti ponti, ma sono tutti storti.
Ai miei tempi si faceva un esame per accedere dalla terza elementare alla quarta e quinta elementare. Si imparava a scrivere su quaderni di diverso formato per le prime tre classi elementari. Le righe che contenevano la scrittura erano 4 e soltanto nelle due ultime si scriveva in quaderni con una sola riga senza contenimento in altezza delle lettere.
Si faceva poi un esame di licenza dalle scuole elementari cioè si sostenevano gli esami di quinta elementare dopo di che si otteneva la licenza elementare. Ciò era per la più parte delle persone bastante ed era questo cioè il cosiddetto saper leggere e scrivere e far di conto.
Coloro che proseguivano negli studi si dividevano in due principali correnti od ascensori sociali.
Per gli arrampicatori sociali come lo fu io in un certo qual modo, dacché la mia famiglia non era particolarmente benestante, si faceva un esame di ammissione alla scuola media oltre quello di licenza dalle elementari.
Per quelli che non affrontavano l’esame di ammissione alla scuola media c’erano le scuole cosiddette professionali destinate a coloro che si sarebbero specializzati in un lavoro operaio.
Una volta che si fosse entrati in una scuola media si cominciava a studiare il latino e con esso la cosiddetta analisi logica dopo che nelle elementari si era stati istruiti all’analisi grammaticale che devo dire fortemente mi piacque e mi piace tuttora.
Con lo studio indefesso della grammatica il mio maestro di allora, dopo la maestra nubile per i primi tre anni, amorevole e femminile, fu un terrifico omone, senza alcun dubbio un fascista che oltre allo studio indefesso della grammatica con la coniugazione a memoria dei verbi anomali come l’infame cucinare, esigeva l’uscita dalla scuola in ordine, disposti in tre colonne. Le colonne uscivano una alla volta salutando il maestro.
Ci insegnò durante l’ora di educazione la marcia e il cambio di passo marciando se non si è in accordo per correggersi strisciando un piede. L’ho insegnato alla mia giovane moglie che non lo sapeva.
Il mettersi in riga e in colonna sono stati punti fondamentali e cardinali della mia formazione.
Alle medie dopo un tale severo tirocinio iniziava lo studio del latino.
Ora secondo me si studiava il latino in modo sbagliato facendolo precedere dall’analisi logica, che pure era di per sé utilissima come vedremo.
Il metodo di insegnare il latino partendo dall’analisi logica è superfluo. Secondo me questo metodo non è il migliore e non fu quello che io praticai insegnando poi per un anno in una classe di scuola media di figli prevalentemente di genitori operai con risultati superiori.
Fu l’ultimo anno in cui facoltativamente si insegnò il latino.
Il mio metodo non fu nemmeno quello tradizionale di stampo chiesastico e gesuitico che fu lo stesso metodo con cui apprese a quanto pare il latino Winston Churchill.
Il grande statista racconta che la prima lezione si svolse all’incirca così.
Fu invitato a imparare subito a memoria una declinazione in un tempo ristretto. Se non l’avesse fatto sarebbe stato punito.
Fu punito e rimediò subito e così per il resto.
Il mio metodo consistette invece nel partire dai casi insegnando tutte le declinazioni insieme. Per il nominativo facevo seguire ad ECCE il nominativo del nome con tutte le declinazioni insieme e non per ordine per cui solennemente dicevo ECCE MAGISTER e mi indicavo e poi tutti insieme tuonavano ECCE DISCIPLUS, EGO SUM DISCIPULUS ciascuno e tutti insieme ECCE DISCIPULI NOS SUMUS DISCIPULI e così via.
Terrificante quest’idea che sapeva molto di marines americani addestrati e che avevo tratto da un testo che si chiamava ENGLISH TROUGH ACTION! Dal nominativo di passava al genitivo con ECCE MAGISTER DISCIPULORUM e loro mi facevano eco tuonando NOS SUMUS DISCIPULI MAGISTRI auto/indicandosi. Cercavo di non tradurre mai dall’italiano ma di esprimersi direttamente in latino senza passare per l’analisi logica per il poco tempo che avevo a disposizione. Fu un esperimento di grande successo che durò un anno soltanto e che portai avanti con pochi selezionati.
Produrre uomini come vittime e carnefici
Però l’analisi logica mi insegnò che cos’è il complemento oggetto. Taluni verbi i cosiddetti famigerati verbi transitivi, da non confondersi coi verbi femminili della barzelletta come partorire, esigono un oggetto come un soggetto. E così veniamo all’attualità,
Si prenda l’abusato verbo produrre.
Il complemento oggetto può essere anche “vittima” di questi tempi.
La giornalista Sofia Ventura che ieri 10 maggio 2025 teneva rubrica alla trasmissione Radio anch’io ha parlato di produzione di vittime nel caso della guerra israelo-palestinese.
Come si producono le vittime così si producono come complemento oggetto i rifiuti.
Questa complementazione del verbo produrre è una moda che è invalsa da poco e come si producono i rifiuti così si producono le macchine, le automobili, le radio e tutti gli altri congegni che arricchiscono il nostro presente tecnologico e progressista. Il produrre è emblematico, ed è lo stesso produrre. Il verbo che si usa è sempre lo stesso.
La produzione in quanto tale non distingue perché è pura crescita cioè il mitico Idolo dell’odierna Tribù degli Umanoidi, i fedeli del dio KRA, di cui avremo modo di parlare, ma non ora per non affliggerci più di tanto. Capita così che anche un animo nobile possa pronunciare una frase francamente oscena senza accorgersene né volerlo. Ma noi ora ci chiediamo se il termine produrre possa valere anche per gli uomini.
Si possono produrre gli uomini?
E come?
Mi sono informato al riguardo ed ho scoperto che finora gli uomini sono prodotti soprattutto dalla copulazione più o meno partecipata, responsabile ed amorevole di due individui di sesso opposto cioè dall’incontro di un uomo con una donna per semplificare.
Così va il mondo e questa sembra essere la soluzione migliore a tutt’oggi.
Ve ne sono altre medicalmente e chirurgicamente assistite ma questa è quella che va per la maggiore.
Dunque a fronte della produzione di vittime israeliane e palestinesi, tralasciando i connotati statuali che sono controversi, perché non tutti gli stati della terra riconoscono la legittimità dei due stati, ci si chiede come si producono uomini in Israele e come si producono uomini in Palestina, e quanti soprattutto se ne producono perché per adesso muoiano di guerra direttamente o indirettamente.
Ho interrogato l’intelligenza artificiale ed è risultato che si producono in media altrettanti uomini e donne figli cioè con la stessa frequenza nello stesso numero sia in Israele che in Palestina. La media sarebbe di 3 o 4 figli per coppia.
Ora le guerre consumano. Innanzitutto uomini maschi con la guerra moderna di ogni età ma anche donne.
Chi ne ha di più ne consuma di più e chi ne ha di meno ne consuma di meno. Ciò è ovvio ed è certo, comunque, che una delle prime cause di guerra è sempre stata una sorta di super-produzione cioè di un surplus di umani. Gli stessi greci ne erano consapevoli ed avevano come sfogo alla super produzione di uomini l’emigrazione e la conquista armata di territori scarsi di uomini od abitati da uomini incapaci di resistere a un’invasione la quale avrebbe portato con sé inevitabilmente un’organizzazione di tipo diverso.
Questa idea che le guerre non siano altro in definitiva che un infanticidio differito nel tempo si ritrova negli studi di colui che inventò il termine stesso di polemonologia cioè il francese Gaston Bouthoul.
In precedenti miei articoli di EreticaMente su questo aspetto della guerra come consumo e riduzione e distruzione di un surplus di umani, ho già scritto facendo notare il fatto, da cui non si può non partire, che la guerra è senz’altro fatta dai giovani, di questi tempi inevitabilmente chimicamente drogati, se non sono destinati a compiti tecnologicamente superiori, e non sono stati ancora sostituiti da computer, la cui morte personale non è dolorosa se non per il portafoglio che li ha prodotti1 La guerra non può essere concepita né fatta dai bambini né dai vecchi direttamente. Né i vecchi né i bambini e per certi aspetti nemmeno le donne sono in grado di affrontare una guerra fatte le devute distinzioni però.
L’impedimento è del tutto fisico perché sia le donne che i vecchi e i bambini sono capacissimi di odiare ed incrudelire. Per quanto concerne i bambini come diceva Sant’Agostino basta osservarli. Essi sono deboli nel corpo ma non nelle menti. Si osservi da vicino la mimica di un bambino appena neonato o infante quando è arrabbiato. Non si può non stupire di una certa grinta rabbiosa, che se potesse stritolarci con le sue manine lo farebbe.
Lo si deve a volte staccare dal seno di una madre che potrebbe anche divorarla. Queste osservazioni che faccio sono per contrastare coloro che assetati di empatia vedono il bene ovunque. A costoro si consiglierebbe l’opera di un filosofo basico del pensiero cinese, il quale dice che ognuno di noi nasce col desiderio di appropriazione per cui se quel di cui ci si vuole appropriare è poco, non sufficiente nascono quelle discordie che esigono la correzione dei maestri. Ma ciò è semplice, troppo semplice per i fautori universali dell’empatia, della bontà assoluta, perché possano accettare il fatto che negli uomini e dentro ciascuno di noi fin da subito, vi è questa divisione tra il desiderio, la voluttà del piacere ed il limite delle cose e il dolore della penuria.
E così si addiviene invece finora a quella pace che con la vittoria propria e la sconfitta altrui acquieta la prepotenza del desiderio insoddisfatto comune.
Dopo aver marcato la guerra si giungerà come si sempre si è giunti finora alla pace come produzione senza consumo di umani, tranne in Italia i cui troppi morti di lavoro si rendono forse necessari per vincere la concorrenza.
Per quanto concerne la pace oltre che a quel monumento sul senso e sul concetto della guerra che è il Sun Tzu[2] si dovrebbe accettare un testo che è anch’esso considerato testo militare e che ci parla della pace.
Questo testo è il famoso, troppo famoso e quindi famigerato Tao Te Ching di Lao Tzu.
Quivi con sano realismo e non per mezzo di tangenti illogiche si offre una ricetta sicura della pace e con ciò, visto che il Papa Leone XIV di adesso si era arroccato da missionario nel Perù, ricorderemo che quella degli Incas fu una delle civiltà monumentali più pacifiche e meno guerriere che ci furono. Furono proprio gli Incas che si servirono, per fare i conti e stimare le riserve in beni del loro reame, di cordicelle colorate e annodate i Quipu.
Così recita all’incirca il finale del Tao Te Ching che si badi bene è considerato dagli enciclopedisti cinesi un testo militare, il quale alla fine promuove la pace reciproca come essenza e superamento d’ogni conflitto! La pagina che segue è tratta dall’edizione Adelphi del Tao Te Ching che è una versione superiore al riguardo!
Ecco, dunque, una ricetta sicura di pace.
Che ognuno stia tranquillo con le sue idee nel suo proprio luogo di residenza e non si muova e non si muova nemmeno idealmente e contenga i propri ardori domestici e rispetti la donna o se proprio deve muoversi guardi gli altri per mezzo di TAPO cioè per mezzo di una telecamera che osserva curiosa cosa succede da quelle altre parti, però senza suscitare invidia perché, se mai vede qualcuno che gode di una bella piscina e di una pensilina che lo protegge dal sole e che si veda nuotare in un mare di cristallo, non venga preso dall’idea di voler andare in quel posto a godersi di quella piscina e sia preso dal desiderio incontenibile di mangiare in un ristorante come quelli che si continuano a vedere nelle nostre trasmissioni televisive o che voglia infine acquistarsi una macchina più o meno inquinante per correre verso praterie sterminate e incontaminate invece che nel traffico urbano.
Si parla oramai di pace e di guerra da parte di chiunque sprovveduto, o meno sprovveduto e ardente di conquista, in un modo del tutto peculiare e in quanto peculiare potrebbe ben chiamarsi circostanziato ed idiota.
Fin dove può condurre l’eguaglianza che si continua a predicare?
Forniremo noi ai miliardi degli umani gli stessi beni di cui fruiscono gli Europei?
Nessuno di coloro che parlano di guerra e di pace offre una definizione accettabile né della guerra né della pace.
E non solo non offre una definizione accettabile della guerra e della pace, ma non ne offre conseguentemente nessuna del rapporto che si ha tra il tempo della Pace e quello della Guerra nell’alternanza del tempo biblico per cui vi è un tempo per la Pace e uno per la Guerra.
A costoro si dovrebbe raccomandare non dico la lettura, e nemmeno la rilettura, ma senz’altro la comprensione fiduciosa, con magari l’ausilio di una competenza sufficiente della lingua tedesca, di quell’ autentico capolavoro della filosofia dello spirito umano che è il Vom Kriege cioè il Trattato della guerra di Von Clausewitz, e insieme all’opera straordinaria di Von Clausewitz consiglierei una lettura più attenta del Sun Tzu, non giornalistico superficiale, con una necessaria competenza per l’ideogramma cinese per cui re-insisto come già feci nel mio testo con l ‘avvertenza che tradurre un testo cinese non è come tradurre un testo fonografico.
Il cinese non va dimenticato è ideografico.
Ciò pertanto comporta tutta una riflessione parallela su di un sistema di immagini e concetti che lavora in un modo completamente diverso dalla nostra cultura principalmente fonografica, la quale ha generato conseguentemente l’ideologia mono/centrica o monoteista a differenza di quella che fu la cultura ideografica ideologica degli antichi egizi, che fu una cultura ideografica e conseguentemente politeista.
L’ideologia nostrana specie poi quella islamica che sta invadendo l’Europa sono tendenzialmente, con tutto quel che ne consegue, mono/centriche e la stessa democrazia se pretende di essere la forma migliore di governo per ogni circostanza non è da meno.
Organizzare il sapere per suoni piuttosto che per immagini produce una sorta di opposizione ineliminabile, ancorché sia una opposizione senza soluzione di continuità, nella comprensione del mondano. Dal momento che non può esserci né un sistema puramente ideografico accanto ad un sistema puramente fonografico l’opposizione è di contrarietà ed interferenza.
È una questione di percentuali.
Pur essendo vero quanto dice Aristotele all’inizio della sua metafisica che l’occhio cioè il senso della vista è un senso di gran lunga superiore a quello dell’udito, perché consente di cogliere assai più differenze dell’udito, le cui dimensioni sono ridotte all’intensità armonica e alla consecuzione melodica, se non si ampliano che per mezzo di metafore visive. L’ occhio sano coglie ben più differenze di quante non ne possa cogliere l’orecchio e d’altronde la vista é visione proprio in quanto divisione e differenza.
In tal senso si raccomanda la lettura di un racconto che io commentai in classe con i miei studenti proponendo loro un corso sul significato della cecità e sulla sua rappresentazione nella storia del cinema, che è una contraddizione in termini al punto che ridicolmente. L’uomo invisibile fu interpretato da un attore famoso di cui non si vede mai la faccia ma solo una mummia bendata! Il racconto invece cui faccio riferimento perché si possa riflettere sulla cecità intellettuale della nostra classe politica è Il paese dei ciechi di Wells, quello stesso che scrisse La macchina del tempo. In questo racconto si tratta appunto il caso di un tale che venne in contatto guarda caso con un paese delle Ande come il Perù del Papa attuale, in cui erano tutti ciechi e costoro accorgendosi che lui non lo era meditarono di accecarlo perché potesse avere un vero e proprio contatto, una vera e propria interrelazione con loro, che è quanto sta avvenendo oggi, per cui sarebbe bene rendere gli uomini più stupidi o assai più stupidi cioè stupiti di quel che sono ora, perché la cifra della presente umanità è quella dello stupore e della stupidità perché costoro continuano a meravigliarsi della vita senza accettare quel che la vita è e continua ad essere cioè un intercorso o intervallo tra un nascere e un morire cioè tra una pace che non può che essere eterna e una nascita che non può non essere che avvolta nel mistero del desiderio e del terrore di estinguersi come specie. In tal senso quelle religioni che predicano come fattivo e fondamentale al loro interno il mistero come lo è il cattolicesimo e il cristianesimo in qualche modo hanno, ci sia permesso di dire un atout cioè una briscola in più di quegli altri sistemi, i quali per vincere la mano s’illudono nel possesso di una verità assoluta e indipendente.

11/05/25
Renato Padoan
È bene che avverta chi mi legge che non ho nessuna diligente attenzione per la bibliografia per cui traggo rozzamente da un elenco di libri in mio possesso i libri cui mi riferisco.
BIOLOGIE SOCIALE – Bouthoul Gaston
GUERRE LA – Bouthoul Gaston
SURPOPULATION DANS LE MONDE LA – LA MUTATION DEMOGRAPHIQUE,LES EQUILIBRES DEMO-ECONOMIQUE L’ERE DE LA SURPOPULATION,Gaston Bouthoul
UOMO INVISIBILE L’ – Wells Herbert George
MACCHINA DEL TEMPO LA E L’ ISOLA DELLE BESTIE – Herbert George Wells,1965,MILANO,MURSIA
RACCONTI Herbert George Wells,1985,MILANO,Garzanti
NOTE
[1]Il bombardamento del porto di Venezia avvenne il **21 marzo 1945**. Questo attacco, conosciuto come Operazione Bowler, fu condotto dalla RAF con l’obiettivo di interrompere i rifornimenti tedeschi che attraversavano il porto e di minimizzare i danni collaterali al patrimonio artistico della città. Il bombardamento di Treviso “produsse” invece migliaia di morti civili. Ricordo i molti mutilati che si vedevano in una spiaggia del Lido di Venezia che si denominava de I Mutilati e degli Invalidi.
[2]Quando pubblicai la mia prima vera traduzione in italiano dal cinese del Sun Tzi Ping Fa ebbi modo di conoscere Mario Rigoni Stern con cui stetti insieme in una trasmissione che trattava per l’appunto delta guerra partendo dalla sua esperienza. Io stavo in giro per l’Italia con uno spettacolo contro la guerra concepito insieme a un mio carissimo amico morto da poco, un grande attore dal nome di Michele De Marchi. Sentii dire alla radio che sempre ascoltavo lo scrittore Rigoni Stern affermare all’incirca … quel che non ci avevano detto con chiarezza è che in guerra si muore … E’ questa per l’appunto la definizione che della guerra offre inizialmente il Sun Tzu. Sobbalzai alle parole di Rigoni Stern e volli partecipare alla trasmissione e vi partecipai. Nacque così la nostra amicizia. I nostri generali parlano di droni e armamenti ma è della morte che si deve parlare e nemmeno di quella individuale ma come dice Sun Tzu di quella collettiva di un popolo. D’altronde va detto che se la guerra è un duello , secondo il modello più temperato tedesco, nessun duello concepì mai la morte di ambedue i duellanti. Ciò viene accuratamente evitato! La guerra in tal senso è come dice Von Clausewitz un prolungamento della politica qualora non sia possibile una configurazione pacifica. Non tutti i divorzi finiscono con un omicidio. Nemmeno i Nazisti, che furono definiti il male assoluto, programmarono non la loro stessa estinzione totale, anzi soltanto quella di coloro che non sarebbero stati d’accordo con i loro principi e non avessero condiviso i geni per un orizzonte di pace quasi eterna! Il mitico Terzo Reich doveva architettonicamente assumere il fasto delle piramidi di marmo e pietra senza la bruttura del cemento armato buono per la guerra ma non per la pace che avrebbe dominato e governato il mondo.